By Maricia
Bambole dagli occhi grandi, tricicli, palloncini, giocattoli sono tutte figure legate all’immaginario della nostra ingenua e tenera infanzia, ma chi di noi non ha mai provato un brivido, da piccolo, ascoltando il racconto di una favola?
O, da adolescente, ha girato il proprio pupazzo preferito di spalle per non incrociarne lo sguardo una volta spenta la luce?
Probabilmente, infatti, certe storie possono essere ascoltate solo dalle orecchie di un bambino, a cuor leggero, ma nonostante tutto, con il passare degli anni, sfogliando un libro di Stephen King o guardando un film dell’orrore, cercheremo, ritrovandola, proprio la stessa inquietudine, ipnotica e attraente, che ci spingeva a chiedere a nostra madre, una volta che il cavaliere era giunto di fronte all’orrido mostro di turno: “Dai, ti prego continua…”
La stessa irrequietezza, lo stesso brivido invadente mille volte reclamato da bambini, lo ritroverete sulla vostra pelle, qualsiasi età abbiate, alla vista delle opere di Mark Ryden, esponente di uno dei più importanti movimenti del panorama artistico contemporaneo: il pop surrealismo.
Pittore americano, idolatrato da moltissime celebrità, tra le quali l’attore Leonardo Di Caprio che gli ha persino commissionato un ritratto, Mark Ryden non si limita semplicemente ad evocare nei suoi lavori i personaggi che popolavano i nostri fantastici sogni, ma, senza un apparente correlazione logica, sposa loro immagini religiose e mistiche, così come spesso è facile incrociare tra gli sguardi dei suoi personaggi quello di Abraham Lincoln, una vera e propria sorta di angosciosa costante.
D’altronde non ci si potrebbe aspettare di meno da un’artista che considera come sua musa ispiratrice, accanto a Cristina Ricci, la sua Magic Monkey, icona che custodisce gelosamente nel suo studio e che ha persino accusato di dipingere al suo posto.
Le bambole di Mark accompagnano lo spettatore, prendendolo per mano e cantando un ritornello stridente, su una giostra perversa, macabra e blasfema, dalla quale, come sotto ipnosi, è impossibile scendere.Soggiogati da questi incastri ambigui e straordinari, nel mondo onirico del pittore non ci si può che perdere nello stesso modo e con la stesse ansie dei personaggi delle fiabe più spaventose.
Trascinati in un universo candido e terribile, lo sguardo viene catturato da immagini apparentemente incoerenti e, come in un sogno dal quale ci si sveglia storditi cercando una motivazione logica dei giochi che ha appena compiuto la nostra mente, i suoi dipinti ci spingono a chiederci quale sia il legame esistente in ciò che abbiamo appena guardato.
Commette un errore però, chi cerca di individuare una precisa spiegazione dei suoi lavori, Ryden, infatti, ha spiegato che non intende assolutamente definire la sua arte come un mezzo:
“La vita è misteriosa e affascinante. Voglio che i miei quadri posseggano lo stesso sentimento di mistero. Piuttosto che raccontare alla gente cosa ho messo nella mia arte, preferirei che loro stessi provassero ad interpretarne il contenuto. L’obiettivo dei quadri è quello di essere un catalizzatore di meraviglia e scoperta piuttosto che essere un veicolo per comunicare una specifica idea.”
E, in questa veste, il suo talento si è prestato anche a progetti alternativi: portano la sua firma infatti, molteplici copertine di famosi album, tra le quali, forse la più ricordata è quella di “Dangerous” di Michael Jackson.
Dipinti prevalentemente la notte, periodo prediletto dall’artista, momento in cui i suoi più reconditi pensieri lo vengono a cercare, i suoi lavori sono stati sovente presentati come veri e propri cicli aventi ad oggetto un tema preponderante: i conigli e le api (Bunnies and Bee), gli alberi (The tree show), le creature della neve (The snow yak show), il sangue (Blood) e la carne (The meat show).
Proprio quest’ultima tematica è forse la più conosciuta dal pubblico, Ryden, in proposito ha spiegato che dipingendo la carne, non ha mai inteso lanciare messaggi che incitassero al vegetarianismo ma, molto più semplicemente e senza un preciso movente, una misteriosa sera fu proprio un piccolo Lincoln a sussurrargli all’orecchio, appollaiatosi sulla sua spalla “Forza dipingi una bistecca“.
Solleticando la sfrontatezza e la perversione del bambino che si nasconde all’ombra della nostra età anagrafica Mark Ryden ci rivela le sue divertenti e morbose ossessioni, non mancando mai di stupirci.
Ed è dunque con questa infantile impudenza che quest’artista ci conduce nel suo circo magico e raccapricciante, mostrandoci sempre uno spettacolo tanto insolito quanto straordinario.
Di Maricia Dazzi per The Freak
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