Uomo vitruviano
Ognuno di noi, in cuor suo, si sente padrone di se stesso. Nel pensare, ci poniamo come individui giudicanti la società. Il nostro ego, è fieramente determinante del suo pensare, per noi stessi. Mai ci porremmo in mente che siamo programmati.
Si, programmati dalla società in cui viviamo, come delle macchine. Anche i nostri sentimenti, è previsto che si accendano in base a determinati stimoli, per un certo tempo, in una certa maniera.
Basti pensare ai fattori di socializzazione: la scuola, la famiglia, sono variabili determinate dalla società che li plasma. Esse per prime ci spingono ad essere in una modo che è figlio del loro essere. Il discorso continua con i mass-media, con le istituzioni le cui leggi, i cui codici, decidono per noi cosa essere, nei nostri giorni. Insomma, dire che ci apparteniamo, è formalmente vero, nelle democrazie occidentali. Ma solo formalmente, perché in realtà siamo esseri umani programmati dalle nostre società, come fossimo dei robots.
Certo, la parte di libertà è notevole. Ma se a questa parte di libertà, togliamo quella libertà, anche essa parzialmente non reale, di acquistare, di scegliere tra prodotti e servizi su un mercato, cosa rimane ? L’individuo è libero o è un consumatore, ad essere libero, già inquadrato nell’ottica del mercato capitalista di cui è parte integrante, come produttore lavoratore e consumatore, attore ?
Anche nel gesto di accendere una TV e vedere il nostro programma preferito, noi ci inseriamo in ricerche di mercato, che hanno determinato cosa verrà prodotto in TV, per quali investimenti, per quali piani di sviluppo politici ed economici. E l’ultima parola non spetta al consumatore, ma al produttore, che decide, tra molti sceneggiati, tra molte fiction, tra molti reality, cosa può essere mandato in onda.
E’ ovvio, che per fortuna, abbiamo un margine di libertà, un quid di inspiegabilmente potente che ci consente di uscire fuori dagli schemi, di decidere nonostante tutto. Ma è meno di quello che si pensa, ed è più di ciò che ci può salvare da una finta democrazia, che gioca con le nostre vite come il gatto fa con il topo.
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