
Stavolta, dalle pagine di Esperimento con l'India (Adelphi, a cura di Ebe Flamini), il mio aereo parte per Bombay, o Mumbai (come la chiamiamo dal 1995): il viaggio si appresta a essere uno di quelli da raccontare, di quelli da fare. Intendiamoci, dopo L'isola pianeta mi è venuta una gran voglia di visitare i nostri settentrioni (e, del resto, come poteva un milanese non ispirarmi una cosa simile?); ma in India, in buona parte, ci si va spesso già prima col pensiero che leggendo di altri...
Certo, diciamolo, sull'India ho letto più che su altri paesi che non conosco: Lapierre, Forster, Tabucchi, Kipling e altri che non ho sotto mano. Le letture, come le visite in quest'oriente lontano, si sono stratificate; lo stesso si può dire degli avvertimenti su un'India che non è mai quella che viene descritta, mai quella dei colleghi poeti o delle guide. Manganelli non si sottrae al rito e lascia, di questo mondo plurale per eccellenza, centrifugo e aromatico di santità, un'impressione sfuggente, velocissimo quanto il suo nord era un lento incedere tra le nevi e i capricci dell'ignoto più assoluto.
Quello in India è un viaggio pensato, mai casuale.

Rapido, come i fiumi che pensiamo di non trovare in India, ma indimenticabile!