L’indisponibilità del corpo

Da Silvanascricci @silvanascricci

Ieri si è festeggiato il centenario della festa della donna.

Penso, da tempo, che da festeggiare ci sia ben poco, piuttosto sarebbe il caso di combattere, con tutte le armi possibili, ogni singolo giorno nelle nostre case, nei posti di lavoro, nelle piazze, senza più lasciar correre niente, senza far passare più nulla, perché è stata la goccia dopo goccia ad erodere le poche conquiste strappate nel corso degli anni.

E’ notizia di oggi di una legge approvata in Texas che costringe le donne che intendono abortire a sottoporsi ad una ecografia tra le 72 e le 24 ore prima dell’interruzione di gravidanza.

Inizialmente erano state esentate da tale trattamento le donne vittime di violenza sessuale ed incesto, ma nella versione approvata l’obbligo è stato reinserito anche per queste due fattispecie.

Tutte saranno obbligate, inoltre, a prendere visione delle immagini ecografiche, saranno obbligate a parlare con un medico che darà spiegazione del risultato dell’eco e saranno costrette ad ascoltare il battito cardiaco del feto.

Non ci potrà essere obiezione da parte del medico che in caso di rifiuto alla pratica o parte di essa, sarà sanzionata con la perdita della licenza di esercizio della professione.

Perché?

Perché “vogliamo assicurarci che le donne ricevano tutte le informazioni disponibili, che capiscano le conseguenze psicologiche e tutti gli aspetti della procedura”, così, almeno, sostiene Sid Miller, coautore della legge.

Perché, sostengo io, bisogna punire le donne che scelgono un aborto.

Non pensiate: ma tanto il Texas è lontano, non mi stupirei affatto se il nostro paese prendesse spunto da questa legge per introdurne una simile anche in Italia.

La strada è, da tempo, già tracciata; si fa di tutto per costringere le donne ad accettare una maternità non voluta, obbligandole ad una sessualità non libera.

Il percorso si traccia sin dalla contraccezione; in talune farmacie, andando a comprare un contraccettivo orale con regolare prescrizione medica, si viene trattate come paria e delinquenti.

Per quanto riguarda la pillola “del giorno dopo” esiste la possibilità dell’obiezione di coscienza da parte del farmacista (?!?) che non ne avrebbe nessun diritto giuridico (visto che, in più, ultimamente i farmacisti sono diventati poco più che commercianti).

In moltissimi ospedali pubblici medici ed infermieri obiettori impediscono, di fatto, alle donne l’esercizio di un diritto sancito per legge; salvo poi che gli stessi medici ed infermieri pratichino l’aborto nelle cliniche private a pagamento.

Per effettuare un’interruzione di gravidanza con la pillola RU486 si viene sequestrate in ospedale per 3-4 giorni con ricovero obbligatorio (unico paese in Europa).

Quindi la mentalità che impone la legge in Texas è già presente anche da noi e conduce alla indisponibilità del proprio corpo.

Questa cultura è particolarmente insistente sulle donne, con esami diagnostici imposti, sebbene in Italia esista una legge che disciplina l’imposizione di un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) solo nei casi di gravi danni di salute alla collettività (es. le vaccinazioni obbligatorie), ma riguarda anche gli uomini i quali, come le donne, non possono decidere se accettare o rifiutare un respiratore artificiale o un’alimentazione forzata.

In tutti i casi è l’autorità, lo stato che decide cosa, quando e quanto fare del nostro corpo.

E, questa, è una strada pericolosa in fondo alla quale c’è solo l’obbligo della non scelta.



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