Mi sono domandato spesso perchè esiste l'Inferno e come
possa accordarsi con l'attributo della infinita misericordia divina.
Che esista un inferno per i malvagi e un paradiso per i buoni è
credenza di tutte le religioni che si sono susseguite sin dalla notte
dei tempi nel corso della storia.
E in particolare per il Cristianesimo possiamo dire che ben
quattordici volte Gesù nei Vangeli parla di un inferno eterno e
forse anche di più i suoi apostoli.
Così come stabilito da papa Benedetto II e svariati concili
successivi, è verità di fede che dopo la morte vi è un giudizio
particolare e anche se priva temporaneamente del corpo, l'anima va
subito o all'inferno, o in purgatorio o in paradiso.
Essendo Dio infinitamente buono, nel fare alle sue
creature il dono (infinito) dell'esistenza non aveva pensato di
creare anche l'Inferno. Questo fu costretto a farlo solo a causa
della ribellione di alcuni, in primis
di Lucifero e poi degli altri angeli che lo seguirono.
Insomma, l'Inferno esiste
perché così hanno voluto alcune creature, non proprio Dio stesso!
Mi ricordo che il professore di religione del liceo per farci
capire la gravità del peccato ci diceva: se voi date uno schiaffo ad
un vostro compagno è grave, ma è più grave se lo date ad un
professore o ad un vostro genitore, e ancora più grave è se lo datead esempio
al Preside e gravissimo se lo date Presidente della Repubblica.
Ci fece così capire che la gravità di una offesa è relativa, si
misura infatti anche dall'importanza della persona a cui è rivolta.
Ne viene quindi che essendo Dio maestà infinità, l'offesa a Lui
fatta è di gravità infinita. Quindi il peccato è una offesa
infinita alla divinità.
Certi Santi e mistici che hanno potuto capire come è
veramente il peccato, visto dall'ottica divina, sono riamasti
inorriditi. Ecco fra l'altro perché è stata necessaria la
Redenzione: per lavare la colpa del peccato originale che ormai
macchiava l'umanità c'era bisogno di una riparazione infinita, con
una sofferenza infinita, che solo un Dio poteva offrire. E a questo
ci ha pensato Nostro Signore Gesù Cristo, con la sua morte in Croce.
Questa morte, avvenuta con una sofferenza infinita per amor
nostro, è servita una volta per tutte, per il perdono della totalità dei peccati
passati, presenti e futuri, anche se purtroppo non per tutti gli
uomini, ma almeno per molti e precisamente per quelli che vorranno
essere salvati, per coloro che accetteranno di usufruire del dono gratuito
di questa riparazione illimitata.
L'Altissimo ci ha creato donandoci oltre l'esistenza, anche il
libero arbitrio. Siamo liberi di scegliere il bene o il male,
nonostante Dio ci abbia anche donato una coscienza che ci avverte su
ciò che si può fare e ciò che non si può. Ma neanche Dio può
costringerci a fare il bene in quanto Egli non può interferire con
la nostra volontà, In un certo senso, pur essendo Onnipotente limita
questa sua facoltà per rispetto verso le sue creature. E qui sta la
chiave: siamo liberi di fare il bene o il male, liberi di amare o
anche di odiare Dio. Quindi liberi di peccare. E liberi anche di
allontanarci definitivamente da Lui. Ecco perciò perché Dio ha
dovuto creare l'Inferno. Per giustizia e paradossalmente anche per
misericordia. Per giustizia, perché il malvagio non può avere la
stessa retribuzione del buono, perché è giusto punire il male e
premiare il bene, e per misericordia, essendo infatti quello
dell'esistenza un dono infinito e non revocabile, non potendo Dio
costringere le sue creature a stare vicino a Lui, ha dovuto creare un
luogo da cui si è completamente allontanato, in cui vanno quelli che
lo rifiuteranno in eterno, non costringendoli a stare vicino a Lui,
provocandogli così meno dolore di quello che riceverebbero con la
Sua vicinanza, con la prossimità al Sommo Bene che hanno rifiutato e
che non possono più avere, osservando magari la felicità dei Beati!
Insomma, paradossalmente oltre che per giustizia l'Inferno Dio l'ha
dovuto creare anche a causa della sua misericordia!
La misericordia divina si è manifestata in maniera perfetta con
la Redenzione, e Dio la offre a tutti per lavare i peccati se
si è pentiti del male fatto, ma la si può rifiutare a causa della
propria volontà contro cui Dio nulla può! E se questo rifiuto è
definitivo, così come avviene al momento della scelta fatta in punto
di morte nel giudizio particolare, dove può andare l'anima che la
rifiuta? In un posto e in uno stato in cui Dio non c'è: l'Inferno!
In realtà in quel luogo di tenebre Lui c'è comunque, ma solo
indirettamente, a causa della presenza in quel posto orribile
dell'opera del suo amore infinito, delle sue creature, che portano
impresso nelle loro anime anche se dannate il marchio di fabbrica, la
scintilla divina, che comunque risulterà soffocata in eterno! E per quanto riguarda il pentimento e la
misericordia spero che nessuno abbia l'ardire di pensare di poterla
fare franca solo all'ultimo momento, magari pensando di ottenere il
perdono divino senza pentimento. Semplicemente purtroppo non sarà
possibile. Perchè bisognerà lottare contro la propria natura e
abitudini acquisite. Non avendo veli e scuse nel giudizio personale
particolare non potremo fingere. Se saremo sinceri e crederemo alla
misericordia divina allora ci pentiremo, la richiederemo e la otterremo, perché Dio
è desideroso di salvarci comunque, altrimenti, magari trascinati
dalle nostre abitudini e avendo poca fiducia in Dio, non pentendoci
non la richiederemo perchè orgogliosamente affermeremo di non averne bisogno e allora non avremo scampo!
Ora dico: la vita eterna è
troppo importante per poter rischiare e quindi sforziamoci di
arrivare alla nostra morte possibilmente privi del peccato e pieni di opere buone!
Un'altra difficoltà nell'accettare l'idea dell'esistenza dell'Inferno è quella che proviene dal chiedersi il perché
Dio, infinita misericordia e onniscienza, possa creare anche anime che Lui sa
che si danneranno.Questo problema me lo sono risolto così: prima di tutto occorre
dire che il forse il dono dell'esistenza è superiore a quello della
punizione eterna, Dio sa che le anime accettano di essere create pur sapendo che
corrono il rischio di rifiutare il loro Creatore ed essere quindi
eternamente infelici all'Inferno.
E Dio, essendo infinitamente buono ma
volendo anche donare il libero arbitrio, è come costretto a creare anche
anime che per loro volontà si danneranno, ma per poter fare ciò forse
nasconde a Se stesso, nel solo attimo della creazione di ogni anima,
il destino eterno di questa, in quanto se non lo facesse creerebbe
solo quelli che si salvano e priverebbe del dono dell'esistenza le
anime che Lui sa che si danneranno. Insomma sarebbe come se Dio
dicesse: non ti faccio il dono infinito dell'esistenza
perché so che mi rifiuterai. Sarebbe un atto di ingiustizia nei
confronti dell'anima.
D'altronde Dio mostrerebbe anche poca misericordia se
conoscendolo, non dicesse all'anima che il suo destino ultimo sarà
la dannazione! Insomma si creerebbe una come specie di paradosso o corto circuito
teologico. Ecco perché forse l'offuscamento della Onniscienza Divina
nell'atto della Creazione di un'anima – o anche prima, nella
creazione degli angeli - potrebbe essere teologicamente necessaria.
La Sapienza divina che conosce il passato, il presente e il futuro sa
che l'anima che crea accetta di essere creata anche con il rischio
della dannazione. E quindi la crea. Ma nello stesso tempo
l'Onnipotenza divina, per poter correttamente operare, è costretta nell'atto della creazione a nascondere a
Se stessa e all'anima il
destino ultimo di questa. Se qualcuno mi dice: "ma Dio è Onnisciente
e quindi questo non può essere", io rispondo che Dio è
anche Onnipotente e, volendo, può porre limiti alle sue possibilità. Infatti
ad esempio Dio non agisce contro il libero arbitrio umano, cioè
per non entrare in conflitto con la sua Giustizia limita la sua
Onnipotenza non costringendo un'anima a fare il bene, anche se
volendo potrebbe farlo, ad esempio cambiando con un miracolo i
desideri e la volontà di quell'anima..
Tornando al discorso iniziale, allora visto che l'Inferno è
necessario a causa della infinita gravità della colpa, del peccato,
che è una offesa infinita alla maestà divina, ed avendo il
peccatore impenitente rifiutato la misericordia divina, che si è
fatta carne, sangue e morte in croce con la Redenzione, allora per
giustizia, per riparare tale colpa, non potendo offrire una
riparazione infinita a causa della sua condizione finita di creatura,
la punizione deve essere infinita nella durata: ecco perché
dell'eternità dell'Inferno. Ma oltre ciò il fatto è anche
che l'Inferno non finirà mai perché i dannati sono pietrificati per sempre,
per loro volontà, nella condizione di peccato e di odio verso Dio.
Una veggente una volta chiese perché l'Inferno dura in eterno e le fu risposto che è anche perché così lo vogliono i dannati,
perché determinati nel loro voler fare il male. Insomma non possono stare in Paradiso perché lì sarebbero fuori
posto, non potrebbero semplicemente starci perché continuerebbero a
fare il male anche lì! Quindi ovviamente prima di tutto per giustizia
ma anche per ovvia convenienza devono stare all'Inferno per sempre!
E alla veggente fu detto che se per assurdo un dannato chiedesse
il soccorso della misericordia divina pentendosi, allora verrebbe
immediatamente salvato! Ma nessun dannato lo farà mai!
Paradossalmente il dannato pur soffrendo immensamente, sia per la pena di
danno, cioè per la privazione del Sommo Bene, che per la pena di senso,
cioè per le altre tremende pene accessorie, mai però abbasserà il suo orgoglio chiedendo a Dio di essere salvato. Ovviamente non vorrebbe soffrire,
ma nel contempo vorrebbe eternamente fare il male! Insomma paradossalmente
l'Inferno dura in eterno perché così lo vogliono quelli che ci
abitano! Per loro scelta!
Qualcuno magari a questo punto potrebbe pensare che allora
l'Inferno potrebbe magari non essere quel luogo orribile che la
tradizione ci ha sempre descritto. La risposta non può essere che
“nulla di più sbagliato”!
Quando ci si riferisce alle pene dell'Inferno si pensa al fuoco inestinguibile e
alle altre pene quali il verme che rode e
non muore mai, i tormenti causati dagli altri dannati e dai demoni,
descritte da svariati mistici e di cui riferisco allegando alcuni
brani che fanno buona scuola nelle note (1), (2), (3) , ma quello che non può essere descritto
ma solo vagamente immaginato è la maggior pena che i dannati e i
demoni soffrono all'Inferno e che è la più terribile di tutte: essa è la pena di danno.
La pena di danno è la
sofferenza causata all'anima dannata dalla consapevolezza che
sarà in eterno priva dell'Amore divino. Sul fatto che questa pena sia così
terribile tanto da rasentare qualcosa che ha l'aspetto
dell'infinito, lo si può vagamente immaginare se si fa questo
semplice ragionamento: quando perdiamo un bene, soffriamo in
proporzione del valore del bene perduto. Per fare un esempio, una cosa è
perdere una moneta, altra perdere un patrimonio. Sono ambedue
perdite, ma la sofferenza provocata da esse è ben differente, molto
più grande nel secondo caso. Così una cosa è perdere un semplice
conoscente, altra un amico, altra ancora una persona che si ama. E quanto più
importante e grande è questo amore per la nostra vita, tanto più grande
è il dolore provato per la loro perdita. Ora, dopo la morte ogni
anima avrà la consapevolezza limpida come il cristallo che Dio è
Amore e Bene infinito, l'unico vero e unico Amore per cui vale la pena di esistere, quindi la sua perdita definitiva e
irrevocabile che dolore pensate potrà provocare? San Tommaso
D’Aquino ci dice: "Quanto maggiore è il bene che si perde,
tanto maggiore è pure la pena che se ne prova; ora riconoscendo i
dannati essere Dio il sommo ed infinito Bene, è evidente che la sua
perdita deve cagionare loro una pena somma e infinita". Un altro
Dottore, San Giovanni Crisostomo, dice: "… quand’anche si
mettessero insieme mille inferni, sarebbe un nulla in confronto
all’essere privi per sempre della vista e dell’Amore di Dio".
Chiudo riportando un brano tremendo dettato a Maria Valtorta, in cui Gesù
stesso descrive come è l'Inferno. Altri scritti di
esperienze dirette li ho inseriti nelle note (1) (2) (3), per non
appesantire il discorso qui fatto.
Ecco il brano della Valtorta tratto da I
quaderni del 1944 (15/1/1944)
Dice Gesù:“Una volta ti ho fatto vedere il Mostro d’abisso.
Oggi ti parlerò del suo regno. Non ti posso sempre tenere in
Paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità
ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E’ da queste
dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne,
provengono tanti mali degli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa (…). Scrivi guardando al
tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono
paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale
morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza
dell’inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale
da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto
castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno
che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente
credesse all’inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che
la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se
stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento e col pentimento la via
per tornare a Me.(…)
Ho detto, Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato
all’inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte
non si esce a resurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che
in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di
iniquità. Né crediate che ciò sia sino alla fine del mondo. No,
che anzi, dopo la tremenda rassegna (Nota – dopo il giudizio
universale), più spietata si farà quella dimora di pianto e di
tormento, poiché ciò che è ancora concesso ai suoi ospiti di avere
per loro infernale sollazzo – il potere nuocere ai viventi e il
veder nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà, e
la porta del regno nefando di
Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre,
per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero
e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti
gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia
eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto
per i benedetti, fatta di tenebre e orrore nel profondo per i
maledetti.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco d’amore. L’Inferno è
fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui essenza vi è
brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di
desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il
Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per
gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a
renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce e i cui
fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’Inferno è il luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del
Dio intravisto nel giudizio particolare non è, come per i purganti,
santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza
piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la
perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo
spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena,
ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è
rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli
uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo
possiedono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il
maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro,
sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del
loro tormento.
(…)
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette
appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni,
calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano
perché causa del loro tormento.
La parola ‘Odio’ tappezza quel regno smisurato; rugge in
quelle fiamme; urla nei cachinni dei demoni; singhiozza e latra nei
lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a
martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i
recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella
ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il
rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più
rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei
roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di
nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo
errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci,
perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la
riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver
tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità;
tutto l’orrore di aver ricusato Dio nel tempo sta per suo tormento
presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in
vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più
appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro ricordo (…).
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In
Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di
amore offeso. (…) Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi,
meno che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in
eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! Che sia l’Inferno non
potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo
sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno,
sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene un’unica somma e
moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella
tremenda verità. Nel calore insostenibile sarà
commisto il gelo siderale. (…) E il gelo li attende per congelarli
dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su
una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che
scioglie al gelo che condensa.
(…) Voi non sapete e non credete. Ma
in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti
dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’Oscurità sarà il terzo tormento.Oscurità materiale e
oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto
la luce del Paradiso ed essere nell’abbraccio della Tenebra dopo
aver visto la Luce che è Dio! Dibattersi in quell’orrore tenebroso
in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del
peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio,
in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda,
altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più
maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa.
La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e
nutrirà questi morti per l’eternità. (..)”
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Note
(1) Dal Capitolo XXXII del – Libro della mia vita – di Santa
Teresa d’Avila (1565)
“Passato gran tempo da quando il Signore mi aveva fatto già
molte grazie suddette e anche altre, assai notevoli, mentre un giorno
ero in orazione, mi sembrò di trovarmi ad un tratto tutta
sprofondata nell’inferno, senza sapere come. Capii che il Signore
voleva farmi vedere il luogo che lì i demoni mi avevano preparato e
che io avevo meritato per i miei peccati. Tale visione durò un
brevissimo spazio di tempo, ma anche se vivessi molti anni, mi sembra
che non potrei mai dimenticarla.
L’entrata mi pareva come un vicolo assai lungo e stretto, come
un forno molto basso, scuro e angusto; il suolo, una melma piena di
sudiciume e di un odore pestilenziale, in cui si muoveva una quantità
di rettili schifosi. Nella parete di fondo vi era una cavità a modo
di un armadietto incassato nel muro, dove mi sentii rinchiudere in
uno spazio assai ristretto. Ma tutto questo era uno spettacolo
financo piacevole in confronto a quello che qui ebbi a soffrire. Ciò
che ho detto comunque è mal descritto.
Quello che sto per dire, però, mi pare che non si possa neanche
tentare di descriverlo né si possa intendere: sentivo nell’anima
un fuoco di tale violenza che io non so come poterlo dire; il corpo
era tormentato da così intollerabili dolori che, pur avendone
sofferto in questa vita di assai gravi, anzi, a quanto dicono i
medici, dei più gravi che in terra si possano soffrire – perché i
miei nervi si erano tutti rattrappiti quando rimasi paralizzata –
tutto è nulla in paragone di quello che ho sofferto lì allora,
tanto più al pensiero che sarebbero stati tormenti senza fine e
senza tregua.
Eppure anche questo non era nulla in confronto al tormento
dell’anima: un’oppressione, un’angoscia, una tristezza così
profonda, un così accorato e disperato dolore che non so come
esprimerlo. Dire che è come un sentirsi continuamente strappare
l’anima è poco, perché, morendo, sembra che altri ponga fine alla
nostra vita, ma qui è la stessa anima a farsi a pezzi. Io non so
proprio come descrivere quel fuoco interno e quella disperazione che
esasperava così orribili tormenti e così gravi sofferenze. Io non
vedevo chi me li procurasse, ma mi pareva di sentirmi bruciare e
dilacerare; ripeto, però, che il supplizio peggiore era dato dal
quel fuoco e da quella disperazione interiore.
Stavo in un luogo pestilenziale, senza alcuna speranza di
conforto, senza la possibilità di sedermi o distendere le membra,
chiusa com’ero in quella specie di buco scavato nel muro. Le stesse
pareti, orribili a vedersi, mi gravavano addosso dandomi un senso di
soffocazione. Non c’era luce, ma tenebre fittissime. Io non capivo
come potesse avvenire questo: che, pur non essendovi luce, si vedesse
ugualmente ciò che potesse dar pena alla vista.
Il Signore allora non volle mostrarmi altro dell’inferno; in
seguito, però, ho avuto una visione di cose spaventose, tra cui il
castigo di alcuni vizi. Al vederli mi sembravano ben più terribili,
ma siccome non ne provavo la sofferenza, non mi facevano tanta paura,
mentre in questa prima visione il Signore volle che io sentissi
davvero nello spirito quelle angosce e afflizioni, come se le patissi
nel corpo. Non so come questo sia avvenuto (…). Sentir parlare
dell’inferno è niente di fronte a questa pena, che è ben altra
cosa. C’è la stessa differenza che passa tra un ritratto e la
realtà; bruciarsi al nostro fuoco è ben poca cosa rispetto al
tormento del fuoco infernale.
Rimasi assai spaventata e lo sono tuttora mentre scrivo, benché
siano passati quasi sei anni, tanto da sentirmi agghiacciata dal
terrore qui stesso, dove sono. (…)
Questa visione mi procurò anche una grandissima pena al pensiero
delle molte anime che si dannano e un vivo impulso di riuscire loro
utile, essendo, credo, fuor di dubbio, che per liberarne una sola dai
quei tremendi tormenti, sarei disposta ad affrontare mille morti
assai di buon grado.
(2) Da - Le Rivelazioni della beata Caterina Emmerick
(1833)
L’Abisso Infernale
“Vidi finalmente il Salvatore avvicinarsi, severo, al centro
dell’abisso. L’inferno mi apparve come un immenso antro
tenebroso, illuminato appena da una scialba luce metallica. Sulla sua
entrata risaltavano enormi porte nere, con serrature e catenacci
incandescenti.
Urla di orrore si levavano senza posa da quella voragine paurosa
di cui ad un tratto si sprofondarono le porte. Così potei vedere un
orrido mondo di desolazione e di tenebre.
L’inferno è un carcere di eterna ira, dove si dibattono esseri
discordi e disperati. (…) si sprofondano cavernose prigioni, si
estendono orrendi deserti e si scorgono smisurati laghi rigurgitanti
di mostri paurosi, orribili. Là dentro ferve l’eterna e terribile
discordia dei dannati.
Nel Cielo invece regna l’unione dei Santi eternamente beati.
L’inferno, al contrario, rinserra quanto il mondo produce di
corruzione e di orrore; là imperversa il dolore e si soffrono quindi
supplizi in una indefinita varietà di manifestazioni e di pene. Ogni
dannato ha sempre presente questo pensiero: che i tormenti che egli
soffre sono il frutto naturale e giusto dei suoi misfatti. Quanto si
vede e si sente di orribile all’inferno è la essenza, la forma
interiore del peccato scoperto, di quel serpe velenoso che divora
quanti lo fomentarono in seno durante la prova mortale. Tutto questo
si può comprendere quando si vede, ma riesce inesprimibile a parole.
Quando gli angeli che scortavano Gesù, avevano abbattuto le porte
infernali, si era sollevato come un subisso di imprecazioni, di
ingiurie, di urla e di lamenti. Alcuni angeli avevano cacciato
altrove sterminate torme di demoni, i quali avevano dovuto poi
riconoscere e adorare il Redentore. Questo era stato il loro maggiore
supplizio. Molti di essi venivano quindi imprigionati dentro una
sfera, che risultava di tanti settori concentrici.
Al centro dell’inferno si sprofondava un abisso tenebroso,
dov’era precipitato Lucifero in catene, il quale stava immerso tra
cupi vapori. Tutto ciò era avvenuto secondo determinati arcani
divini.
Seppi che Lucifero dovrà essere scatenato per qualche tempo:
cinquanta o sessant’anni prima dell’anno 2000, se non erro…
(…) Mentre tratto questo argomento, le scene infernali si
prospettano così orripilanti dinanzi ai miei occhi, che la loro
vista potrebbe perfino farmi morire.”
(3) Dal diario di Santa Faustina Kowalska (1930)
Oggi, sotto la
guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'Inferno.
É un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione
spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima
pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la
seconda, i continui rimorsi della coscienza; la terza, la
consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è
il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena
terribile: è un fuoco puramente spirituale, acceso dall'ira di Dio;
la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante
fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra
di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta
pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la
tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le
maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati
soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono
tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei
sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in
maniera tremenda ed indescrivibile.
Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni
supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle
orribili torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il
peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per
tutta l'eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché
nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure
che nessuno c'è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina,
per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di
raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Ora non
posso parlare di questo. Ho l'ordine da Dio di lasciarlo per
iscritto. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma
per ordine di Dio hanno dovuto ubbidirmi. Quello che ho scritto è
una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè
che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non
credevano che ci fosse l'inferno. Quando ritornai in me, non riuscivo
a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là
soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore
per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la
misericordia di Dio per loro."