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L’incultura di governo

Creato il 15 maggio 2011 da Albertocapece

L’incultura di governoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Cultura di governo: i negri hanno la musica nel sangue, le donne, tutte puttane, quelli di sinistra non si lavano, il meridione ferma la crescita del nord. L’Attali de noantri si rivela una volta ancora. Non è salito sul furgone del Milan, ma imperterrito fa propaganda elettorale nel giorno del silenzio, ma sbaglieremmo a pensare che parli a nome della lega. Si certo gli piace la destra più oscurantista xenofoba, razzista presente in Europa, ma interpreta il più ottuso mipoe e sgangherato volto del loro profitto e del loro capitalismo talmente vecchio, inappagato e cieco da non accorgersi di essere stato travolto dalla turboeconomia dalla finanziarizzazione.

Loro vogliono sostenere quel corpaccione inanimato e alimentarlo col rancore, con il risentimento, effetto di una narrazione efficace, del disegno perverso di una decomposizione territoriale, nella quale il Nord somiglia a un Belgio pingue e opulento grasso e il Sud a un territorio parassitario se non una colonia mafiosa. E che ha accreditato la menzogna convenzionale, largamente accettata, della pena inflitta da anni di malgoverno”roma-centrico” a un Nord condannato a subire l’iniquo trasferimento di risorse al Sud, soggetto a un vero e proprio “sacco”.

La loro “cura” è quel separatismo che per una giravolta semantica chiamano federalismo: marginalizzano il Mezzogiorno rimuovendo la realtà che ormai tutto il Paese rischia di essere il Mezzogiorno molesto d’Europa, fingendo che la corruzione e l’arbitrarietà non siano equamente distribuite su tutto il territorio, che non dipenda da loro che l’Italia rientri a buon diritto nella compagine di quei governi rapinatori e rapinati che finiscono per consegnarsi a regimi criminali e fondati sull’illegalità.

Si il paese è diviso grazie soprattutto a loro, ma non a metà. Il sopra ormai non coincide necessariamente con il Nord ed è un “sopra” economico e sociale, fondato a volte su patrimoni malavitosi e molto “meridionali” , quel meno del 10% di popolazione che si accaparra oltre la metà della ricchezza nazionale, intoccabile dal “sotto”, una cittadinanza separata, esclusa costretta a viversi come in un’altra contrada guardando risorse inaccessibili, irraggiungibili e straniere.

Il sopra non è troppo avanti e il sotto non è troppo indietro. Indietro sono loro che pensano che l’importante è salvare i loro personali privilegi, i loro personali profitti, i loro personali bottini. Mi ricordano i tagliatori di teste che popolano certi polpettoni hollywodiani ambientati a wall street. Anzi uno proprio reale, tale Dunlap, “razionalizzatore di imprese” si definisce, che ha affermato evocando Tremonti, Marchionne insomma quella razza senza purosangue, che “l’impresa appartiene alle persone che investono su di essa, non ai dipendenti, ai fornitori, al lavoratori e nemmeno ai luoghi dove è situata”.

E siccome il governo, la cosa pubblica, il paese, l’interesse generale, nord e sud e anche le spiagge li considerano roba loro, la loro impresa sono intenti a usare le forbici. Per tagliare intelligenze costrette a andarsene, cervelli che alla decapitazione preferiscono lo stare appartati, risorse destinate al sapere perché l’ignoranza li fa prosperare. E perché no? anche il Paese in due. E il nostro futuro, perché a loro non piace, così come non piace il passato. A loro si addice un presente effimero e scaltro nel quale ambientare la loro mediocrità istantanea.


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