"Non ci resta che piangere" devono aver pensato i tifosi della nazionale cinese. Il sogno mondiale dopo il pareggio a reti bianche contro Hong Kong è quasi svanito, ora serve un miracolo per far si che la Cina avanzi nel proprio cammino. La Cina sta investendo enormi quantitativi di denaro negli ultimi anni per costruire la nazionale del futuro, i club si stanno notevolmente rafforzando, è emerso un buon gruppo di giocatori, ma la nazionale continua a dispensare delusioni.
Per la terza volta nella storia, è la nazionale di Hong Kong a porsi come ostacolo insormontabile per la Repubblica Popolare, l'ex colonia britannica è una squadra sulla carta decisamente inferiore, i cui giocatori militano per la stragrande maggioranza nel campionato locale, non ha mai partecipato a un mondiale e l'ultima Coppa d'Asia l'ha disputata nel 1968, eppure si è sempre rivelata un osso duro per la compagine cinese.
19 maggio 1985Allo Stadio dei Lavoratori a Pechino, va in scena l'ultima partita del girone fra Cina e Hong Kong, la nazionale di casa si può accontentare di un pareggio per accedere alla fase successiva. Il percorso di qualificazione si componeva di otto gironi nei quali solo la prima classificata poteva accedere alla fase successiva, la Cina, nel gruppo C era assieme anche a Macao e Brunei. La partita di andata a Hong Kong si era conclusa con un fiacco 0-0, ma i pronostici erano tutti a favore della nazionale di casa, ma fu Hong Kong a prevalere per 2-1: Al momentaneo vantaggio degli ospiti su un bellissimo calcio di punizione che si insacca sotto l'incrocio dei pali, risponde il centrocampista Li Hui (Beijing). Il gol della condanna arriva nel secondo tempo e porta la firma di Kum Fam Kai, il quale approfitta dell'imbarazzante svista difensiva di Lin Lefeng, che concluderà quel giorno la sua avventura in nazionale. La disfatta porta vari nomi: il "519" o "l'incidente del 19 maggio". Seguirono violenti scontri nei pressi dello Stadio fra la tifoseria cinese e le forze di polizia, la popolazione era frustrata per aver visto svanire ancora una volta il sogno del mondiale e per lo scarso livello di gioco in una occasione decisiva. I media presero la palla al balzo per tenere vivo il fervente nazionalismo cinese contro Hong Kong e la sua democrazia con una identità fortemente occidentale.
Il rapporto fra i due paesi era abbastanza teso in quanto nel 1984 è stata sottoscritta la dichiarazione congiunta fra Cina e Gran Bretagna, un accordo per il trasferimento della sovranità alla Repubblica popolare cinese, che stabiliva che Hong Kong sarebbe stato governato, a partire dal 1997, come una regione amministrativa speciale, conservando le sue leggi e un alto grado di autonomia per almeno 50 anni.
2004: Sette gol non bastanoDopo il deludente mondiale del 2002, nel quale la Cina aveva raccolto tre pesanti sconfitte, è tempo di rifarsi sotto, obiettivo Germania 2006. Anche in questa occasione il percorso si compone di otto gironi nei quali solo la prima può poi accedere alla fase finale. La Cina è stata inserita con Kuwait, Hong Kong e Malesia. Si arriva all'ultima giornata con Cina e Kuwait appaiate a 12 punti e una perfetta parità negli scontri diretti, quindi è fondamentale vincere con un ampio scarto: La Cina dilaga contro Hong Kong e segna ben sette gol, concludendo con un +13, ma anche il Kuwait non è da meno, e vince per 6-1 contro la Malesia concludendo e pure la nazionale araba conclude con un +13. Si guardano dunque i gol segnati nel corso delle sei partite: 14 per la Cina e 15 per il Kuwait. Il colosso asiatico è fuori dai giochi.
2015: un doppio pareggio a reti biancheLa concezione di calcio in Cina è cambiata radicalmente nel corso della storia: per Mao lo sport serviva principalmente per rafforzare corpo e mente per servire poi la Cina nel duro lavoro. Deng aveva una concezione ambivalente, che è andata a mutare nel corso del suo mandato, dapprima vedeva il calcio come puro divertimento, ma poi iniziò a interessarsi di didattica e sviluppo, tanto che negli anni '50, stupito dalla nazionale ungherese di Puskas, mandò una delegazione ad allenarsi nell'est Europa. All'inizio degli anni '90, una volta avviate le riforme di mercato iniziò ad interessarsi anche alle forme di businnes. L'attuale premier, Xi Jinping ha seguito le orme di Deng e vede ora il calcio come una missione, e ne fa uno dei punti cardine del "Sogno Cinese".
Per le qualificazioni a Russia 2018, la Cina è testa di serie e inserita nel gruppo C assieme Qatar, Buthan, Maldive... e ancora una volta Hong Kong. Il doppio pareggio a reti bianche contro Hong Kong rischia di compromettere la qualificazione, in quanto alla fase successiva passano le prime e le quattro migliori seconde, e a due giornate dal termine la Cina è terza. La nazionale della Repubblica Popolare ha peccato di supponenza, nel mese di luglio la Chinese Football Association rilasciò un comunicato infelice nel quale attaccava con banali luoghi comuni gli avversari, su Hong Kong scrisse che è da temere perché la squadra "è composta da gente dalla pelle bianca, gialla e nera".
La principale colpa di questa ennesima disfatta, oltre che dei giocatori, è dell'allenatore francese Alain Perrin, resosi protagonista di convocazioni assurde, nelle quali ha spesso lasciato a casa i migliori talenti come Huang Bowen e Zheng Long e di schieramenti altrettanto penosi, adagiandosi su uno scolastico 4-4-2, quando con il blocco Guangzhou più qualche innesto di alto livello come Wu Lei del SIPG è spontaneo pensare a un 4-3-3. Ora la panchina di Perrin scotta e la federazione per le rimanenti partite di marzo potrebbe pensare a un cambio dato che la nazionale continua ad esprimere un gioco vergognoso. Dopotutto come sosteneva l'ex leader Deng Xiaoping: "A me piace il calcio, ma quando vedo la Cina giocare mi sento soffocare".
L'incubo cinese, per la terza volta Hong Kong spezza il sogno mondiale ultima modifica: da