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L’insostenibile leggerezza del turismo: resoconto di una domenica al mare

Creato il 23 agosto 2010 da Cultura Salentina

 

Tempo fa un’amica settentrionale mi disse: “Beati voi (salentini) che avete il mare a pochi chilometri, noi qui abbiamo solo il Seveso e le pantegane”. Forti di questa manna dal cielo, ieri mattina, dopo un giro di telefonate nel tentativo vano di prenotare un ombrellone con spiaggine presso qualche lido, zaini in spalla, abbiamo deciso di trascorrere comunque l’ultimo giorno di ferie sulla costa compresa fra S. Isidoro e Santa Caterina, giusto per cambiare versante e salvarsi dalla tramontana battente, che ha sconvolto spiagge e piani vacanzieri sull’Adriatico.

L’insostenibile leggerezza del turismo: resoconto di una domenica al mare

Ph. di Gianfranco Budano

La litoranea è intasata: sarà l’ora di punta o la giornata caldissima, una colonna di macchine ci costringe ad avanzare a passo d’uomo; quasi un’ora per andare da Lecce a S. Caterina, poi la ricerca affannosa di un parcheggio a incastro e infine la discesa al mare.

 

Lo sguardo cade dapprima sul polmone verde che fronteggia la costiera: famiglie in camper e con bambini al seguito, si allestiscono freneticamente picnic nella pineta, scaricando cibarie di ogni genere in tegami di alluminio che ricordano gli anni Cinquanta dell’Istituto Luce, o fors’anche gli sberleffi e le battute di Franco Neri, sulla cucina calabra. Tutte queste anime così intente nel daffare di un giorno di vacanza sembrano tante formichine colorate che invadono ogni angolo della pineta.

Dall’altro lato della strada, gli scogli a picco sul mare si presentano come una distesa di pelle umana, un carnaio colorato dai costumi da bagno e da asciugamani e sedie posizionate in equilibrio sugli spuntoni di roccia dalle forme aguzze.

Tra la gente abbarbicata come caprette sui cumuli diroccati di Nuraghi sardi, qualcuno è risuscito a piantare l’ombrellone e ora siede orgoglioso, ma certamente non comodo, in qualche centimetro di superficie, faticosamente conquistato (forse all’alba?), come Nichole Kidman e Tom Cruise in Cuori ribelli.

Scendendo ancora più giù con lo sguardo, i pochi anfratti che consentono di immergersi in acqua, con non poca difficoltà, nascondono un’altra grossa porzione di umanità, che parla lingue diverse, accenti di certo non nostrani, che sottolineano come questa terra sia di tutti meno che dei salentini, da quando il turismo è esploso senza volerlo e senza pianificazione alcuna.

Riprendiamo gli zaini, per non saper dove poggiarli in un angolo di Cina in cui siamo di troppo, e risaliamo in macchina, pensando che, dopo mezzogiorno, la gente vada via e quindi forse un posticino verso Porto Cesareo-Torre Lapillo potrebbe essersi liberato.

Anche stavolta i conti non tornano: la litoranea è ancora intasata, i lidi strabordano di macchine, sedie e gente; le spiagge libere sono recinti per buoi di qualche metro quadro fra un lido privato e l’altro, dove la gente ha piantato due ombrelloni nello stesso buco, a mo’ di fascio di fiori, senza poter stendere l’asciugamano, per non dover dividere anche quello, oltre all’aria, con un vicino, tanto vicino da essere ormai un contatto. Anche qui lingue diverse, accenti differenti e tanta tanta difficoltà di godersi un po’ di silenzio e lo splendido mare cristallino.

Il turismo, si sà, di solito è una buona cosa: ci guadagnano albergatori, affittacamere, commercianti, attività enogastronomiche e ovviamente, le casse del locale governo, ma… In tutte le cose c’è sempre un ma: i residenti patiscono i disagi legati al caro vita e alla logistica, e chi è fuori dall’indotto turistico si gode la spazzatura e la mancanza di relax, l’assenza totale di uno spazio in cui rigenerarsi, dopo aver pagato le tasse e dopo aver fatto manutenzione alla casa per tutto l’anno in attesa di agosto.

Oggi, senza razzismo alcuno, ma solo per una snervante constatazione dell’insostenibile leggerezza con cui si acclama al turismo sfrenato, verrebbe da dire: mai più ferie d’agosto e guai a chi dice “rilanciamo il turismo nel Salento”! La nota accoglienza salentina rischia di sfrattare i salentini e forse urge una coscienza del territorio e una sua improcrastinabile tutela, prima che scompaiano le dune, trasformate ormai in grandi parcheggi, e prima che si deturpino pinete e scogliere con l’ennesimo tentativo di antropizzazione esasperata.

 


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