Siamo solo dèi che posseggono un mondo e ne siamo posseduti (Gibran).Posto un fatto soltanto: che l'ingenuità è affar nostro e di tutti, ne serve allora una forma non fiaccata e quanto più possibile libera dalla stupidità di un uomo piccolo, castrato da ordini e costruzioni componibili – il meccanismo perverso dei poteri condizionanti la nostra più autentica aspirazione alla vita.È per questo che è bello servirsi di un'ingenuità naturale capace di «trasformare» il reale già disposto nelle forme di lassismo, violenza, e precarietà, in una (s)proporzione che sappia riscrivere ora una grandezza antica e moderna assieme. L'ingenuo, diciamo pure LE MAT, posto all'ombra della ragione dominante, si rivela intrinsecamente generativo, creativo. Avanti quei modelli (di pensiero, sociali e familiari, di consumo e organizzazione del lavoro) che altri invece subiscono per timor di perdere se stessi. Alejandro Jodoroswky suggerisce che: “Chi non cerca se stesso, crede che i propri limiti siano il suo vero essere.” Quell'essere è il Sacro racconto mito-poetico, di archetipi profondi nei quali ritrovarsi – dopo una feconda indagine interiore – ad un tempo pienamente se stessi, e di nuovo in atto di mutamento.
Questo incessante movimento ci fa essere ignoranti (come coglierlo del resto? “Nessuno mai può bagnarsi due volte nello stesso fiume", diceva Eraclito) e costitutivamente in-genui proprio in riferimento alla grandezza mito-logica, non stupidi! Per questo non si può dire d'esser grandi semplicemente rivendicando nobiltà di spirito e acume di ingegno quali motivi di un'appartenenza certa e consolidata, ma ad essi, ai «grandi», ci rifaremo come nuova proposta per affinar «Giudizio»: quello vero, gaio, possibile sul territorio delle possibilità da mantenere e ripensare assieme.L'ingegno dei Tarot è dunque il frutto di quell'in-sistenza proverbiale, a cui il dialogo filosofico corrisponde sempre nei termini di un inter-esse e reciproco favore: nulla per la mia comprensione, che non sia per altri. Lo disse proprio Buddha, “colui che sa”.Dunque, non io son più grande d'una formica, o più meritevole di riposo dell'ape operaia! Son io con l'ape e la formica, monna volpe le ranocchie e il topo, vale a dire un piccol mondo - tra la fiaba il mito Sacro e il sogno inventato - fatto a mille e più «sensazioni» (ecco la vera attitudine del Pensiero Tarot!), delle quali non si tratta poi di definirne i contorni, bensì MOLTEPLICARNE LE INTENSITÀ. Con la speranza che siano essi molti e differenti; e di essi cento, e mille ancora.
L'ingenuo di Jorge Luis Borges
Ogni aurora (ci dicono) congegna meravigliecapaci di piegare la sorte più ostinata;ci sono impronte d'uomo sul suolo della lunae l'insonnia devasta i secoli e le miglia.Nell'azzurro incubi condivisiche ci anneriscono il giorno. Al mondo non esistecosa che non sia altra, o contraria, o nessuna.Io mi stupisco solo delle sorprese semplici.Mi inquieta che una chiave possa aprire una porta,che la mia mano sia qualcosa di reale,mi inquieta che del greco l'eleatica saettafulminea non raggiunga la meta irraggiungibile,che la spada crudele possa anche essere bella,che la rosa abbia un profumo di rosa.