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L’insostenibile leggerezza dell’essere (nerd)

Creato il 08 febbraio 2014 da Abattoir

Nell’agosto 1994 il professor Gerald Sussman del MIT di Boston pronuncia uno dei primi discorsi relativi al cosiddetto “orgoglio nerd”: «È giusto essere intellettuali e voglio che ogni bambino diventi un nerd [...] per studiare, per imparare e comprendere il predominio sociale» (Gerald Sussman, citato da Katie Hafner, New York Times del 29 agosto 1994).

Lo stereotipo dell’intellettuale negli anni è notevolmente cambiato. Si potrebbe forse affermare che i nerd rappresentano la nuova generazione di intellettuali (o intellettualoidi) che con prepotenza (e arroganza forse) rispecchiano una vasta gamma di tipologie di individui che hanno preso coscienza della società in cui vivono o nella quale (ahimè) sopravvivono. Essere coscienti della realtà che ci circonda oggi è forse un limite (o un paradosso), è forse la cosa più difficile da mandar giù di questi tempi.
Con il tempo quindi gli smanettoni e i secchioni hanno perso la vecchia concezione dispregiativa nata negli anni ’50 fino ad arrivare ai giorni nostri, ai nerd 2.0 e oltre. Infatti lo stereotipo comprendeva quei personaggi asociali, borderliner delle cerchie sociali più in vista, più popolari, dei college americani. L’immagine collettiva li considerava vestiti come i loro nonni, soggetti che si isolavano per via delle loro conoscenze e dei loro interessi strani. Forse si erano resi conto che essere popolari voleva dire scendere a compromessi con la propria intelligenza. All’origine dunque il nerd era goffo e sprovveduto, portava occhialoni neri che nascondevano le occhiaie, era generalmente un uomo e studiava molto, o forse era solo molto curioso.

Con l’era digitale questi individui sono stati i primi ad appassionarsi alle macchine (digitali), e per primi hanno creato delle vere e proprie comunità virtuali, dove finalmente potevano godere delle loro regole, potevano esprimersi con il loro slag, con i loro interessi, con il loro pungente sarcasmo. Oltre a condividere esperienze e conoscenze, i nerd cambiano il loro posto nella società perché la società, che prima li aveva esiliati ed umiliati, è rimasta indietro rispetto a loro. Esiste una filosofia nerd che nel tempo ha sviluppato una forte predominanza iconografica e concettuale.
Da Woody Allen passando per Bill Gates, le nuove connotazioni positive del termine coniato negli USA oggi sono indice di successo finanziario. E, anche se non volete ammetterlo, persino l’affascinante Steve Jobs ha avuto i suoi passati hippie nerd prima di diventare il manager di successo, vendicativo con i suoi dipendenti e maniacale nei suoi atteggiamenti, forse per riscattarsi da un passato anti-cool che lo ha visto protagonista come uno dei più grandi rivoluzionari della storia contemporanea.

Nel 1984 esce La rivincita dei nerd un film che può tranquillamente essere considerato come l’anti-Animal House dove i nerd non appaiono accanto a John Belushi perché sono negli scantinati dove, anziché bere e guardare seducenti ragazzine in gonnella, stanno smanettando su trenini elettrici e modellini del sistema solare.
Forse è proprio quello che Sussman voleva dire nel suo discorso. E cioè non l’avvento di nuovi personaggi buffi e mollacchioni alla mercé del bulletto di turno, ma una nuova classe dirigente che possa avere coscienza della propria capacità cognitiva e che sia capace di sfruttarla: usate la (vostra) forza, il resto è solo effimero, il resto è solo distrazione di massa. La moda e gli stereotipi contemporanei che basano la loro essenza su “tutto qui e ora”!

Come gli intellettuali di Kundera, persi tra “ciò che si verifica una volta sola” (Einmal) e “ciò che non accadrà mai” (Keinmal), in sospeso tra l’immanente e l’irraggiungibile.
Consapevoli della propria consapevolezza i nerd sono a tutti gli effetti i nuovi intellettuali, strafatti di acido come Steve Jobs dentro uno scantinato a montare scatolette di fili elettrici, oppure dietro una macchina presa a esaltare la sfiga come Woody Allen: sono loro che hanno una diversa e attenta visione del mondo, generalmente critica e pessimistica. Sono proprio le scelte che uno compie nell’arco della propria vita che creano il paradosso nel rintracciare un significato. Vale la pena sacrificare l’istante (di piacere) in cui viviamo per un futuro che non ci apparterrà mai?

Riconsiderare positivamente questa impostazione di lettura della realtà da un punto di vista alienante altro non è che una fortuna per la società. La riscoperta del fumetto e quindi della lettura, l’aumento del livello culturale anche in alcune serie televisive e in generale in una certa cultura di massa, non può che essere un fattore positivo per l’umanità intera. E molto si deve proprio al nuovo ruolo imposto ai nerd nella società attuale.
È naturale che il processo di riconsiderazione è stato recepito anche in questo caso come una moda, come un trend. Vestirsi come Woody Allen non vuol dire essere Woody Allen. Ma il solo fatto che apparire nerd (o hipster?) non sia più da sfigati è sintomatico. Magari puoi passare per sinistroide, per autistico.

Si complica la società, si complica la concezione del genio, dell’intellettuale (o semplicemente dell’istruito). Oggi non essere in linea con le prospettive sociali che ci sono proposte (o imposte) è un dovere morale di ognuno di noi. Essere appassionati anticonformisti nella società è un dovere etico e morale insieme. Andare oltre lo schema e oltre la consuetudine che ci viene imposta.

Pertanto continuate a osservare il mondo da dietro i vostri spessi occhiali da miope. Continuate a coprirvi invece di vestirvi. Continuate a chiedervi come funzionano le cose. Continuate ad essere nerd, intendendo con questo termine un animale postmoderno, mezzo uomo e mezzo macchina, che utilizza le memorie di massa al posto dei ricordi per espandere ancora di più la propria conoscenza. Continuate ad evolvervi soddisfacendo le vostre più infime curiosità, come il fanciulletto di Pascoli.

Fate rete, fate gruppo, uscite fuori a coinvolgere. Perché se c’è un fine comune che va oltre il paradosso del “qui e adesso” e “di un futuro che non ci apparterrà mai” è la considerazione stessa dell’essere umano ed individuo insieme. E cioè la consapevolezza che presto noi non ci saremo più, ma la nostra storia continuerà ad avere effetti sull’umanità tutta… poco prima che questa venga distrutta da una razza aliena colonizzatrice nel 2065! [JK]1

1 Abbreviazione di just kidding (“sto scherzando”) in uso nelle chat.


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