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L'inconsueto silenzio delle 21:00

Da Elchevere
L'inconsueto silenzio delle 21:00
TV spenta. Quel grappolo di cuori appesi mi illumina lo sguardo perso nel vuoto mentre mastico svogliato l'ultimo boccone di una cotoletta fredda di frigo, come di chi, già sazio, per garbata abitudine finisce il suo pasto, dopo aver spazzolato tutto quello che era mangiabile: avanzi di un panino di qualche giorno prima, un pugno di pasta del pranzo e poi quella cotoletta, lenta in bocca, mentre la casa di fronte trasmette, dalla finestra di una stanza buia, un fascio di luci indivisibili, senza audio a causa della lunga distanza che ci separa, non come succede nei giorni dei mondiali, quando nell'aria riecheggiano il coro, i tamburi, le trombe dei tifosi e quella voce incalzante ed eccitata del cronista che si affanna ad elencare la lista dei nomi dei giocatori in campo, mentre già s' ode per le strade il rotolare del fischio d'inizio. E se proprio quell' inizio fosse il momento della nostra fine? Immaginatevi la paura più grande, ad esempio di quella volta quando vostro padre, mentre eravate assorti a scovare il primo fossile giocattolo in una mistura di sabbia e creta, nel momento massimo della scoperta, aprì all'improvviso la finestra che avevate di fronte e con una faccia che voleva impietrirvi ed un urlo cupo vi guardò fisso e sventolò con la mano la tenda come ad amplificare l'onda d'urto dello spavento, lasciandovi senza fiato e ragione per un attimo e nel vostro sguardo, per un singolo istante, qualcosa di misterioso si manifestò, intimorendo l'artefice stesso della burla, ma subito dopo con la mano al cuore e un gran sospiro iniziaste a ridere, una gran risata coinvolgente ancor di più dello spavento riflesso dai vostri occhi in quell'istante che impietrì il carnefice stesso, che a bocca spalancata si allontanò portando con se quella risata così travolgente che sol il piensier rimembra. E se fosse proprio così la morte, la nostra peggior paura: un attimo con la mano sul cuore e poi gran risate.

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