Ne L’inverno del mondo, capitolo secondo della trilogia Century, Ken Follet ci riconduce nel 1939 per seguire le avventure dei personaggi conosciuti nel capitolo precedente (La caduta dei giganti). Maud Fitzherbert con il marito Walter Von Ulrich e i figli in Germania, Ethel Williams e la sua famiglia in Inghilterra, le famiglia di Gus Dewar e di Lev Peskov negli USA e quella del fratello Grigorij in Russia.
Se nel capitolo primo i topic erano stati la Grande Guerra, l’avvicinamento ad essa e le sue conseguenze più immediate, ne L’inverno del mondo il filo conduttore è quello che nei libri di storia viene definito “il sonno della civiltà” ovverosia quel progressivo impoverimento dei valori umani e sociali che distinguono l’uomo civilizzato da quello selvaggio, quei capisaldi, pilastri della ragione eretti durante l’illuminismo che l’imbarbarimento della società abbatte come birilli nella sua corsa verso il tramonto o, se volete, la caducità dell’essere e sentirsi “umani”. Proprio come la luce del Sole che, nel passaggio tra l’estate e l’autunno si fa sempre più fioca fino a diventare la pallida imitazione di se stessa approdando all’inverno.