Il mondiale è appena finito e già abbiamo la testa nel pallone. Quello che una volta veniva chiamato “calcio d’agosto” si è già messo in moto da almeno una settimana e agosto non è ancora arrivato. Il “calcio d’agosto” non ha mai contato un piffero, anche da quando è diventato di lusso, coi grandi club impegnati a fare un po’ di circo in giro per il mondo, però intanto gli echi di queste partite fasulle perseguitano anche chi non ne vuole sapere un bel nulla. Poi c’è il vero grande circo del calciomercato, verso il quale ormai, a forza di gossip, un esercito isterico di tifosi malati riversa la sua passione ancor più che verso il calcio giocato. Poi ci sarà la “Supercoppa” nazionale, che si chiama così perché è una coppetta senza prestigio, uno squallido prodotto di quella recente inflazione di trofei posticci che ci ha regalato, per esempio, la Confederations Cup. Cosicché anche quest’anno arriveremo alla prima di campionato sfiancati da tutto questo vano affanno. In un certo senso sembra di rivivere l’atmosfera surreale propria oggigiorno del mondo del lavoro, e soprattutto di certe professioni, dove si passa metà della giornata ad “ottemperare” faticosamente alle cavillose liturgie di una realtà fittizia fatta di carte che rimandano a carte che rimandano a carte che anche in caso di percorso netto non garantiscono un bel nulla, nella migliore tradizione delle tautologie burocratiche. In questo quadro disperato, in questo stressante nulla, l’unica boccata d’aria fresca è arrivata dal verace candidato N. 1 alla presidenza della Fgci, il plebeo Tavecchio. Alt! Lo so: la sua è stata una scorreggia. Ma diciamolo: almeno si è sentito il profumo della vita vera!
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