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Al Festival di Roma il film di Pasquale Scimeca che racconta la storia del missionario laico palermitano Biagio Conte
«Prima avevo tutto e non ero mai contento. Ora non ho niente e sono contento». È questa la frase chiave, quella che descrive Biagio Conte, palermitano, oggi cinquantenne, ma che a venticinque anni lascia tutto, gli agi di una famiglia benestante, un lavoro sicuro, le distrazioni di un mondo divorato da materialismo e consumismo, che emargina chi non ha mezzi o non ce la fa, per seguire una strada diversa. Sono anche gli anni della Palermo insanguinata e offesa dalla mafia, una città sofferente e impaurita, senza speranza. È inquieto Biagio. Si rifugia sui monti, per cercare nella solitudine un senso alla sua esistenza. La sua è però un’inquietudine ancora senza radici, ma che via via trova una sua luce. Nei boschi, a contatto con una natura selvaggia, amica e allo stesso tempo ostile, Biagio cerca la sua via. All’inizio vuole solo liberarsi dai legacci di una società opprimente con la quale non vuole scendere a compromessi. Ma poi, affascinato dalla figura di San Francesco, si mette in cammino verso Assisi: un pellegrinaggio solitario, sostenuto dalle sole elemosine, che lo avvicina a quel Dio dal quale sente di essere stato chiamato ma che non riesce a comprendere. Ad Assisi il giovane trova le risposte alle sue inquietudini, alla ricerca di senso, alle incertezze della sua fede. Torna quindi a Palermo. Ha fatto la sua scelta. Nella sua città, come missionario laico fra Biagio si dedica ai poveri, ai barboni che affollano la stazione. Vive come uno di loro, li chiama fratelli e se ne prende cura. E con il sostegno di altre persone fonda la Missione di Speranza e Carità, divenuta negli anni punto di riferimento per centinaia di persone. A quest’uomo sicuramente controcorrente Pasquale Scimeca, regista sensibile ai temi sociali e alle parabole umane, ha dedicato un film, Biagio, presentato venerdì al festival di Roma. Una pellicola essenziale, interpretata con bravura da Marcello Mazzarella, che senza inutile enfasi ricostruisce il tormento interiore di quest’uomo, la sua ricerca di Dio e di qualcosa che scaldasse la sua esistenza. E che ha il merito di far riflettere su come ancora oggi ci sia spazio per scelte radicali capaci di cambiare almeno in parte il mondo, toccando le persone. «Io , purtroppo, non ho ancora il dono della fede — dice Scimeca — ma una cosa è certa: i giorni passati alla Missione in compagnia di Biagio hanno cambiato la mia vita». (gaetano vallini)
(©L'Osservatore Romano – 26 ottobre 2014)
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