Sixto Rodriguez non aveva decisamente il cognome giusto. Rodriguez era troppo sudamericano per sfondare nella leggendaria America degli anni Settanta. Anche Robert Zimmerman, d’altronde, aveva dovuto cambiare il suo, diventando Bob Dylan in onore del poeta Dylan Thomas. Fattostà che i dischi del cantautore operaio nato e vissuto a Detroit, hanno venduto negli Usa si e no qualche decina di copie. Eppure molti discografici definivano le sue liriche graffianti addirittura più interessanti di quelle dello stesso Dylan. La cosa incredibile è che i dischi di Rodriguez sono arrivati in Sudafrica diventando la colonna sonora di una intera generazione di ragazzi che lottava contro l’apartheid. Senza che lui ne sapesse assolutamente nulla per anni. Sixto Rodriguez ha continuato a vivere umilmente a Detroit, lavorando come operaio e combattendo per i diritti dei più deboli. E mentre lavorava duro in America, in Sudafrica diventava a sua insaputa una vera e propria leggenda avvolta nel mistero. Una leggenda alimentata dalle voci che lo davano addirittura morto suicida dopo essersi dato fuoco sul palco, durante un concerto. Tutto ciò fino a quando due esperti musicali hanno deciso di fare una ricerca per capire di più, scoprendo che in realtà Rodriguez era vivo e vegeto in America.
L’incredibile storia di Sixto Rodriguez è stata raccontata nel commovente documentario “Searching for Sugar Man” – premio Oscar 2013 – che Rai5 ha mandato in onda qualche giorno fa, in concomitanza con la ricorrenza del mitico concerto che si tenne il 6 marzo 1998 a Johannesburg quando uno stadio gremito in visibilio accolse Rodriguez sul palco per la prima volta in Sudafrica. Un concerto incredibile, con l’artista che non si capacitava di essere di fronte a un pubblico così numeroso e il pubblico sudafricano che non si capacitava di avere finalmente di fronte il suo beniamino. E il basso che ripeteva all’infinito il riff di “I Wonder”, la canzone che ha fatto da colonna sonora agli scontri di piazza per la libertà del Sudafrica.
La vita di Sixto Rodriguez
Dopo aver suonato in ogni genere di locale e pubblicato senza fortuna un primo disco nel 1967 (I’ll Slip Away), Rodriguez riesce a firmare un contratto con la Sussex Records, importante casa discografica di Los Angeles, con cui pubblica i due album Cold Fact, del 1970, e Coming from Reality, del 1971.
I due dischi vendono pochissime copie negli Stati Uniti e Rodriguez per sopravvivere inizia a lavorare come operaio di una ditta di manutenzioni.
Eppure dopo pochi anni, a sua insaputa, i due dischi diventano famosissimi in Sudafrica e in Australia. Un’etichetta australiana acquista i diritti di alcuni brani e pubblica una raccolta di successo, At His Best . I dischi di Rodriguez – censurati dal regime sudafricano – diventano il simbolo della lotta contro l’apartheid, ispirano numerose band sudafricane e danno ai giovani la forza e la consapevolezza che la musica può cambiare la società e rovesciare l’establishment. Senza saperlo, Rodriguez incarna con la sua musica la voglia di cambiamento di una generazione e diventa una leggenda.
Tuttavia Sixto Rodriguez non immagina nulla di questa celebrità. Lavora. Studia. Nel 1981 si laurea in filosofia all’università di Detroit. E’ impegnato politicamente nella difesa dei più deboli e tenta anche la carriera politica alle comunali di Detroit. Ma il suo nome troppo sudamericano lo tradisce ancora una volta: i cittadini lo scrivono male sulle schede elettorali e non viene eletto.
Rodriguez vive umilmente, ignaro di quel che accade nell’altra parte del mondo. Fino a quando, nel 1998, sua figlia legge su un sito internet che qualcuno in Sudafrica sta cercando notizie del padre. La sua mail di risposta cambia la vita di Rodriguez che ha così la sua seconda opportunità. Lo stesso anno gli viene chiesto di andare per la prima volta in Sudafrica, dove tiene una tournee trionfale: sei concerti, tutti sold out, tutti aperti da quel riff di basso ripetuto all’infinito.
Il resto è in discesa. Nel 2009 i due album Cold Fact e Comind from Reality vengono ripubblicati da una casa discografica di Washington. Anche l’America, a tanti anni di distanza si accorge del talento di Rodriguez che riprende a calcare i palchi di mezzo mondo per portare le sue canzoni e la sua poesia, da molti paragonata a quella di Bob Dylan. Lo scorso anno l’Università di Detroit gli concede una seconda laurea honoris causa, riconoscendo il suo “genio e l’impegno per la giustizia sociale musicale”.
Rodriguez e la sua incredibile storia continuano a provocare entusiasmo e commozione in tutto il mondo. Anche nella tournee italiana che, pochi giorni fa ha visto impegnato “Sugar Man” a Milano e Bologna. Ad entusiasmare, oltre la liricità dei testi e della musica, è la stessa testimonianza della sua vita. Dimostrazione che una seconda possibilità, dopo il sacrificio, viene data sempre a tutti.
Oggi Rodriguez, reso quasi cieco da un glaucoma, non nasconde il peso di settantadue anni passati a lavorare duro, senza risparmiarsi e soprattutto senza recriminare sulle ingiustizie subite. La sua sofferenza è la forza che trasmette adesso che ha la possibilità di mietere il giusto successo per la sua coerenza, la sua tenacia e la sua dignità. Per l’impegno e la gioia che riesce trasmettere con incredibile naturalezza quando sale sul palco che gli è stato negato solo perché non aveva il nome giusto per le esigenze del mercato discografico. Quando il bassista comincia a suonare il riff di “I Wonder”.
Mi domando delle lacrime negli occhi dei bambini
Mi interrogo sul soldato che muore
E mi domando se questo odio finirà mai
Mi domando e domando ancora, amico mio
Mi domando e mi domando, tu no?
da “I Wonder” – Sixto Rodriguez
Cliccando su uno dei sottostanti pulsanti sociali è possibile guardare la versione originale del documentario “Searching for Sugar Man”, diretto da Malik Bendjelloul e vincitore del premio Oscar 2013 come miglior documentario.