La cosiddetta “tagliola” o “ghigliottina”, è uno strumento del diritto parlamentare previsto dal regolamento del Senato, consistente nel passaggio diretto al voto finale di un decreto, indipendentemente dalla fase dell’esame in cui esso si trovi.
Concepito per “snellire” e velocizzare l’ “iter legis” e già applicato (seppur di rado) in altre fasi della nostra storia repubblicana, non ha dunque nulla di illecito od amorale.
Sarà ad ogni modo interessante notare come le parole rivestano, anche in questa circostanza, un ruolo fondamentale e vincolante il dibattito mediatico, politico e collettivo. I due termini (tagliola e ghigliottina) rappresentano infatti un cappello semantico respingente, evocativo di un’idea cruenta, ferale, forte; nel caso di specie, l’immagine è quella del “taglio” del confronto democratico, della sua brusca, violenta e dispotica interruzione.
Se il “frame” utilizzato fosse diverso (ad esempio, “protocollo XX, “contingentamento”, ecc), quasi sicuramente l’opzione susciterebbe e starebbe suscitando un’indignazione più tiepida e diluita.
Ancora una volta, gioverà tornare su alcuni assunti del sociologo e politologo francese Gustave Le Bon; il ragionamento della “folla psicologica” e “midollare” tende a snodarsi attraverso immagini e concetti elementari, semplici e semplicistici, di conseguenza il richiamo ad uno strumento di morte ed offesa, incastonato nel discorso politico ed associato ad un’accusa di antidemocraticità, non potrà che determinare un effetto dirompente.