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L’incidente della corriera

Da Tiz

IMG_7765Io lo ricordo così, l’ho sempre chiamato così. Stasera in Auditorium a Maserada si stanno commemorando i 30 anni da quella tragedia. 1 ottobre 1984. Una giornata che è rimasta scolpita nella memoria di chi allora viveva a Maserada o nei dintorni. Avevo appena compiuto 10 anni, il ricordo che ho di quel giorno è sfumato dal tempo, non so se c’era caldo o freddo, ricordo l’atmosfera di un’ecclissi totale di sole. Impressa nella mia mente, invece l’immagine della corriera, quella che vedete nella foto qui sopra.

La strada che porta da Varago a Maserada, all’epoca, era stretta, tutta a curve, con i fossi da entrambe le parti, una strada di campagna. Ma ci passavano corriere e camion. Quel giorno alle 13.45 si sono trovati di fronte, la corriera del ritorno dalle scuole di Treviso e un camion rimorchio proveniente da Maserada. Il camionista ha sterzato, la motrice è passata, ma il rimorchio ha agganciato il lato della corriera e l’ha aperta come una scatola di latta. Sono morti in 7. Giovani, tutti. Dai 13 ai 22 anni.

Ricordo le sirene che non finivano più di passare. Ricordo la corriera. Io all’epoca abitavo accanto alla Caserma della Polizia Stradale, di fronte c’era un ampio piazzale e la carcassa la parcheggiarono lì. Io e mio fratello rimanemmo a fissarla, cercando di far coincidere quello che avevamo di fronte con le frasi che avevamo sentito dai grandi, che raccontavano di corpi fatti a pezzi, di sangue e morte.

Ci ripenso adesso, ci ripenso spesso. Allora non lo sapevo, ma 10 anni dopo avrei iniziato a frequentare uno dei sopravvissuti e poi l’avrei sposato. Andrea allora aveva 16 anni, frequentava il Turistico a Treviso, è stato uno di quelli che erano rimasti in piedi perché non c’era posto per sedersi fino all’ultima fermata a Varago. Poi una ragazza è scesa e gli ha lasciato il posto. Dalla parte “fortunata”. Quella verso il fosso e non verso la strada.

Oggi ha rilasciato un’intervista alla Tribuna di Treviso raccontando quello che ha significato per lui quell’incidente. Ne abbiamo parlato spesso, allora non intervenivano psicologi o assistenti sociali. Suo fratello era andato a vedere cosa stava succedendo, l’ha trovato, caricato in motorino e via, a casa. Una doccia per lavare via dal corpo e dai capelli il sangue e il resto. La pastasciutta lasciata nel piatto. Negli anni la consapevolezza della fragilità della vita.

1984
Fiorenzo, Fabio, Cinzia, Barbara, Luisa, Mauro e Michele, invece, non ce l’hanno fatta. Penso alle loro famiglie, penso ogni volta alle loro madri.

Alla loro memoria il Comune ha intitolato le borse di studio che ogni anno conferisce agli studenti più meritevoli che escono dalle scuole medie. Per non dimenticarli e  per ricordare non solo la fragilità della vita, ma soprattutto l’importanza di viverla appieno, grati per ogni giorno che abbiamo su questa terra. Un tentativo per dare un senso a una tragedia difficile da accettare.

 


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