Quando il titolo di un romanzo mi attira e ne ho sentito parlare bene, in genere cerco di non saperne troppo, perché amo lasciarmi catturare dalla storia senza conoscere in anticipo se mi farà sorridere, arrabbiare o commuovere.
Anche nel caso del libro d’esordio del trentacinquenne editor di Einaudi Marco Peano, L’invenzione della madre, pubblicato da minimumfax è stato così.
La storia del deterioramento di mia madre, durato una vita, è, per alcuni versi, la storia della sua vita stessa. La storia della mia vita è intrinsecamente legata a questa storia, la storia del suo deterioramento. È la storia intorno alla quale ruota costantemente il mio modo di percepire me stesso e gli altri. Sarà questa storia, o in ogni caso il mio ruolo in questa storia, a permettermi di non perdere mia madre.
Donald Antrim
Marco Peano, affronta un tema delicato, quasi un tabù per la nostra giovanilistica e vanesia società: la malattia e la morte della madre, appena cinquantaquattrenne.
Il protagonista è Mattia, un ventiseienne, figlio unico, che fatica a diventare adulto e che fin dall’adolescenza è alle prese con il cancro che ha aggredito la madre. Un tumore che sembra essere stato sconfitto, ma che torna inesorabile e più aggressivo di prima, fino a condannare la donna a pochi mesi di vita.
L’invenzione della madre è il racconto in terza persona, estremamente lucido ed efficace, di quello che la mente di Mattia prova nei giorni di dolorosa preparazione al distacco prima e poi in quelli, tutti da inventare, dell’assenza di lei.
Il mondo di Mattia è quello della provincia italiana, ritratta sullo sfondo con le sue debolezze e con le scarse prospettive di futuro. Mattia, ha una ragazza, sogna di diventare regista, ma non trova la voglia di iscriversi alla scuola di cinema e si accontenta di lavorare come commesso in una videoteca a pochi chilometri da casa.
Fino a quando la madre è in vita il suo unico obiettivo è quello di accudirla e ricambiare l’amore che ha ricevuto nell’infanzia dedicandole ogni gesto, ogni pensiero, ogni sogno, ogni incubo.
Più tardi, Mattia prepara sua madre per la notte. La distende con cura sul letto e la lava, la pulisce, la cambia. Poi quando ha finito la bacia, restituendole uno delle migliaia di baci della buonanotte che quand’era bambino lei gli ha dato. (Ogni volta che la sua ragazza lo sfiora, con il corpo o con gli occhi, Mattia si accorge che gli è impossibile non paragonare qualsiasi carezza o sguardo che riceve – e mai riceverà – con quelli ricevuti da sua madre.)
Tutta la vita di Mattia ruota intorno alle esigenze di un corpo in disfacimento e al suo tentativo di conservarne l’essenza dentro di sé.
L’invenzione della madre è un romanzo che lacera i sentimenti del lettore senza mai essere lacrimevole, perché Peano controlla il linguaggio e le emozioni con straordinaria abilità e quando affonda il colpo, lascia cicatrici profonde.
Un romanzo struggente che si chiude con Mattia, ormai orfano, ma consapevole che la vita, nonostante tutto, va vissuta.
Se «metastasi» significa anche «cambiamento», ora il figlio è pronto ad affrontare quelli che gli si pareranno davanti. E che venga pure, quell’anniversario. E quello dopo, e poi quello dopo ancora.
Subdoli, arriveranno anche gli anni della disperazione. Perché non è vero che perdere un genitore a ventisei anni fa diventare adulti più in fretta: Mattia resterà a lungo cristallizzato nella sua adolescenza.
Si è orfani una volta e per sempre.
- Titolo: L’invenzione della madre
- Autore: Marco Peano
- Editore: minimum fax
- Uscita: 29 gennaio 2015
- Pagine: 280
- Prezzo: 14€
- Voto: 71/2
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