Centotre anni fa veniva prodotta una pellicola che, vista oggi, raggiunge ancora delle vette evocative non indifferenti.
Correva l’anno 1911, il mondo viveva un’epoca che pareva presagire un futuro roseo. Lo spettro delle due guerre mondiali era ancora lontano dal manifestarsi. Perfino la piccola Italia, da poco diventata una nazione unita e apparentemente coesa, sembrava lanciata verso un destino fulgido e luminoso.
La Milano Film, una casa cinematografica italiana, mise le mani su un progetto ambizioso e di respiro internazionale. Grazie ai registi Francesco Bertolini, Adolfo Padovan e Giuseppe De Liguoro, si decise di girare una versione filmata dell’inferno dantesco, la prima cantica del capolavoro dell’Alighieri. Un’idea monumentale per quell’epoca in cui il cinema era muto e i mezzi ancora del tutto sperimentali.
L’Inferno – questo è il titolo del film – venne girato nel giro di qualche mese. Furono utilizzate cinque bobine, in cui vennero immortalate ben 54 scene. A tutti gli effetti può essere considerato il primo lungometraggio italiano. La fedeltà alla Commedia fu totale, comprese le scene truci che vedevano i dannati alle prese con le loro eterne pene. I tre registi si ispirarono alle splendide illustrazioni di Gustave Doré.
Ogni scena era introdotta da didascalie che alternavano versi della Divina Commedia e altre frasi in prosa. L’Inferno venne riprodotto in buona parte sul monte Grigna, nel lecchese. La zona offriva (e offre ancora) degli splendidi paesaggi naturali, ottimi per rappresentare gli anfratti infernali in cui le anime peccatrici sono rinchiuse in compagnia di diavoli e demoni.
Tra personaggi e comparse non mancano il Conte Ugolino, Minosse, Pier delle Vigne, Farinata degli Uberti etc etc.
Grazie alla tecnica della sovraimpressione e a quella dell’esposizione multipla, i registi riuscirono a ottenere delle scene truculente, con ottimi effetti speciali. Si va dall’apparizione di Maometto col petto squarciato (immaginate se oggi qualcuno osasse riprendere una scena simile) alla testa staccata di Betrand de Born.
Gli effetti più riusciti riguardano però i lussuriosi trascinati da una bufera feroce e – soprattutto – Lucifero trifronte, intento a sbranare un dannato.
Lucifero che sbrana un dannato.
Gli attori principali furono ovviamente due: Salvatore Papa nel ruolo di Dante e Arturo Pirovano in quello di Virgilio. Per il resto la Milano Film si avvalse di molte comparse e di ottimi mestieranti presi dalle gavette teatrali.
Il film fu un successo internazionale, reputato di grande pregio artistico e cinematografico. Oggi purtroppo se lo ricordano in pochissimi. Anzi, non pare nemmeno vero che qualcosa del genere nacque in Italia. Perché, mettetela come volete, ma L’Inferno è senz’altro un opera antesignana del fantastico.
Wikipedia informa che nel 2002 il film fu restaurato e ridistribuito con una nuova colonna sonora composta ed eseguita dai Tangerine Dream. Nel 2006 la Cineteca di Bologna ha portato a termine un nuovo restauro pubblicato su DVD nel 2011 nella collana Cinema Ritrovato con la colonna sonora di Edison Studio. La versione restaurata del 2002 è anche disponibile per intero su Youtube.
Bertrand de Born, decapitato!
Chiudiamo con una curiosità. Nello stesso anno un’altra casa cinematografica, la Helios Film di Velletri, produsse una sua versione de L’Inferno, plagiando anche il titolo. Le differenze tra i due film non sono però poche. La pellicola della Helios, più corta e meno sontuosa, ma arricchita da richiami erotici assai poco velati, tra cui il topless dell’attrice Francesca da Polenta, e le nudità esibite da altri dannati.
Comunque anche la versione Helios spicca che alcune innovazioni scenografiche spettacolari, come per esempio il Minosse colossale e il tragico volo dei lussuriosi.
Un fotogramma de “L’Inferno”, versione Helios Film.
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