17 ottobre 2011 di Massimiliano Scordamaglia 2 commenti

Storia di Ivan appunto, giovane orfano mentre fuori infuria la seconda guerra mondiale, con i tedeschi nel cuore della Russia che difende con le unghie e con i denti il proprio territorio. Quasi piu’ nulla e’ rimasto di bambino in Ivan, ormai adulto in un corpo minuscolo, col coraggio di chi ha paura di compiere il proprio dovere ma non per questo si tira indietro.
Solo nei sogni Ivan e’ con la sua mamma su prati verdi e sole caldo, laddove la terra e’ florida e libera da ogni conflitto e i sogni sono la finestra su cio’ che poteva essere, la vera infanzia di Ivan che il regista proietta negli occhi degli spettatori. Il coraggio del ragazzo e’ tutta nella coscienza della vita perduta e la sua forza e’ una straordinaria accettazione di quanto accade, col bisogno di fare la propria parte come logica necessita’.
Il giovane Nikolai Burlyayev e’ di rara bravura, un talento che fa comprendere sin dalle prime battute di non essere strumento in mano al regista ma un artista vero come sapra’ dimostrare per tutta la sua carriera sino ai giorni nostri..
Egli e’ un tassello non trascurabile nella riuscita del film che invero stupisce per una realizzazione tecnica strabiliante, con lunghe sequenze dai movimenti di macchina millimetrici, perfettamente abbinati a messe a fuoco rivelatrici di una padronanza tecnica superiore.
Vi sono carrellate sensazionali delle quali e’ difficile capacitarsi, considerando che nel 1962 la steadycam ancora non era stata inventata e per capirci, giusto Scorsese tre lustri dopo sapra’ usare il dolly con tanta maestria.
Del resto la tecnica non fu mai in discussione e le perplessita’ furono, neanche a dirlo, di stampo per cosi’ dire ideologico ma e’ noto che quando si indica la Luna, vi sia sempre qualcuno che guarda il dito.
Opera che rasenta la perfezione, tecnica elevata a poesia.
