Jacopo da Bassano: Bracchi (Parigi)
La realtà esistente attorno a noi, spesso viene osservata con superficialità o mancanza d’informazione specifica. Se pensiamo al nostro cervello per esempio, dobbiamo considerare che esso è formato da più strati: la parte filogeneticamente più remota reagisce agli stimoli esterni istintivamente, alla stregua dei riflessi condizionati, la parte centrale che ruota intorno all’ipotalamo, presiede alla vita vegetativa, alle emozioni, alla paura ed é questa la parte che abbiamo in comune con gli altri mammiferi. Ma soltanto noi uomini possediamo la corteccia che ci regala la capacità d’astrazione, il centro della parola (area di Broca) e la capacità di usare la mano in modo tale da crearci gli organi accessori dalla ruota al computer. Io, abituato allo studio dell’anatomia comparata oltre che umana, voglio far riflettere i miei eventuali lettori, su come quel tipo di reazione istintiva che noi abbiamo nella parte più arcaica del cervello, quello che chiamiamo rettiliano, esista persino in animali inferiori come i molluschi e non soltanto nell’intelligentissimo polpo, ma persino nella cozza, quel bivalve che deve la sua sopravvivenza proprio alla sue capacità istintive che potremmo definire intelligenza della specie. L’intelligenza della specie è appunto istintiva e tale di non abbisognare di una mente che analizzi un problema per trovare una soluzione, ma programmata a reagire sempre nello stesso modo. Nel caso della cozza, essa chiude istintivamente le sue valve ogni volta che si sente in pericolo.
Ma già nel polpo esiste invece una “mente”, la capacità cioè di risolvere singolarmente un problema in modo molto diverso da quello istintivo perché analizza e decide volta per volta se mimetizzarsi, fuggire o lanciare un fiotto d’inchiostro contro un eventuale assalitore.
Rimanendo nell’ambito di questi due semplici esempi, dovremmo ora chiederci: perché la cozza ha un comportamento esclusivamente istintivo e il polpo un comportamento in parte dubitativo? La risposta è semplice ma comporta una riflessione esistenziale profonda. La natura ha fatto nei millenni evolvere le sue creature a seconda dei loro bisogni e se la cozza ancorata attraverso il bisso ad un supporto, conduce vita prudente e sedentaria, non altrimenti si può dire del polpo o della seppia che, essendo animali per lo più predatori, vanno incontro ad imprevisti e difficoltà maggiori.
Ora dobbiamo considerare come persino la definizione d’intelligenza diventi difficile perché se la si definisce semplicemente come capacità d’adattamento all’ambiente, dobbiamo altrimenti considerare come in natura esistano le intelligenze degli animali “specialisti” come la cozza perfettamente adattata all’ambiente, ma incapace di ragionamento e le intelligenze degli animali “generalisti”, capaci di risolvere numerosi problemi ma spesso più esposti all’estinzione. Insomma il cervello fatto a spillo degli insetti è forse quello che meglio si adatta a sopravvivere alle avversità e cambiamenti ambientali, ma non per questo possiamo dire che gli insetti siano più intelligenti di un cavallo o di una balena. La cozza che ha una “intelligenza” di tipo specialistico e, pur essendo capace di doppia respirazione, di sopportare grandi sbalzi di temperature e di isolarsi dal mondo circostante, reagisce sempre allo stesso modo ad un pericolo, perché possiede solo l’intelligenza della specie. Un topo invece come uno scarafaggio e specie similari, sono animali generalisti che devono di volta in volta inventarsi un sistema di sopravvivenza entrando in competizione con le altre intelligenze. Se vogliamo definire l’intelligenza come adattamento alle mutate condizioni ambientali, allora vedremo come i generalisti, di cui fa parte l’uomo, siano apparentemente avvantaggiati perché sapranno mutare le loro reazioni in relazione all’ambiente mutato, cosa che gli specialisti, sprovvisti di una mente pensante, non sapranno mai fare. Eppure non è tutto così semplice, tanto che esiste una branca dell’etologia, la cosiddetta Etologia cognitiva, che si occupa proprio di questi problemi. Per spiegare la differenza tra l’ intelligenza specialistica e quella generalista, gli etologi sono soliti fare un semplice esempio.
Essi ci descrivono il diverso comportamento di un moscone ed un gatto. Un moscone non riuscirà mai ad uscire da una stanza dove sia entrato per caso continuando a ronzare e sbattere contro i vetri pur se gli abbiamo aperto la finestra. Questo accade perché egli non ha un cervello tale da riuscire ad immaginare se stesso nello spazio e quindi predisporre un itinerario da seguire. Non ha quella che si definisce “palestra mentale” cioè una mente capace di immaginare un’azione che potrebbe decidere di compiere per risolvere un problema.
Ben diversamente reagisce un gatto il quale, se attratto da un bocconcino prelibato che venga fatto scorrere sotto un improvviso ostacolo, per esempio delle lastre di vetro trasparente, nel termine di un minuto è capace di fabbricare una mappa del percorso che dovrà fare se vorrà raggiungere la sua preda. Il gatto è capace di fare il “detour”, cioè è capace di aggirare l’ostacolo, di risolvere il problema., il moscone no.
Ma non tragga in inganno la mole dell’animale o la sua appartenenza alla classe dei mammiferi. L’ape per esempio, come pure il polpo, sanno entrambi fare il detour, hanno entrambi una palestra mentale capace di immaginare se stessi proiettati nello spazio.
L’ape in particolare, ci sbalordisce con le sue capacità di segnalare alle sue simili la latitudine e longitudine esatta di un luogo dove trovare il cibo, con la sua strabiliante “danza dell’otto” come ha dimostrato il grande etologo Karl Ritter von Frisch .
Passeggiando virtualmente nel mondo della natura in un viaggio veramente affascinante, potremo imbatterci nella grande intelligenza dei corvi nel mondo degli uccelli, degli scimpanzè nel mondo dei primati o dei delfini nel mondo dei mammiferi, animali dotati di diverse forme d’intelligenza, ma tutti capaci di fare il detour, tutti cioè capaci di pensare ed intuire la soluzione esatta con la sola forza del pensiero.
Ma com’è possibile che forme viventi così diverse e lontane filogeneticamente fra loro abbiano tutti una “mente” capace di fare quest’esercizio? Ecco. Entriamo nel campo della Convergenza evolutiva, cioè la capacità di risolvere lo stesso problema attraverso strade molto diverse.
Esempi tipici li troviamo nei pesci e nei delfini che, dovendo risolvere il problema di muoversi rapidamente nell’acqua, hanno costruito una pinna caudale ma il delfino attraverso una piega cutanea del suo dorso, i pesci, altrimenti detti teleostei, attraverso una vera struttura ossea. Essi hanno cioè organi analoghi che svolgono la stessa funzione pur essendo strutturalmente diversi.
Questi organo si differenziano dagli organi omologhi, che hanno invece stessa origine, ma possono avere funzioni diverse. Per esempio le ali di un pipistrello, che è un mammifero, pur avendo una struttura di base simile agli arti superiore dei mammiferi compreso l’uomo, svolge la stessa funzione dell’ala di un uccello che ha un’origine completamente diversa..
In ultima analisi diciamo che la natura può seguire più strade per risolvere lo stesso problema e questo vale anche per il cervello, per la mente di cui sono dotati molti animali. La risonanza magnetica funzionale oggi ci consente di distinguere anche in neurologia comparata, la differenza tra cervelli analoghi cioè svolgenti le stesse funzioni pur essendo filogeneticamente lontani e viceversa. Insomma la strada della conoscenza non si esaurisce mai e la natura continua a strabiliarci con le infinite varietà di specie viventi diversamente adattatosi all’ambiente in cui devono vivere.
Dino Licci