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L’inferno dell’Euro e la Tav

Creato il 23 novembre 2012 da Albertocapece

L’inferno dell’Euro e la TavTalvolta si rimane senza fiato di fronte alla mutazione della tenacia in caponaggine della specie più ottusa. E si vorrebbe sbattere la testa contro al muro quando ci si accorge della capacità pervasiva degli errori o meglio della loro capacità di generare un prole di mostri nemici di ogni ragione, degli eredi che portano avanti le cantonate del passato. Oggi non ci sono notizie particolari sulla Tav Torino – Lione, ma essa è un esempio senza equivoci di ciò che voglio dire: che senso ha costruire una ferrovia ad alta capacità. spendendo soldi che non si hanno, anzi soldi a strozzo, visti i nostri spread, quando la sua inutilità è acclarata dai numeri al punto che gli stessi francesi non ne vogliono più sapere?

Ci domandiamo se per caso non siano già state pagate tangenti per la “grande opera” o non ci siano obbligazioni che non conosciamo. Ed è possibile, certo, ma in questo caso mi piacerebbe allargare il respiro rispetto ai miasmi di questa insopportabile italietta. E’ interessante invece capire come circa vent’anni fa nacque l’idea di sostituire la linea già esistente con una nuova che si adattasse meglio alle esigenze di trasporto moderno. In realtà nulla faceva pensare a questa necessità, al contrario le previsioni del traffico commerciale lungo il Frejus fatte negli anni ’70 si rivelarono clamorosamente sbagliate: si riteneva che il trasporto merci sarebbe arrivato a 15 milioni di tonnellate  intorno al 1990 e invece si giunse a 11 nel momento di massimo splendore. Visto che si erano già intraprese opere di aggiornamento sulla vecchia linea, nulla poteva far sospettare che germogliasse l’idea di una nuova tratta, la quale in termini di lire sarebbe costata non meno di 10 mila miliardi. E che per giunta ci si sarebbe intestarditi anche quando quando il traffico invece di aumentare diminuì a 8 milioni di tonnellate nel 2000 e ai 4 di oggi.

Eppure un motivo ci fu: il periodo in cui nacque il progetto fu anche quello in cui si mise a punto il trattato di Maastricht, imposto da Mitterand a Kohl come compensazione per l’unificazione tedesca. Mai scempiaggine è stata più grande, ma anche più evidente perché tutta la scienza economica mondiale avvertì che una moneta unica imposta ad un’area economica non omogenea sarebbe stata un disastro. Tuttavia una piccola schiera di economisti, assai vicini alla politica, disse che sì la cosa era rischiosa, ma l’euro avrebbe aumentato la credibilità dei Paesi più deboli, riequilibrando automaticamente la situazione. Questi erano quelli che si coagulavano attorno alla Bocconi e ancora oggi vanno vendendo la stessa merce con il coro dei media che  ciancia della magnifica credibilità del loro capo. Altri , vicini ai poteri di Bruxelles, formularono una tesi – divenuta dottrina ufficiale di Maastricht – secondo la quale il riequilibrio spontaneo sarebbe nato dall’aumento degli interscambi commerciali tra paesi della moneta unica e stimarono tale aumento addirittura fra il  200% e il 300% . Per la cronaca l’aumento massimo prima della crisi è stato dell’ 8%, ma in quei primi anni ’90 ci si convinse che ci si sarebbe dovuti attendere chissà quale boom di commerci e così il progetto della futura Tav continuò ad andare avanti. Anzi l’accordo italo francese per la nuova tratta fu firmato nel 2001  giusto per non farsi sorprendere dall’arrivo della circolazione effettiva dell’euro e dunque dalla inarrestabile progressione dell’interscambio. Un equivoco in cui cadde anche il fantomatico piano di europeo di grandi linee, poi di fatto abbandonato.

Nulla di tutto questo è accaduto e tuttavia non si riesce ancora oggi a rinunciare a un errore che ne smaschera un altro. Come se rinunciare alla Tav significasse abbandonare le illusioni, i pretesti  e gli abbagli che portarono a concepire una moneta unica con incredibile superficialità. Anche perché nel frattempo la moneta unica si è mutata in una sorta di arma politica della finanza. Davvero un lungo tunnel, molto più profondo di quello che vorrebbe costruire che spiega anche come mai la vicenda sia uscita dalle dimensioni locali per diventare simbolo di una battaglia assai più ampia e certo anche quella molto lunga.


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