Orti urbani, orti sociali, orti scolastici… Cosa sta accadendo nelle nostre città?
In Italia sono sempre più numerosi i comuni che mettono a disposizione piccoli appezzamenti da assegnare per la coltivazione soprattutto a pensionati. Si tratta in genere di lotti di terreno (tra i 40 e i 65 mq.) per lo più di proprietà comunale, assegnati in comodato ai cittadini che ne fanno richiesta e che li coltivano per consumi familiari. Una passione che in Toscana coinvolge allo stesso modo uomini e donne e che piace ai giovani, considerato che è coltivata da più di uno su quattro di quelli con età compresa tra i 25 e i 34 anni. L’interesse, addirittura, aumenta con l’età e raggiunge quasi la metà degli over 65. (fonte, La Nazione, 30/09/2010)
>In Italia c’è il Parco Nord di Milano che, dagli anni Ottanta, porta avanti il sistema dei suoi orti con efficienti regolamentazioni; ci sono gli orti urbani del quartiere Falchera a Torino. A Bari, per la riqualificazione del quartiere Fesca-S. Girolamo, si parla finalmente di orti urbani. Altre Amministrazioni comunali italiane impegnate in progetti simili sono, ad esempio, Palermo, Napoli, Firenze, Pisa, Padova, Livorno, Rimini, Pesaro, Genova, Savona.
Qual è quindi il valore di un orto urbano? Prima di tutto rappresenta una preziosa opportunità per un abitante di una città di ristabilire un legame con la sua terra. Non parliamo di “richiami ancestrali”, ma di saper attribuire la giusta importanz alla salute del proprio corpo, di sapere cosa mangiamo.
Non solo, secondo Slow Food, mentre nelle campagne si è legati in modo più forte alla tradizione e si coltivano determinate specie e varietà, in città c’è anche una maggiore possibilità (già messa in atto, del resto, in molti orti urbani) di coltivare specie e varietà diverse, provenienti anche da altri Paesi con la conseguenza non solo di incrementare l’agro-biodiversità ma di favorire anche un scambio culturale, una integrazione culturale (Focus, Gennaio 2011).
Fonte: http://www.earthcare.it/