Un nome al futuro
Speravo di poter scrivere qualcosina sull'attesissima Leopolda 2013 ma è semplicemente impossibile. Basta, la banalità del male ci sovrasta. Da sinistra a destra: un'interprete per sordomuti di grillina memoria; una lavagna elettronica stile prima elementare 1912 dove "semplicità", "felicità", "cuore" e "sole" si alternano poviescamente; una bici telaio vintage (non lo vedo da qui ma sicuro ha il cambio sul cannone); un tavolino di compensato con sedie da cucina anni Cinquanta; un microfono alla Frank Sinatra; un Macbook, una Vespa special che ti toglie i problemi anche se a scuola non va (in questa foto non si vede ma c'era). Sembrerebbe la mattina di Natale di un bambino viziato, ma sullo sfondo i tweets scorrono veloci, avvolti in una luce tenebra santorescamente travagliosa.
Per "dare un nome al futuro" Renzi ha raccolto tutti i più bei ricordi dei suoi genitori - i sogni di noi sciagurati figli del postumo - convogliando tutti gli affluenti dell'oceano mare del vintage su un unico palco-format. Quando un ricordo stereotipato diviene un sogno adolescenziale, lì c'è il mercato del vintage (poco importa se ha i pedali o il motore). Quando questa operazione di marketing diviene progetto politico, lì c'è Matteo Renzi. L'infinita vanità del nulla.
"A questo paese serve una rivoluzione radicale" - Matteo Renzi, 1 settembre 2013
"Perché la sinistra che non cambia si chiama destra" - Matteo Renzi, 27 ottobre 2013