La campagna elettorale su radio e tv va avanti con il solito tormentone di Monti, Berlusconi e Bersani che fanno la staffetta da un talk show all'altro senza praticamente soluzione di continuità.
L'uno rinfaccia le responsabilità dell'abisso in cui siamo precipitati, l'altro gli risponde per le rime sbattendogli in faccia i numeri del disastro economico degli ultimi dodici mesi, l'altro ancora riempie il suo straripante accento emiliano di frasi spezzate, con cui attacca il secondo e sembra prendere le distanze dal primo, benché finora lo abbia sempre sostenuto ed ancora insista nel proporgli un percorso comune per il dopo elezioni.
Insomma, tutti insieme appassionatamente, a chiacchiere rinfacciandosene di tutti i colori, nei fatti senza dire un bel niente.
L'effetto complessivo di questo continuo teatrino è di disagio, avvilimento, irritazione: per lo spettatore, finita la disillusione, resta solo il rifiuto.
Sequestrano da settimane radio e televisione, che nel frattempo attrezza uno spot tra il serio e il faceto per intimarci di pagare il canone, sgomitano per essere sempre lì, in favore di telecamera, per poi non dire una sola parola sul deserto economico che ci circonda, men che meno su come uscire dal baratro in cui ci dimeniamo quotidianamente, atteggiandosi ancora a medici di una patologia che proprio loro hanno causato.
Uno spettacolo deplorevole.
Mario Monti, parla come un libro (mal)stampato, rivolgendosi non si sa bene a chi né perché. Il suo discorso è spento, distaccato, inquietante. Preannuncia ghiacci eterni, ovvero sacrifici solo per i poveracci, il suo strabico rigore lacrime e sangue, senza battere ciglio; mentre ne parla, i suoi lineamenti sembrano paralizzati. Non si sa più quando sia dottor Jekyll o mister Hyde... ma è mai stato dottor Jekyll?
Berlusconi è ormai la maschera di se stesso. Con l'asfalto sulla testa e doppio strato di cerone che letteralmente si scioglie sotto i riflettori, è diventato personaggio da commedia dell'arte: neppure lui si prende più sul serio, è tornato alla sua prima identità di simpatica canaglia. Insomma è Berluscone, ennesima maschera italiana.
Pierluigi Bersani da Bettola è invece vittima del suo modo sconclusionato di parlare: non sa mai bene quello che dice, la sua specialità è l'aria fritta. Riesce a parlare per ore, persino litigando con la poltrona su cui siede, con espressione infastidita tendente al disgusto, su cui ogni tanto tracima un sorriso istrionico: il suo pezzo forte è recitare la parte dell'eterno incompreso. Impossibile resistergli... senza fare zapping.
Che qualcosa nella sua campagna di comunicazione non funzioni se ne è accorto pure Massimo Giannini, vicedirettore del quotidiano la Repubblica, da sempre schierato con il PD, che di fronte al vuoto pneumatico della proposta politica bersaniana, invoca il cosiddetto non più dire qualcosa di sinistra, semplicemente dire qualcosa.
Le parole, nella sostanza durissime, sono scelte con grande cautela, come si fa con le persone amiche, eppure non lasciano adito a dubbi:
"[...]in tutte queste settimane se c'è stato un limite nella comunicazione politica di Bersani è stato proprio questo: sull'onda del vantaggio elettorale che i sondaggi gli attribuiscono, il segretario del PD è stato un passo indietro rispetto agli scontri molto aspri e alle polemiche in prima linea che nel frattempo si moltiplicavano tra Berlusconi e Monti [...] E' chiaro che man man che andiamo avanti con i giorni e si avvicina la scadenza del 24-25 febbraio anche Bersani deve riempire di contenuti questa campagna elettorale. E' vero che lui non fa cabaret, ma chi si presenta e si candida alla guida del Paese deve mettere elementi concreti, deve richiamare soprattutto i suoi elettori ma anche gli elettori indecisi su contenuti molto concreti. Ecco, su questo forse Bersani deve fare uno sforzo in più, di qui alle prossime tre settimane, perché finora il Partito Democratico proprio sotto il profilo dei programmi, per esempio sulle materie che riguardano il lavoro, il fisco, la scuola, è stato un pochino ambiguo per non dire a tratti evanescente... Quindi spetta al segretario mettere carne al fuoco e dare finalmente l'impressione non soltanto all'establishment, alle cancellerie, ai mercati internazionali, ma prima di tutto all'opinione pubblica italiana che il centrosinistra si candida a governare questo paese e che ha idee molto chiare su come può e deve farlo [...] Insomma il colpo d'ala ci vuole e ancora il colpo d'ala da Bersani non lo abbiamo avuto".Proprio oggi, La Stampa di Torino misura il tempo di apparizione in tv dei tre principali competitor per la poltrona di premier. Secondo la ricerca del quotidiano, nel periodo 24 dicembre-14 gennaio, un periodo costellato di festività, Berlusconi ha totalizzato oltre 63 ore di presenza sul piccolo schermo. Il presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, si è fermato poco sotto, a 62 ore. Mentre l'esposizione di Pier Luigi Bersani è stata quantificata in sole 28 ore, pur sempre un'enormità rispetto alle altre forze politiche, praticamente assenti dai palinsesti, in barba alla par condicio.
Ebbene, accanto all'inesauribile vecchietto, come il giornale torinese battezza scherzosamente il Berlusconi che imperversa per l'etere insieme al Professore, a presidiare lo spazio radiotelevisivo c'è Bersani, che in quasi trenta ore di permanenza davanti alle telecamere, a detta del giornale amico, è stato un pochino ambiguo, a tratti evanescente...
Com'è possibile che si riesca a stare sulla scena mediatica per tanto tempo in questo modo?
La domanda è volutamente retorica, visto lo stato di degrado del sistema dell'informazione radiotelevisiva in Italia, dove i giornalisti, più che il loro mestiere, fanno da spalla al politico di turno, permettendogli di parlare a ruota libera.
Se Bersani critica giustamente Berlusconi, il cabarettista, come fa a non accorgersi che lui stesso mena sistematicamente il can per l'aia?
Dovrà pur convincersi che chi di cabaret ferisce, di aria fritta perisce...