Magazine Rugby
L'Inghilterra libera, rude e bella atterra la Scozia volante
Creato il 03 febbraio 2013 da RightrugbySix Nations - Twickenham, 2 February 2013, 16:00 local,
England 38 - 18 Scotland
A Twickenham vediamo lo stesso numero di mete del Millennium, sei (divertente questa prima giornata di Sei Nazioni!), solo distribuite diversamente; quattro a due per i padroni di casa invece del tre e a tre delle celtiche. Difatti la partita è a senso quasi unico e il punteggio finale è pesante: sono venti i punti di differenza finale a favore dei detentori confermati della Calcutta Cup, come Irlanda - Galles ridotta al primo tempo.
A differenza del Millennium, sotto il profilo del controllo della partita e dell'iniziativa a Londra in campo c'è stata una sola squadra in ambedue i tempi, interrotta per due, tre volte da ripartenze ficcanti, irriverenti e dirompenti degli ospiti.
Gli scozzesi difatti marcano una meta di contropiede a inizio gara e una similare alla fine e concretizzano le altre due incursioni - tante sono - coi piazzati. Colpisce l'autentico ribaltamento d'atteggiamento scozzese con la nuova gestione Johnson rispetto alla precedente: sarà che a Twickenham non si scherza e l'Italia lo sa bene, ma siamo passati dal gioco espansivo a tutti i costi, incentrato sul più sterile dei focus nel possesso al puro giocate voi, noi stiamo dietro le barricate, facciamo calci lunghi e contropiedi alla Nereo Rocco. Forse Andy Robinson è lì che rosica: se avesse avuto lui due ali e un estremo come quelli capitati a Scott Johnson, ideali per finalizzare la mole immensa di gioco che imponeva, forse sarebbe ancora lì ...
La partita trova le sue linee guida sin dall'inizio: prevalenza della fanteria corazzata inglese a percuotere un attenta e ben organizzata difesa scozzese, il tutto come sempre orchestrato da Ben Youngs ma eseguito dal pack, in particolare dall'apriscatole Ben Morgan; quando la palla arriva dietro, cercano sintonie i due centri Barritt e il debuttante Twelvetrees, inizialmente con qualche errore ma via via sempre meglio: l'assenza del "faso tuto mi" Tuilagi ( e lo faso sempre uguale, dritto per dritto), dà più spazi agli altri e quindi anche una certa diversity alle azioni d'attacco inglesi fuor di pack. Asthon per esempio pare rinato, è tornato finalmente a cercar ovali in mezzo. Almeno inizialmente comunque prevale l'attenzione difensiva scozzese ma gli inglesi hanno l'arma letale: il piede di Owen Farrell, suoi i primi 3 punti a coronare il primo possesso della partita.
Arma letale che, lo ricordiamo bene noi italiani, consente ai padroni di casa di non far troppi drammi in caso di di qualche distrazione e concessione.
Càpita attorno al decimo minuto: l'estremo scozzese 20enne con la faccia da veterano Stuart Hogg recupera palla su una touche non trovata dagli inglesi, carica dai suoi ventidue sul lato destro, rompe il primo placcaggio, sfrutta il sostegno amico, vien fermato a pochi passi dalla meta; il sostegno è lì puntuale a far la ruck, Laidlaw manda l'ala Sean Maitland sul lato chiuso, lo serve in due contro uno ed è meta al debutto per il neozelandese-scozzese. E' 3-5 alla prima palla in mano, un'esecuzione perfetta di un game plan studiato per infilare squadre troppo sbilanciate in avanti.
Robe perlomeno da far grattare la testa, invece gli inglesi sanno di avere l'arma per sistemare anche questo: è come detto il piede di Farrell, ideale compensazione delle bòtte che gli avanti e anche i trequarti vanno a cercarsi nel cuore della presidiata linea difensiva Blue Navy. Di fatto l'apertura riporta in testa i suoi dopo nemmeno un minuto e al quarto d'ora è 9-5 quando Denton rimpiazza Strockhosh in terza linea. Al 18' tocca a Laidlaw marcare dalla distanza (efficaci gli scozzesi nei pochi possessi che gli restano) ed è 9-8.
Dàlle e dàlle però, anche la più perfetta delle linee difensive non può fermar tutto (è questo il problema di difendersi e basta, signor Dondi, non quello delle energie, ne vengono consumate uguali o forse di più attaccando: è che prima o poi chi è abituato a maneggiar ovali non saponette e quindi rimane lucido, il varco lo trova). Alla mezz'ora Marler poi Barrit incidono arrivando a pochi passi dalla meta sotto i pali, Youngs apre a sinistra saltando un uomo fino ad Ashton, il quale nemmeno guarda al largo dove avrebbero soprannumero ma fionda il suo fisico in sfondamento, si allunga e marca la prima meta inglese. Come si diceva poc'anzi, l'assenza di Tuilagi in mezzo, pare aprire spazi e voglie per tutti gli altri.
Con la trasformazione è 16-8 alla mezz'ora, la partita inizia ad essere domata dai Bianchi di Lancaster (sia per l'allenatore che per la rosa). Dopo qualche minuto Farrell piazza dalla distanza, sicuro come sempre, per il 19-8. Nel finale del primo tempo gli scozzesi gestiscono come al solito molto bene uno dei pochi possessi, stavolta originato dal risorto John Beattie che caracolla a metà campo mulinando l'ovale a una mano; alla fine si procurano un penalty che Laidlaw piazza per il 19-11 all'intervallo, appena sopra il break. Sarebbero efficaci gli scozzesi, anche il non certo scintillante Ruaridh Jackson all'apertura sbaglia poco; solo che han deciso che a Twickenham non vale la pena di essere attivi nel cercarsi i possessi, quindi son calci lunghi, pedalare e serrare i ranghi. Come del resto facevano i loro avi, quando andavano a conquistare il Globo per conto inglese al suono delle cornamuse.
Il secondo tempo inizia col bulldog che vuol chiuderla al più presto: immediata pressione in avanzamento tutta potenza al centro con Robshaw, l'azione va a sinistra, di nuovo al centro ancora con Robshaw ad abbassare il testone, poi si sposta a destra sempre a ridosso della linea di meta scozzese con Ben Morgan, fino a quando il taglio e la potenza del debuttante Twelvetrees trovano la strada per una meritata seconda meta; l'arbitro Rolland tralascia che il lancio di Young è probabilmente in avanti e "premia l'azione" (partita facile da arbitrare oggi, i rapporti di forza anche in mischia sono chiari e chi si difende non fa il furbetto). Tant'è, Farrell non sbaglia manco questa trasformazione ed è 26-11, ora sì che la partita è segnata.
Il bulldog non si ferma lì: al 51' ancora Barritt arriva quasi in meta (meriterebbe il Man of the Match, mi sa che con Ashton è quello che meno farà il tifo per il rientro di Tuilagi), Lanchbury appoggia l'ovale sulla linea prendendolo dalle sue mani ma Rolland annulla per una presa alta precedente di Tom Youngs. Poco male, all'azione successiva il break di Ben Youngs scardina la difesa, la palla arriva a Farrell che apre superbo e lunghissimo a scavalcare sulla estrema sinistra dove il lungagnone Parling, il compagno di reparto di Lanchbury, anticipa l'ala Brown e marca la terza meta. Stavolta Farrell sbaglia la trasformazione -- è umano anche lui - ma al 54' siamo pur sempre 31-11.
Deve arrivare il 70' per avere contezza che i 15 scozzesi in campo non sono solo dei linebacker schierati da un defensive coordinator della NFL (Tim Visser ad esempio, fa il cornerback per tutta la partita) ma ogni tanto sono anche autorizzati a puntare alla metà campo avversaria. L'azione è simile a quella della meta del primo tempo, stavolta è Denton a lanciare la ripartenza, la palla perviene a Maitland lanciato sulla destra che calcia lungo, il più veloce di tutti è Hogg che ricalcia con la forza e l'angolo giusti per far arrivare l'ovale in meta e lui sopra a schiacciare.
E' 31-18 ma non è finita, in campo mica ci sono gli irlandesi: Lancaster sta instillando un po' di sana concorrenza interna, i rincalzi non ci stanno a fare i vice e ci tengono a mettersi in mostra, gente come Flood, Harley ... Haskell si da un gran daffare come ball carrier e al 77' arriva quasi in meta ma commette tenuto; ci pensa Danny Care a sgusciare all'ultimo minuto da dietro una ruck per marcare la quarta meta, quasi a voler rimarcare che gli inglesi son già pronti a passare al sistema dei bonus ...
E' stata una bella risposta al "boring" rivolto da un ex allenatore scozzese al gioco mostrato sinora dal XV di Lancaster, pur senza stravolgerne le notorie linee guida di massima, a partire dalla "trazione anteriore" (e Youngs in mediana si giustifica alla perfezione in tale contesto, col suo pedigree Tigers); sicuramente lo staff ha sciolto un po' di briglie tattiche a gente come Ashton e come sottolineato, forse l'assenza del risolvi-problemi Tuilagi ha aperto spazi a tutti quelli cui non fa paura andarsi a cercare le bòtte in mezzo (qui infatti l'unico gallese e Ben Morgan, il re dei ball carrier). Interessante anche l'esperimento Michael Brown all'ala, anche se gli automatismi e la divisione del lavoro con Alex Goode sono ancora da perfezionare. Due talentuosi in fondo, forse era da qui che Lancaster s'attendeva la fine del solito gioco "boring"; invece è arrivata "stappando" il lavandino in mezzo. Un commentatore ha notato che forse l'aspetto più allarmante - per gli avversari - rivelato da questa partita, sia che la grinta e la fame si vadano estendendo contagiosamente dall'occhio alla Cracco di Lancaster a tutti, giù fino al 23' uomo.
La Scozia esce da Twickenham con le pive nel sacco, ma occhio a sottovalutarli: mai vista una Scozia così dannatamente efficiente, capace di trasformare in punti praticamente tutte le poche palle che ha avuto a disposizione. Quel triangolo allargato lì del resto, Maitland - Visser- Hogg, è di livello mondiale. Dato che ovviamente in casa dovran farsi più intraprendenti, se Johnson riesce a mantenere questa efficacia e alza work rate offensivo e iniziativa beh, saran dolori per chi si avventuri prossimamente al Murrayfield.
Si, stiamo parlando degli obiettivi italiani: provarci sempre beninteso, ma vincerne due par dura come il ferro ques'tanno, a meno di miracoli sempre benvenuti, a partire da oggi tra qualche ora; forse però sarà realisticamente meglio puntar tutto sul Galles in casa.
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