Forse dipende dal freddo, oppure è la glacialità dei caratteri ad
attirare il gusto del pubblico europeo, esasperato dagli eccessi
americani e bisognoso di identificare il male con qualcosa di più
casalingo. Forte di un apripista internazionale come "Uomini che odiano
le donne" (2009) a sua volta pensato come variante più autoctona dello
sfortunato "Il senso di Smilla per la neve" (1997) i cinematografari
scandinavi non cambiano registro traducendo per il cinema "L'ipnotista",
best seller (in patria ed all'estero) di Lars Kepler, incentrato sulla
figura dell'ispettore Joona Linna, destinato almeno nelle intenzioni di
chi produce a replicarsi con un secondo film già in cantiere.
Il
film inizia con il massacro di una famiglia e con un figlio, unico
superstite, ridotto in coma e testimone oculare di un rompicapo che
l'ispettore Linna proverà a risolvere con l'aiuto di un' ipnotista di
fama. Esistenzialmente provati per ragioni differenti, i due uomini
dovranno affrontare le conseguenze di un antico trauma familiare.
Per il suo ritorno in patria Lasse Hellstrom sceglie di andare sul
sicuro con un format collaudato, che sottomette le immagini alla
sceneggiatura e punta le sue fiche sull'efficacia dell'impianto
narrativo e sulla capacità di delineare le psicologie dei personaggi.
Nel far questo Hellstrom cerca di far convivere gli scheletri da serial killer con
un malessere metropolitano scandito da tradimenti coniugali,
incomunicabilità familiari ed ipertattività lavorativa. Un overdose di
nevrosi che colpisce a destra ed a manca, debordando anche all'interno
di quegli spazi devoluti alla paura ed alla tensione, che insieme al mistery costituiscono
da sempre gli ingredienti principale per un thriller ben riuscito. Al
contrario "L'ipnotista" è un film apatico, pieno di umorismo
involontario quando i personaggi alla maniera di certe pochade del trio
Marchesini Solenghi e Lopez diventano la parodia di se stessi,
rifacendosi ad un maledettismo di facciata, per nulla filtrato da un
minimo di sensibilità personale. Ed ancora invece di ricercare
all'interno della propria cultura i suoi motivi d'interesse, il film di
Hellstrom preferisce imitare gli stilemi d'oltreoceano, sostituendo i
silenzi e gli spazi siderali con una concentrazione di stereotipi che
Erick e la moglie Simone (Lena Olin) incarnano all'ennesima potenza. Per
queste ragioni "L'ipnotista" si candida con molte possibilità al premio
come migliore scult di quest' annata cinematografica.