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L’incidente di Daulat Beg Oldi nell’Aksai Chin: una lezione da un confine irrisolto

Creato il 08 giugno 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
L’incidente di Daulat Beg Oldi nell’Aksai Chin: una lezione da un confine irrisolto

Nel 1950, la Survey of India pubblicò una mappa dell’India che mostrava i confini politici della nuova repubblica. Mentre il confine con il Pakistan era definito com’è attualmente, includendo l’area del Kashmir occupata dal Pakistan, i confini con la Cina erano rappresentati diversamente. Ad est, la linea McMahon veniva mostrata come il limite, eccetto nella sua estremità orientale, la suddivisione di Tirap, dove il confine era indicato come “indefinito”. Nella parte centrale di quello che è oggi Uttarakhand e Himachal Pradesh e la parte orientale dello Jammu e Kashmir, includendo Aksai Chin, la linea di confine veniva raffigurata semplicemente attraverso un colore sfumato, che denotava un “confine indefinito”.

Atto Unilaterale

Nel marzo del 1954, il Gabinetto dell’Unione si riunì e decise di definire unilateralmente il confine tra India e Cina. Il colore sfumato venne rimpiazzato da una linea netta, e la Survey of India pubblicò una nuova mappa, che ritraeva i confini così come li conosciamo oggi. Tutte le mappe precedenti vennero ritirate e la rappresentazione dei confini indiani nella vecchia maniera divenne illegale. Infatti, se si consulta il Libro Bianco sugli Stati Indiani del 1948 e del 1950 nella Biblioteca parlamentare, si scoprirà che le mappe sono state rimosse, poiché anch’esse mostravano il confine come “indefinito” nei settori centrale e occidentale.

Qual era l’intenzione del governo? Pensava seriamente di potersela cavare con un tale espediente? Oppure c’era un disegno che diventerà evidente quando i documenti del periodo saranno stati declassificati? Non sorprende il fatto che, dall’altra parte, la Repubblica Popolare Cinese non fosse affatto divertita e, in ogni caso, ci sono oggi abbastanza copie di vecchi documenti e mappe in tutto il mondo, da rivelare la verità scomoda che i confini dell’India in queste regioni vennero unilateralmente definiti dal governo indiano, piuttosto che attraverso negoziati e discussioni con la Cina.

Non è che i cinesi abbiano una posizione particolarmente buona per quanto riguarda il proprio confine occidentale con il Tibet. La documentazione mostra come il limite dell’Impero cinese fosse ugualmente indefinito lungo le estremità occidentali e il fatto che i cinesi respingessero i ripetuti tentativi inglesi di fissare il confine. Il problema nella regione di Aksai Chin era ulteriormente aggravato dal fatto che si trattava di un deserto disabitato e in alta quota, con pochi indicatori che potessero decidere la questione in favore dell’uno o dell’altro Stato. Esisteva però la possibilità per i due paesi di sedersi e negoziare una linea di confine reciprocamente accettabile. Questo, come sappiamo, non avvenne e, da allora, il processo ha attraversato inutili tensioni e conflitti.

Le aree contese tra Cina e India di Aksai China (a ovest) e Arunachal Pradesh (a est)
Nel periodo iniziale, l’attenzione indiana era incentrata sulla linea McMahon, che definisce la frontiera con la Cina in quello che è attualmente l’Arunachal Pradesh. Si tendeva a sminuire la questione dell’Aksai Chin, poiché si trattava di una regione remota e con un limitato interesse strategico per l’India. Ma per la Cina, l’area era vitale. Infatti, secondo John W. Garver, era “essenziale per il controllo cinese della parte occidentale del Tibet e molto importante per il controllo dell’intero Tibet”. In altre parole, in contrasto con le rivendicazioni legalistiche e nazionalistiche indiane sulla regione, per la Cina, il controllo dell’Aksai Chin era un imperativo geopolitico.

Per questa ragione, Pechino penetrò nell’area, vi costruì una strada e intraprese una politica di espansione verso ovest, con lo scopo di garantirsi che la strada fosse sicura. L’India si rese conto tardi del problema e quando tentò di contrastare i cinesi attraverso una politica frontale nel 1961, era già troppo tardi. La guerra del 1962 mostrò solamente un’ulteriore avanzata cinese verso ovest, che fece finire sotto il controllo di Pechino quasi l’intero fiume Galwan.

L'area di Daulat Beg Oldi
Possiamo solo ipotizzare le cause dell’attuale avanzata cinese verso ovest, nell’area di Daulat Beg Oldi. Ma una cosa è chiara: la locomotiva fondamentale della politica cinese rimane il Tibet. Nonostante i massicci investimenti nella regione, un consistente numero di tibetani rimane scontento. Nessun paese al mondo, compresa l’India, considera il Tibet un territorio conteso; tuttavia, i cinesi cercano costantemente garanzie da parte di Nuova Delhi riguardo le proprie intenzioni, fondamentalmente per due ragioni. Primo, a causa del supporto che in passato la guerriglia dei separatisti tibetani ha ricevuto da parte di Stati Uniti e India, secondo, per la presenza in India del Dalai Lama e del governo tibetano in esilio. Nonostante l’imponente crescita del potere cinese, le insicurezze rimangono elevate. In larga misura, queste sono dovute alle stesse politiche repressive di Pechino, e solo la Cina può risolvere i problemi attraverso un accordo e un compromesso con il suo stesso popolo. Ma, adottando una non insolita strategia di governo, Pechino cerca di indirizzare la colpa delle proprie manchevolezze verso l’esterno.

Ci potrebbero essere anche ulteriori elementi di tensione. Negli ultimi cinque anni, i cinesi sono stati generalmente risoluti lungo la propria periferia, e tutto ciò potrebbe essere il risultato della linea politica intrapresa dalla leadership militare e politica del paese o, come alcuni ipotizzano, frutto di un conflitto interno al partito. Le spropositate rivendicazioni cinesi riguardo i confini marittimi hanno portato Pechino ad essere in contrasto con i paesi dell’ASEAN, principalmente Filippine, Vietnam e Malesia. Un distinto livello di tensione è cresciuto con il Giappone, relativamente alle isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale. Nel caso dell’India, è stata lasciata arenare un’importante iniziativa per risolvere la disputa sui confini attraverso alcuni Rappresentanti Straordinari.

Un’altra possibile spiegazione del comportamento cinese potrebbe essere legata alle iniziative militari intraprese dall’India lungo i confini con la Cina. I progetti di ammodernamento del sistema militare e delle infrastrutture di confine da parte dell’India sono stati rimandati per decenni. Ma negli ultimi anni, ci sono stati alcuni segnali che dimostrano come Nuova Delhi possa agire più efficacemente in questo senso. In ogni caso, l’impatto totale delle consistenti spese per la difesa a partire dal 2000 sta iniziando a manifestarsi, visti i migliori collegamenti con il confine e i programmi di rinnovamento. In questa fase, il confronto tra le forze indiane e la Cina potrebbe diventare persino maggiore, se si considerano le nuove forze impiegate e i nuovi equipaggiamenti come artiglieria di montagna, elicotteri d’attacco, missili e razzi.

Rivendicazioni sovrapposte

Ciò nonostante, sarebbe avventato parlare definitivamente riguardo le motivazioni cinesi. Dopo essere stati criticati dai media indiani per aver occupato parte del “territorio indiano”, i cinesi potrebbero essere preoccupati di perdere la faccia con una frettolosa ritirata. La questione centrale è che il confine nella regione è definito solamente attraverso una teorica “linea di controllo effettivo” (Line of Actual Control – LAC), che non è neppure riportata nelle mappe reciprocamente riconosciute, figurarsi definita in un documento dai caratteri geografici chiaramente delineati. Mentre entrambe le parti riconoscono e rispettano la maggior parte della LAC, ci sono circa nove punti dove esistono rivendicazioni sovrapposte e le due parti pattugliano la LAC in base a come la interpretano. In tali circostanze, i cinesi potrebbero benissimo ritirarsi dopo un conveniente lasso di tempo.

Questa interpretazione maggiormente benevola a proposito del comportamento cinese è anche in linea con le dichiarazioni rilasciate dalla nuova leadership a Pechino. Come è stato sottolineato, in seguito al suo incontro con il primo ministro Manmohan Singh ai margini della conferenza dei paesi BRICS a Durban, il nuovo capo supremo della Cina, Xi Jinping, è stato citato dai media cinesi per aver dichiarato che Pechino considera i propri legami con Nuova Delhi come “una delle più importanti relazioni bilaterali”. Smentendo la convinzione che i cinesi tentino di tirarla per le lunghe riguardo al problema del confine, Xi ha dichiarato che il sistema del Rappresentante Straordinario dovrebbe impegnarsi per raggiungere “il prima possibile una soluzione giusta e razionale, accettabile da entrambe le parti”. Quest’ultima dichiarazione è significativa, poiché una settimana prima era stato citato per aver espresso il principio che il problema del confine “è una questione complessa ereditata dalla storia e risolvere il problema non sarà semplice”.

Il 2013 non è il 1962 e i politici e i media indiani non dovrebbero comportarsi come se lo fosse, alzando inutilmente la tensione e tentando di spingere il governo ad adottare un approccio aggressivo riguardo al confine. Ma quello che la recente controversia ci insegna, è che i confini irrisolti non sono un fatto positivo per due vicini, poiché possono facilmente divenire la causa di un conflitto che nessuno dei due vorrebbe.

Traduzione dall’inglese di Francesco Bellomia


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