In ogni epoca l’uomo si è posto determinati interrogativi a cui puntualmente non ha saputo dare risposta.
Allo scienziato sociale non interessa dare delle risposte a queste domande, ma cercare di capire quale necessità, quale esigenza interiore spinga l’uomo a spingersi così oltre i suoi parametri mentali da porsi quesiti impossibili da risolvere…
Non ci poniamo come dei religiosi che difendono e perpetuano le loro convinzioni e la loro fede: la nostra posizione è quella degli studiosi di fenomeni sociali, che si verificano in determinati contesti e, che, quindi sono reali, perché appunto accadono.
Poniamo di fronte alla nostra ricerca, quindi, il presupposto dell’indagine sociologica: il fatto empirico cioè accaduto, verificatosi. Attorno a questo presupposto si cercherà di dispiegare quel gomitolo intricatissimo che conduce ad una o più interpretazioni degli oggetti e dei soggetti da noi studiati.
Oggi più che mai ci troviamo di fronte all’esigenza di qualsiasi uomo di trovare una propria strada, un contesto, degli ideali e dei valori in cui credere. Questo bisogno nasce da una sempre maggiore presa di coscienza dell’inutilità dell’azione umana spinta ormai al solo profitto. Questa società del “capitale”, annulla l’uomo nella sua essenza: lo riplasma per renderlo unicamente produttivo e allo stesso tempo unicamente distruttivo. In questo senso assistiamo ad uno strano “balletto”: nel momento in cui l’essere umano si pone come demiurgo o come un nuovo Prometeo, allo stesso tempo in una parte diversamente dislocata del globo si pone come barbaro distruttore, come vandalo di se stesso…
Questa pratica del “costruens” e del “distruens” è parte integrante della vita dell’uomo, dove convivono bene e male, facce della stessa medaglia…
Interessante è per noi verificare, quando si mostra in tutta la sua potenza, “the dark side of the moon”, la parte oscura della luna. Con questo vogliamo dire che lo studioso deve intervenire, soprattutto, nel momento in cui c’è bisogno di lui per rendere conto di avvenimenti improvvisi ed inaspettati, che portano caos e confusione in tutti i settori del vivere umano. In queste circostanze il ricercatore ha l’obbligo di trovare le cause prime di questo disagio. Ma individuare le cause scatenanti e solo il primo passo: bisogna interpretare i fatti e proporre una o più possibili soluzioni.
La sfida che le scienze sociali lanciano, oggi, al ricercatore è la più impegnativa e dura che lo scienziato sociale si è trovato ad affrontare fino ad oggi.
La lezione che ci impartisce quotidianamente la storia ci riferisce di un movimento sorto in Italia all’inizio del secolo, che si poneva come avanguardia della cultura di allora; sorto sotto il nome di “Futurismo”, che si nutriva del culto delle macchine, era infarcito del pensiero maschilista più obsoleto e che si augurava allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che i campi di grano fossero irrigati dal sangue dei soldati al fronte, perché il sangue umano era, secondo loro, il miglior concime per la terra…
Ecco, noi ci proponiamo di capire quale folle processo irrazionale abbia portato dei cosiddetti intellettuali a ragionare in tale maniera e a sostenere tali ipotesi. Questo è lo scopo del nostro impegno.
Per tornare ai nostri giorni abbiamo innumerevoli esempi di come il senso religioso si diffonda nelle più diverse forme e maniere. Nel nostro mondo: quello Occidentale dove l’edonismo è la religione che fino ad ora ha sostituito le forme classiche in cui si riversava la fede, assistiamo ad un dilagare interessante, ma allo stesso tempo preoccupante, di nuove forme di religiosità. Si sta affermando una nuova figura di credente lontana dagli stereotipi del vecchio fedele. Alla resistenza strenua che stanno imponendo le religioni tradizionali, in particolar modo il Cristianesimo e l’Islamismo, sempre più vicine da una parte al fanatismo e dall’altra alla libertà del proprio credere, si vanno sovrapponendo nuove chiese, nuovi credi, forme diverse di culto, nuovi idoli e nuovi eroi biblici. In questo marasma generale il caos regna sovrano…
Stiamo assistendo in realtà ad un “ricambio di cultura”: l’uomo ha bisogno di creare, di inventare, di agire… questi bisogni sono costitutivi della condizione umana!
Ma se fossimo giunti ai limiti della fantasia, ai limiti del pensiero?…
In questo caso l’uomo avrebbe bisogno di “ricreare”, di “reinventare”, di “reagire”…
E per far ciò l’uomo ha bisogno di “distruggere”!…
Già una volta la mente umana si è spinta troppo al di là delle sue capacità e il risultato è stato sconvolgente!
Il pensiero filosofico tedesco ancora oggi resta il limite invalicabile della speculazione filosofica del pensiero umano. La sua degenerazione e le sue manipolazioni dell’inizio del XX secolo portarono alla giustificazione della Aushless e alla Seconda Guerra Mondiale con tutto ciò che ha comportato.
Ci ritroviamo di fronte ad un altro momento decisivo, che segnerà le nostre esili esistenze.
Gli interrogativi sono: “La sete di infinito dell’uomo si placherà? Sarà possibile un altro mondo? Siamo disposti a costruire o ci poniamo, di nuovo, come distruttori?”
Questi quesiti ci accompagneranno nel nostro percorso di ricerca e solo il nostro impegno potrà essere la base per costruire un altro mondo possibile.
Magazine Cultura
L’infinita ricerca dell’infinito ovvero l’importanza delle scienze sociali e della ricerca
Creato il 05 ottobre 2010 da GiovannipaoloferrariPossono interessarti anche questi articoli :
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