L’ India e il Giappone si uniscono per sfidare il monopolio cinese sulle terre rare

Creato il 30 novembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Il primo ministro indiano è stato costretto a cancellare la visita in Giappone programmata per questo mese, dopo che il governo giapponese ha sciolto la Camera Bassa del Parlamento ed ha annunciato elezioni anticipate. Era stata proposta la firma di un importante accordo commerciale riguardante i materiali delle terre rare proprio durante la visita. Fortunatamente l’annullamento della visita del primo ministro indiano non ha ostacolato l’attuazione dell’accordo. Il 16 novembre i due paesi hanno firmato un accordo commerciale, con il quale viene concessa l’importazione dall’India di 4100 tonnellate di REE, gli elementi delle terre rare ( il 10-15% circa della richiesta annua massima del Giappone). Questo indica chiaramente quanto fosse importante ed urgente l’approvazione dell’accordo.

La Cina, attualmente, controlla il 97% circa del mercato mondiale delle terre rare ed ha sviluppato una stretta monopolistica su di esso. Il Giappone è il più grande paese importatore nel mondo di terre rare, soprattutto per via della grande industria elettronica e della conseguente richiesta di una quantità significativa di terre rare. Sono richieste terre rare per computer, laptop, televisori. Il loro uso è importante anche nella telefonia mobile e nei dispositivi di risonanza magnetica per imaging (MRI, dalla sigla in inglese). Le nazioni sono iperprotettive riguardo alle importazioni ed alle esportazioni di terre rare a causa della loro utilità in settori strategici come quello missilistico. Da qualche tempo si è scoperto che la Cina ha collegato le esportazioni di terre rare verso il Giappone con le dispute territoriali. Naturalmente, il Giappone è andato alla ricerca di una catena di distribuzione alternativa. Fiutando l’occasione, l’India sta cercando di colmare la lacuna, almeno in parte.

Le terre rare includono elementi quali il lantanio, il cerio, il praseodimio, l’erbio, il gadolinio, eccetera. La Cina, di fatto, da molti anni controlla il mercato globale delle terre rare. Nel 2012 ha pubblicato, per la prima volta in assoluto, il libro bianco sulle terre rare intitolato Condizioni e politiche dell’industria delle terre rare in Cina, che ha sottolineato la necessità dello “sviluppo sostenibile e salutare di questa industria”. Ma, in realtà, la Cina non ha messo in pratica l’orientamento “salutare” ed ha cominciato ad utilizzare le esportazioni di terre rare verso il Giappone come leva diplomatica, soprattutto sulla disputa territoriale marittima tra i due paesi.

L’India è nota per essere il secondo paese più grande al mondo a produrre terre rare. Secondo una stima fatta nel 2010, la Cina ha prodotto 130.000 tonnellate di terre rare, mentre la produzione dell’India è stata di 2700 tonnellate. L’India, malgrado sia un piccolo investitore rispetto alla Cina, opera nel commercio di terre rare dagli anni ’50, quando fu fondata la Indian Rare Earths Ltd. Il recente accordo tra Giappone e India sulle terre rare può essere visto anche come una continuazione della loro esistente relazione nel medesimo campo. A questo proposito, il Giappone ha già fatto investimenti in India. Una consociata della Toyota Tsusho chiamata Toyotsu Rare Earths India Pvt. Ltd ha sede a Vishakapatnam, nello stato dell’Andhra Pradesh, ed è coinvolta nella produzione di alcuni elementi delle terre rare. La compagnia gestisce una base in cui viene prodotta sabbia di monazite, elemento delle terre rare, e si occupa della preparazione di terre rare quali neodimio, lantanio e cerio; riceve la fornitura di sabbia di monazite dalla Indian Rare Earths Ltd.

L’aspetto più interessante dell’alleanza nippo-indiana sta nel fatto che i due paesi stanno anche progettando di interagire con altri Stati in cui le terre rare siano disponibili per lo scavo. L’India e il Giappone vogliono sviluppare una joint venture in paesi terzi, in particolare in Stati sottosviluppati. Essi intendono attrarre Stati come l’Afghanistan ed il Kazakistan, essenzialmente per mettere al sicuro le loro fonti d’approvigionamento. La stima delle risorse di terre rare in Afghanistan (nella provincia di Helmand) è di un milione di tonnellate; e, specialmente per l’India, l’impegno in Afghanistan ha anche una rilevante importanza strategica. Anche riguardo al Kazakistan, l’India e il Giappone mirano ad intraprendere uno sviluppo congiunto di risorse di terre rare. Tutti questi sforzi potrebbero aiutare l’India e il Giappone a sviluppare un mercato globale di terre rare.

Il Giappone è al corrente del fatto che l’India possiede grandi scorte di terre rare nello stato dell’Odisha. Di recente, la Indian Rare Earths Ltd, che rientra nella giurisdizione del Dipartimento per l’Energia Atomica, ha chiesto l’autorizzazione per l’estrazione di terre rare dalla sabbia lungo un tratto costiero di circa 2500 ettari a Brahmagiri (distretto di Puri). Il Giappone ha stanziato una raccolta di un miliardo e mezzo di dollari per lo sviluppo di risorse alternative di terre rare e l’India ha bisogno di attirare investimenti giapponesi.

Sia l’India sia il Giappone capiscono che il settore delle terre rare offre vantaggi commerciali, strategici e diplomatici. Allo stesso tempo, garantire la fornitura regolare di terre rare sarà un processo che richiederà molto tempo. Se investono oggi in vari progetti, poi potrebbero volerci all’incirca cinque anni per raddoppiare o triplicare la produzione. Nel corso degli anni, molti paesi del mondo avevano smesso di investire nell’estrazione di terre rare perché, dal punto di vista finanziario, era più fattibile importare dalla Cina. Tuttavia, questo aveva condotto la Cina a sviluppare un monopolio in questo settore.

Per paesi come l’India c’è molto da imparare dall’esperienza delle terre rare. È importante capire che riguardo a materiali critici e minerali essenziali è fondamentale pianificare con ponderatezza. La dipendenza da altri paesi dovrebbe essere minima riguardo ai materiali strategici richiesti nei settori energetico, aerospaziale, nucleare ed in quello della difesa. Inoltre, c’è un costante bisogno di monitorare i trend in corso in aree quali semiconduttori, tecnologia del silicio, produzione di microcircuiti, pellicole sottili, nanotecnologie, eccetera. Questo potrebbe aiutare nell’effettuare correzioni in corsa nelle politiche adottate rispetto ai materiali strategici, se necessario. La presenza o assenza di materiali strategici sono due fattori che hanno impatto a breve e lungo termine sull’economia del paese, come pure sulla preparazione militare.

(Traduzione dall’inglese di Flaviana Matarrazzo)


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