L’India non è un Paese per donne. E l’Italia?

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Uno stupro ogni 20 minuti. Circa l’80% delle donne è stata violentata almeno una volta.
Basterebbero solo questi dati a descrivere la guerra in atto a Nuova Delhi, India, la città con il più alto numero di violenze sessuali. Nel 2011 arrivano a quota 568, nel 2012 salgono a 630.
Ma non solo Nuova Delhi. Secondo un sondaggio del The Times of India infatti, in tutto il Paese, un uomo su quattro ha commesso violenza sessuale.
L’India non è un Paese per donne, come tanti nel mondo, forse un po’ di più.

Pochi giorni fa, l’ennesima brutale violenza. Una 23enne e il suo fidanzato salgono su un autobus, di ritorno dal cinema. Lì, vengono avvicinati da un branco di 6 uomini, che prima li insulta, poi li aggredisce. L’autista si accorge della confusione e si unisce a loro. Violentano a turno la ragazza, poi la tramortiscono con una sbarra di metallo. Il ragazzo, che prova a difenderla, viene picchiato.
Poi abbandonano entrambi sul ciglio della strada, confusi e seminudi.

Questa è una storia né più né meno disumana di tante altre, indiane o no. Eppure porta con sé la rabbia della popolazione femminile di Nuova Delhi, i lunghi bastoni delle Gulabi Gang, gli stupri, i matrimoni combinati, i soprusi e le violenze, in sé ha tutto, compresa l’evidente impotenza del genere maschile di fronte all’orrore che i propri simili compiono, all’oppressione e l’eccidio perpetrato ogni giorno.

Gulabi Gang

Mentre la ragazza stuprata è in terapia intensiva, dove quattro operazioni chirurgiche cercano di salvarle l’intestino ormai lacerato dalle violenze, le donne sono scese in tutte le piazze di Nuova Delhi protestando contro l’Indian National Congress , che è tra i responsabili della mancata sicurezza per le donne della città.
Lungo le strade la rabbia monta e cresce e c’è chi chiede la pena di morte per gli stupratori, perché forse si sente già un po’ morta anche lei, inerme e schiacciata dai poteri complici e allora cade così nella trappola dell’ homo homini lupus. Homo.

Le donne protestano contro il sistema giuridico indiano che ingolfa la giustizia e non permette di arrivare alla giusta pena per stupratori e aggressori sessuali. Urlano il loro dissenso verso l’addestramento pro-maschio delle forze di polizia, schierate a difesa del genere “forte”.
Ma soprattutto sembrano manifestare per qualcosa, non solo contro i responsabili materiali di uno Stato corrotto.
Scrivono e gridano di unione femminile, autodifesa, di formazione culturale per gli uomini ( insegnare loro “non stuprare” invece che alle donne come non essere stuprata ), di diritti e di corpi autodeterminati e autogestiti.
E gli uomini? Ci sono anche loro. Ma sono quelli che mostrano i cappi con cui impiccare gli stupratori.
È sempre una lotta tra maschi, la loro.

La polizia è intervenuta pesantemente per disperdere la manifestazione, ricorrendo a idranti contro quei manifestanti che hanno cercato di superare le barriere della zona rossa del corteo, di superare barricate mentali e fisiche e riprendersi ciò che dovrebbe essere.

Sui giornali italiani, niente o pochissimo di tutta questa vicenda.
Però, sappiamo tutto delle interviste della D’Urso e del compenso di Benigni per un programma televisivo.
Censura? Per crederlo dovremmo davvero pensare ci sia un fermento che i media non vogliono alimentare, mentre intorno la calma celebrale sembra andare per la maggiore.
Sarà che agli italiani piace solo parlare di escort e primarie?
Sarà anche una questione di comunicazione di genere?

Sarà che è tempo per le donne di riprendersi le piazze e dettare l’agenda?



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :