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L’inconfondibile tristezza della torta al limone – Un dono destabilizzante

Creato il 10 luglio 2015 da Loredana Gasparri
L’inconfondibile tristezza della torta al limone – Un dono destabilizzanteUn titolo da Lina Wertmüller, ricco di ganci allettanti per la Furiosa. L’Amanita lo sa bene, per cui ha deciso di regalarglielo. E se insistiamo ancora un momento sulla questione delle parole attraenti nei titoli, la torta al limone è irresistibile per me, anche fisicamente. Amo tutto quello che ha gusto di limone: dai mangiabili (come torte, succhi di frutta, biscotti, ecc.) ai detersivi (il profumo. Non mi sono ancora azzardata a ingoiare cucchiai di Last al limone. Ho idea che non ne uscirei viva, o quantomeno sana.). E qui c’è una torta che per di più è triste. Come fa a essere triste una torta, che per sua definizione, è un tripudio di ingredienti buoni e appetibili, la cui unione dà vita ad una creazione che porta gioia e benessere? Non potevo lasciare questa domanda in sospeso per molto ancora. Chiedendo perdono (per l’ennesima volta) a tutti gli altri libri che attendono il proprio turno anche da anni, mi sono tuffata in queste pagine alla ricerca della risposta. Scopriamo subito che non è la torta a essere triste…ma chi la cucina. Triste, arrabbiata, depressa, angosciata, dubbiosa, felice, serena, determinata…e via di questo passo con tutte le sfumature del sentire umano. Rose Edelstein è una bella bimba dallo sguardo curioso e intelligente, che allo scoccare del suo nono compleanno, entra in contatto improvvisamente con uno dei suoi doni. E’ in grado di percepire i sentimenti di chi cucina il cibo che lei mangia. Senza nessuna avvisaglia, senza nessun avvertimento, la ragazzina si ritrova tuffata nei sentimenti forti e contrastati della mamma che le ha preparato davanti una gustosissima torta al limone, con la sua assistenza, al primo morso affondato nella grossa fetta sul suo piatto. Sente rabbia, Rose, una rabbia senza freni e del tutto inaspettata, se guarda il viso sorridente e intento nelle faccende della sua bella madre originale e talentuosa, e se guarda l’aspetto estremamente invitante e curato della torta. Eppure…è inconfondibile. Sotto lo zucchero, il limone, la farina impastati e cucinati con attenzione e pazienza, Rose avverte rabbia e tristezza dilaganti. Si spaventa, non capisce, pensa di essere malata. Smette di mangiare, piange, chiede l’aiuto della mamma, inventando un’indisposizione. Diventata improvvisamente cauta e spaventata verso il cibo, Rose riprova ad assaggiare altre pietanze, sempre preparate dalla madre, e di nuovo percepisce i suoi sentimenti. Capisce che non è lei a essere impazzita, malata o fuori posto: è una sua particolarità, un dono ingombrante e terrorizzante, che la porta di colpo nella sfera privata e tanto intima dei sentimenti nascosti delle persone. Non si compiace di questo suo talento, Rose. Da quel momento, e per almeno tre quarti del romanzo, la ragazza, che seguiamo nella sua vita fino a circa 22-23 anni, si protegge dal suo talento, sviluppandolo suo malgrado. Trova la forza di parlare di questo suo dono solo ad un amico del fratello Joseph, un ragazzino poco più grande di lei, George, un genio matematico e grande atteggiamento aperto di accoglienza. E’ l’unico amico che Joseph lascia avvicinare tanto a se stesso, anch’egli genio incompreso e molto schivo, e anch’egli possessore di uno sconvolgente talento che solo la sorella riuscirà a capire, alla fine, e che l’autrice tratteggia in modo delicato, da chirurgo attento e rispettoso verso l’organo profondamente malato che sta operando. George l’ascolta seriamente, l’accompagna a fare una prova presso un negozio di biscotti, e prende atto della capacità della ragazzina di sentire la noia e l’arrabbiatura del commesso che ha preparato i dolci, o la fretta e l’angoscia della sua collega, sempre di corsa e immersa in mille faccende per sbarcare il lunario. Da questo momento in poi, Rose inizia a proteggersi dal suo dono, scegliendo cibi confezionati e industriali, di cui avverte solo la fredda efficienza delle macchine che l’hanno cucinato e preparato. La seguiamo crescere, diventare adolescente e vivere la sua vita così ricca e bizzarra, in una famiglia piena d’amore e di solitudine, i cui componenti si distinguono per caratteristiche molto marcate e del tutto fuori del comune. Joseph diventa sempre più distante, va a vivere da solo, scompare e ricompare. Rose tiene a bada la sua empatia, consentendosi di provare poche emozioni, e molto contenute, finché un evento che coinvolge l’amato fratello inquietante non la convince a riesaminare le gabbie e gli sbarramenti con cui ha tenuto lontano il suo dono, come se fosse una bestia feroce da controllare e da cui stare lontani. E’ una giovane donna di 22 anni, seria, originale nel suo modo sfrondato di malizie di porsi davanti al mondo, interessante e incurante degli altri, e capisce di aver forse trovato una sua strada, forte e unica.
Se amate le atmosfere complicate come arazzi, questo è il vostro libro. Se non sapete fare a meno della dolcezza intessuta di tristezza e viceversa, con tanti fili d’umorismo e di stranezza, ornata di una certa oggettività distaccata e senza secondi fini, questo è il vostro libro. Così come lo è se amate i lati meno conosciuti degli animi umani, e le storie quotidiane attraversate da quel sottile e insistente filo di magia e di inspiegabile (siamo lontani da Harry Potter, qui), che tiene i sensi all’erta e muove le labbra al sorriso.
Loregasp

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