L'intervista di Viaggi Culinari: Ivan, un poeta a Masterchef

Da Ilviaggiatore
Trentacinquenne di Comiso, sguardo curioso, dialetto marcato, con una laurea in scienze politiche in tasca, Ivan è arrivato ad un passo dalla finalissima della seconda edizione italiana di Masterchef, che consacrerà il migliore aspirante chef tra migliaia di partecipanti.
- Siciliano doc, accento inconfondibile,  animo sensibile,  autoironico,  per niente calcolatore:
ti riconosci in queste caratteristiche?
Decisamente si, hai usato aggettivi che in un certo modo mi identificano. Non è facile andare avanti nella vita con queste caratteristiche , pare che oggi varrebbe più la celebre frase di Hobbes :”Homo Homini Lupus”, piuttosto che valori come quelli da cui mi sento rappresentato. La giustizia sociale, il romanticismo, l’altruismo, la collaborazione, l’amicizia e non da ultimo un certo amore per tutto ciò che si fa. La sicilianità poi è un tratto essenziale della mia persona, pazienza per la dizione. Non vorrei mai snaturarmi, basta farsi capire e noi siciliani in quello siamo bravissimi.
- Sei arrivato ad un passo dalla gran finale, cosa ti è mancato?
Mi è mancato solo un si da parte dei giudici. Lungi da me far polemica, però c’era una certa disparità di difficoltà nel piatto che ho dovuto preparare io (un piatto a base di crema di fagioli della chef Budel, con olio al prezzemolo, soppressa acidulata e schie) e quello che ha dovuto preparare Andrea (il calamaro ripieno della Signora Lidia Bastianich), non trovi? Andrea è stato comunque il più bravo ed è andata come è andata.
- Quella crema di fagioli e schie non era proprio nelle tue corde o la pressione ti ha giocato un brutto scherzo? Sbirciare da Tiziana non è stata affatto una buona idea, vero?
La prima volta che ho fatto il piatto decisamente si. L’ho completamente cannato. Colpa mia, sia chiaro, non di Tiziana. Era normale osservare il vincitore della "Mystery Box"  per carpirne i segreti e, in un piatto come quello, era essenziale. Tiziana però non ha giocato pulitissimo, c'è da dirlo, prima temporeggiava con le preparazioni, poi la frittura delle schie mi ha dato il colpo di grazia. Bisogna sempre cucinare con passione, concentrarsi sul proprio lavoro e cercare di non copiare mai, beh…almeno ho imparato la lezione.
Il tuo sogno è quello di scrivere un libro di ricette e poesie,  ci daresti un’anticipazione? Il progetto sarebbe quello, ma al momento più che un progetto è un sogno, o meglio un ambizione. Vorrei fare letteratura (si, qui lo ammetto, sono un minimo presuntuoso) e non una semplice accozzaglia di poesie e ricette. Ci vuole un Leit Motif  per il libro, qualcosa che faccia da anello di congiunzione per due mondi cosi’ apparentemente distanti, ma in realtà cosi’ incredibilmente vicini. Ci sono precedenti illustri, Montalbano con il suo “ricette immorali” o Isabel Allende con il suo “Afrodita”, stranamente in entrambi i casi l’anello di congiunzione è rappresentato dall’erotismo, dal sesso; io cerco disperatamente qualcosa di più vasto (non necessariamente casto) che faccia da collante tra il cibo e la vita. Del resto senza cibo non c’e’ vita…
- Come sei arrivato a partecipare a Masterchef?
Ho seguito la prima edizione l’anno scorso e mi sono davvero divertito, visto che i miei amici si deliziavano ad ogni cenetta che mi “costringevano” a preparare, mi sono detto, perché non provare? Loro hanno fatto il resto incoraggiandomi parecchio, anche mia madre mi ha dato un bell’aiuto, ho sempre avuto anche il suo esempio in cucina, è un ottima cuoca. Quindi ho mandato un email alla redazione del programma scatenando la reazione a catena che mi ha portato fra i diciotto partecipanti a Masterchef seconda edizione.
- L’amore per la tua terra si trasmette con il tuo modo di cucinare, sei un amante della cucina tradizionale tout court o ti piace rivisitarla?
Vivo nella mia sicilia in provincia di Ragusa, terra straordinaria resa celebre dal serial TV “il commissario Montalbano”.  Non so se per esigenze lavorative future dovrò spostarmi al nord, non lo temo, mi adatto bene, ma avrei sempre una gran nostalgia della mia terra. Qui sono nato e qui vorrei morire, ma ancora c’e’ tempo. La mia cucina si basa sulla tradizione culinaria siciliana, per poi rielaborarla. Abbiamo ricette che le nostre nonne si tramandano da generazioni, credo siano un piccolo patrimonio dell’umanità, è necessario svecchiarle, reinventarle senza pero’ snaturarle.
- Nell’ultima puntata a cui hai partecipato vi hanno teso un tranello: un piatto immangiabile con spugne di mare crude e altri accostamenti improbabili. A te piaceva, l’hai fatto per compiacere la giuria o davvero era un buon piatto per te?
Ho assaggiato in prima istanza la spugna di mare, ha un sapore estremamente deciso, molto forte. In pratica devi tenere in mente il sapore già forte di un ostrica ed amplificarla almeno per dieci. Ecco, forse avrai un idea di che sapore ha la spugna: è come mordere un pezzo di scoglio. Ma io quel sapore lo adoro, da piccolo stavo in acqua ore ed ore, facevo pesca subacquea, quindi non è un sapore tremendo per me. Certo assaggiando poi il piatto nella sua completezza mi sono reso conto del tranello e di tutti gli errori fatti appositamente da Chef Cracco per metterci in difficoltà.
- Come hai intenzione di “sfruttare” questa tua esperienza a Masterchef? I tuoi piani per il futuro sono cambiati?
Nella mia vita hanno contato più le passioni che lo studio. Sono laureato in scienze politiche con una tesi di laurea abbastanza complessa sull’evoluzione del parlamentarismo italiano. Ma non sono mai riuscito a trovare un straccio di lavoro con i miei studi. La passione per l’elettronica (si, sono un gran nerd ipertecnologico) mi ha portato a lavorare come impiegato per una grande multinazionale giapponese di elettronica, l’amore per la letteratura mi ha ripagato con qualche poesia vincitrice in certi premi letterari e l’amore per la cucina mi ha portato a Masterchef. Quindi lascerò scorrere la passione, che cosi’ bene mi ha portato nella vita. Spero di continuare sulla strada della ristorazione e di perfezionarmi, di scrivere un libro, e ora, a questo, si è aggiunto anche un enorme affetto verso le persone che mi hanno seguito con molto amore a Masterchef. Persone come me, che si sono immedesimate forse nei miei pregi e anche in alcuni dei miei difetti. Mi danno quotidianamente dimostrazione di stima ed affetto tramite i vari social. Mi sono davvero legato a questo mio “pubblico”, li considero amici, non telespettatori,  e mi piacerebbe non perdere questo tipo di rapporto. Quindi se mi chiedessero di fare qualcosa in Tv mi farebbe piacere, perchè so che farebbe piacere a molta gente,  non lo farei per mero esibizionismo, vanagloria o sete di denaro.
- Sulla tua pagina web di masterchef c’e’ una frase virgolettata che ti rappresenta  “Sii  gentile con gli altri, lavora sodo, ama e mantieni la calma, sempre”. Forse è proprio la calma che ti è mancata per non arrivare alla finale?
La calma è sempre essenziale, qualunque lavoro tu svolga, qualunque cosa tu abbia in mente di fare andrebbe prima ragionata, razionalizzata e filtrata dal cervello alle mani e poi giù, attraverso il cuore. Chiaramente a quel punto della gara eravamo tutti sotto pressione, i ritmi sono serratissimi in uno show come Masterchef ed il minimo passo falso può essere fatale. Sono partito molto in sordina nel programma per poi dare il meglio di me durante la seconda metà della mia esperienza. L’errore decisivo è stato il primo (la prima volta della crema di fagioli) non il secondo. Immagina cosa avrei potuto fare con quel pesce nell'esterna a Portofino (gli aspiranti chef hanno dovuto affrontare una prova "esterna" cucinando pesce appena pescato  ndr.) Peccato non si viva di “se” o di “ma", accetto comunque la mia quarta posizione come un grande trionfo, all’inizio della competizione non ci avrei scommesso, ma le sfide si vincono anche nel lungo periodo, oltrepassando i propri limiti e Masterchef è una maratona piuttosto che una corsa ai 100 metri.
- Sei un personaggio sui generis, ami leggere e comporre poesie, l'ultimo libro che hai letto?Lo consigli?
Il “Mercoledì delle ceneri” di Ethan Hawke, libro splendido, fatto di dialoghi lucidi e alcune volte sognanti. A prima vista sembra una classica storia adolescenziale, ma nasconde tanto di più, consigliatissimo. Hawke  non finisce mai di stupirmi, lo seguo sin dal suo esordio letterario ed è pure un bravo attore, segno che il talento, quando c’e’, non riesce ad essere confinato ad una sola “arte”.
- Se potessi tornare indietro avendo la possibilità di riparare ad un errore, cos’è che non rifaresti?
La solita crema di fagioli della Chef Budel, non c’e’ due senza tre…
- Lavorare accanto a personaggi del calibro di Cracco, Barbieri e Bastianich dev’essere davvero emozionante e formativo, da un punto di vista umano e professionale cosa hai imparato?
Da Cracco ho imparato che l’amore, la passione e la costanza per ciò che si fa sono determinanti per far bene qualcosa, si, anche urlandolo! Da Chef Barbieri ho avuto una grande lezione pratica quando mi sono cimentato nell' imitare la sua performance nel duello con Daiana, rifare quel piatto è stato emozionante e costruttivo e ho capito come lavora un vero Chef con la C maiuscola, sembrava danzare tra una preparazione e l’altra, tra i fornelli ed il forno. Un vero Maestro. Da Bastianich ho imparato a dare valore, anche economico, a quello che si cucina. C’e’ il costo delle materie prime, vero, ma anche la manodopera va pagata, e lui da vero “Restaurant Man” lo sa benissimo (a proposito leggete il suo libro, è davvero bello!).
- Come è stato  il rapporto con i tuoi colleghi?
Ottimo con molti, sciapo, per dirla alla Barbieri, con alcuni , pessimo in rari casi.
- Non ti chiediamo che vincerà quest'anno, ma secondo te chi merita di più tra i tre finalisti?
Tifo per Andrea perché credo sia l’unico che voglia fare davvero lo Chef! Ha passione, tenacia, determinazione e rispetto per le materie prime, tutte doti che un grande Chef dovrebbe possedere.
- Amare la cucina significa rispettare la terra e i suoi prodotti, cosa pensi della “corrente molecolare”?
Di sicuro è qualcosa da provare, ma di certo non è il “mio” modo di vedere la cucina. Lascio l’alchimia agli alchimisti, per me la cucina è amore per le splendide materie prime che la natura ci regala, passione e creatività nel pensare un piatto e cuore nel realizzarlo. Chiaramente anche la “pancia” e quindi il sapore deve essere eccellente, nonché la vista (e quindi niente mappazzoni, please!) e l’odore. Un grande piatto dovrebbe stimolare tutti e cinque i sensi.
- Se avessi un ristorante, come sarebbe?
Sarebbe un posto con pochi coperti, diciamo una ventina. Sobrio ma elegante, niente di eccessivo. Andrei a scegliere il pesce fresco dai pescatori la mattina e cucinerei per chi ama quei tipi di piatti che a me riescono meglio. Vorrei portare il sapore del mare a tavola, far godere un'esperienza rilassante ed appagante. Buona musica, ottimo cibo, grandi vini. Niente confusione, nessuno stress.
- Concludiamo con  un consiglio da dare a tutti i passionali della cucina e del mangiar bene.
Rispettate sempre il posto dove cucinate, il piano di lavoro, i fornelli. Manteneteli lindi e puliti, occupatevi di una preparazione per volta, senza strafare. La cucina richiede anche metodo, e se c’e’ qualcosa che ho imparato di pratico a Masterchef è proprio l’ordine in cucina. In ultimo, grande attenzione nella scelta degli ingredienti, roba fresca, di stagione e possibilmente a chilometro zero. Buon appetito a tutti!
Ivan, grazie del tempo che mi hai dedicato e delle risposte articolate ed esaustive. Se il buongiorno di vede dal mattino...in bocca al lupo per il tuo futuro!



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