Le ginocchia abbandonate a destra sul metallo del vagone; la testa china, delicatamente appoggiata al vetro. Fuori fa già buio, gli occhi sono stanchi. Il corpo sembra dilatarsi silenzioso sulla plastica del sedile. La mano sinistra regge L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera. lo sguardo è fisso sulle righe. A vederla sembra scomoda. La voce registrata annuncia la stazione: la metro rallenta, si ferma, e continua la sua corsa. Lei inarca la schiena, raddrizza le gambe e striscia sul sedile per risollevarsi. Controlla l’ora. “Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza meravigliosa?” Arriva la mia fermata; la lascio con la testa appoggiata al vetro.
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