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L’operazione alle tonsille? È da compiersi solo quando è
strettamente necessario (quando cioè può essere in pericolo la vita del
paziente), mentre negli altri casi se ne può fare tranquillamente a meno: degli
esperti dell’ospedale pediatrico Wilhelmina di Utrecht hanno infatti provato
che a distanza di tempo chi ha subito l’intervento ha la stessa probabilità di
ammalarsi di nuovo alla gola di chi non è mai stato operato. La ricerca è stata
pubblicata sull’edizione on – line del British Medical Journal. I medici
olandesi hanno coinvolto nei loro studi 300 piccoli di età compresa fra i 2 e
gli 8 anni: tutti caratterizzati da frequenti episodi di tonsille ingrossate o
adenoidi. Metà di essi sono stati sottoposti a intervento chirurgico, mentre
l’altra metà ha seguito altre indicazioni terapeutiche. Infine si è visto che
solo nei sei mesi successivi all’operazione i piccoli privi di tonsille erano
più immuni da episodi febbrili e da infezioni alla gola o alle alte vie
respiratorie, mentre in seguito a tale periodo tra i due gruppi non sono state
riscontrate differenze. In Italia sono 71 mila i bambini che ogni anno vengono
operati di tonsille, in certi casi evidentemente senza una reale necessità. In
pratica gli studi di Utrecht affermano che l’adenotonsillectomia debba essere
effettuata solo in situazioni di reale emergenza, nella quali il rischio che
vengano compromesse altre zone dell’organismo come il nervo acustico o i reni è
molto alto. Si devono quindi togliere le tonsille quando un bimbo viene colpito
da 5 o 6 tonsilliti in un anno, o nel momento in cui possono essere talmente
voluminose da determinare difficoltà di respirazione attraverso il naso
(dispnea) o di ingestione di cibi (disfagia). Mentre in un adulto si interviene
quando gli episodi recidivanti rasentano la cronicità o si hanno altre
complicazioni come le apnee notturne, o delle gravi crisi di alitosi dovute
alle “placche biancastre” sulla superficie tonsillare.
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