L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza.
Søren Kierkegaard, Sul concetto di ironia, 1841
Inediti di Pietro Pancamo ([email protected])
POMERIGGIO SFATICATO
A casa,
nel disordine alchimistico
delle ore scapestrate,
sfoglio un libro
foruncoloso di parole.
Allora esco
e vado a guardare i miei passi
che vorrebbero tanto
(come mille moschettieri)
essere uno
per ogni raggio di sole.
«Miao», fa il micio.
«Vruum», risponde l’automobile.
«Boh!», commento io. E torno a casa
galleggiando su questi passi
che ormai hanno capito
di essere ben pochi:
«Vorremmo tanto» – pensano –
«che i raggi di sole
(come tre moschettieri)
fossero uno
per ognuno di noi».
A casa,
nel disordine alchimistico
delle ore scapestrate,
mi ritrovo a fare
la critica letteraria
di uno starnuto
o della mia
scarpa sinistra.
***
E POMERIGGI E SERE
A Fausto, un mio amico poeta
Contrariamente
a chi spesso raccoglie frasi e parole
in organismi grammaticali
che non dànno segni di poesia,
Fausto
sa rendere meno ovvio
il bianco dei fogli nuovi
e con ogni rima
incute sentimento
alla noia frequente
delle nostre mattine.
E pomeriggi
e sere.
Nel frazionarsi lento
della vita
in giorni e sensazioni,
accadono
paure ansie piccole miserie
che sono
i sottomultipli delle ore.
Fausto li coinvolge
nelle sue descrizioni ritmiche
e sorridendo
persuade il vuoto
alla delicatezza della natura,
al vigore del pensiero
e forse
all’estasi malinconica
del ricordo.
Sì,
perché quando vede
egoismi e banalità
nel tempo, nell’uomo
Fausto reagisce con l’ispirazione
e la sua anima
può dunque elevare
poesie alla speranza.
***
PENSIERI TERRA TERRA
I
Mi rovino l’appetito,
prima di far cena,
mangiando fette di pandoro.
Che pensieri terra terra
vengono in mente
mandando giù bocconi
pastosi di burro:
pensieri… stomaco stomaco.
Tipo: «Sono stracco di vivere
a mia rovina;
sono stracco di vivere
alle mie spalle».
II
La gente rimane sbalordita al sentire le mie risposte così lapidarie (quindi troppo categoriche). Ma io per nessuno provo cattiveria: perché la mia rabbia è confusione.
Insomma è un malessere transitorio che bisogna pur soffrire passando, tutto d’improvviso, dalla gioia al dolore. È un po’ come il malore successo a quelli che han volato da un fuso orario all’altro. Poi, quando la rabbia finisce, il mio pessimismo è solo rassegnazione.
III
Se vedo, però, intorno a me
sorrisi di compassione
per l’enorme sfiducia
che mi affligge il cuore,
mi rincacchio con passione
e, senza nemmen finire
di rovinarmi l’appetito,
corro a letto immusonito
saltando l’antipasto
(e figurati la cena!).
«Ah, sono stracco di vivere
a mia rovina;
sono stracco di vivere
alle mie spalle».
***
CIOÈ?
Tornando dal treno
che ho lasciato alla stazione
riprendo la mia Lupo
e guidando verso casa
ascolto l’autoradio,
che annuncia proprio adesso:
«Azienda commerciale
ricerca venditori
esperti ed ambosessi».
«Cioè ermafroditi?»
– mi domando in un sorriso
d’umorismo sviscerato –
«Che stranissimi piazzisti!».
Ma intanto vedo fuori
che il buio ad ogni curva
è sempre più marcato.
***
UN CABARETTISTA DI SAN GEMINI
Tu lo vedi:
come fanno gli sconfitti veri
perdo tempo a scherzare.
Così la mia carriera
di calciatore fallito
che al massimo ha militato
nella Pol. San Gemini,
la esorcizzo a tarda sera
quando in pieno tentativo
sempre ozioso e vano
di staccarmi dal passato
(e rubando senza meta
ore sane al mio lavoro
di “fido” metronotte)
di getto m’improvviso
cabarettista volontario
nell’ampio bar del poggio.
Recito lì dentro
per tutti gli avventori
battute molto allocche:
«Conosco un attaccante
che ama scrivere per hobby
romanzi oscuri, incomprensibili:
lo chiamano Ka(f)kà… ».
Oppure:
«L’Italia del calcio
ai mondiali s’è desta
e dell’elmo di Scipio
s’è montata la testa».
Tu lo vedi:
come fanno gli sconfitti veri
perdo tempo a scherzare.
(«Lo sai? Achille era figlio di Pelé=
o,
pare»).
Settembre 2006
***
MA POI…
Hai voglia se voglio
ogni tanto.
Ed anche in passato
ho voluto
(lo dimostra ad esempio
lo slogan-mascotte
che inventai
– “Volley, sempre volley,
fortissimamente volley” –
per il mio liceo,
il Classico “Vittorio Alfieri”,
e più precisamente
per la sua squadra
di pallavolo).
Ma poi
nonostante i miei tentativi
di costituirmi brillantemente
pubblicitario di successo
o schiacciatore famoso,
son finito calciatore sconosciuto
nella Pol. dil. Casteltodino
– ad affrontare da terzino
avversari scorretti
che non sono di certo
(para)stinchi di santo.
***
IL TRAVIATO
Nel vero senso del cimitero
e di un riposo ossessivo
non sa più divincolarsi
dalle materie (o macerie) di studio
che pian piano disimpara con pigrizia
nella vecchi’aia del suo podere.
Traviato da un senso malinteso d’allattamento,
al contrario dei fratelli
partiti allo sbaraglio
(coraggiosi inermi in armi),
lui cerca rifugio
nella casa di famiglia:
la masseria
prensile e sterrata.
***
BRAVISSIMI A SCUOLA
I geni decaduti
bravissimi a scuola
(otto e nove in pagella)
ma coglioni nella vita
(né un lavoro,
né quindi rispetto
da parte del prossimo)
ogni notte
– anche d’inverno –
dormono all’addiaccio
nel cortile.
MormorEndo
disperati:
«Come chiamare la nostra vita?
Degenerazione di fenomeni… ».
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MORTE ANTOLOGICA PERMANENTE
Siccome la vita
ci rovina la vita
(sempre!),
a giugno ho visitato
(un po’ turista, un po’ becchino
e un po’ parente sconsolato)
l’interessante morte
antologica permanente
delle mie speranze
migliori:
quanti sogni falliti
imbalsamati in bella mostra!
Li guardavo e piangevo
desolato nero,
dannandomi frenetico
la salute.
E adesso è soltanto
stanchezza rabbiosa
resistere ogni giorno
al ripetersi ingombrante del respiro
e della luce.
dalla silloge cartacea
«Manto di vita» (LietoColle, Faloppio, 2005)
***
Spiegazione di un giorno
Il giorno che saltella
lungo le impronte delle mie scarpe;
il giorno che saluta frantumato,
quasi appostato
fra le dita.
Ogni minuto è fluido di rumori:
sbattono le ali
contro pannelli d’aria. L’impatto
vibra di scherno:
è un lazzo di sdegno
voluto dalla mia notte.
***
Amore o desolazione?
Mangiamoci il tacchino riscaldato:
andiamo verso il forno
tenendoci per mano.
***
L’ironia
Indosso la magrezza
con la disinvoltura
di chi ironizza.
Eh, ironia
con te la disperazione
è filosofia!
Ma senza di te,
ahinoi,
la poesia
è pura (mera) melanconia.
***
Gioachino
Per il nonno, si sa,
la giornata è divisa
nel crepuscolo della sera
(la notte)
nel crepuscolo del mattino
(il pomeriggio)
e nel crepuscolo della notte
(l’alba).
Uno: si stiracchia
azzuffandosi con l’aria
e s’afferra a quella luce
che sbrodola tra le persiane;
Due: lo sguardo cascante
e i capelli sgangherati dal sonno,
striscia qualche passo
fino allo specchio;
Tre: guarda la sua immagine
che trafigge il vetro
e da questo momento
vive le sue ore
come un riflesso bendato di carne;
Quattro: mi saluta con parole vitree;
Cinque: sradica i passi
fino alla sedia,
spiegazza il corpo sullo schienale
gualcendo le ginocchia
contro il muro.
Posa le mani, come due tele di ragno,
sul davanzale
e sta vicino alla finestra,
tanto vicino quasi annusasse il vetro.
***
Confronto
S’alza al mattino
un fumo di tigri
dalle iridi aperte,
in campagna;
un’espressione grinzosa
rimbocca la faccia
dei contadini.
E mentre il fiume
s’accalca ai loro piedi,
si spulciano gli occhi
scrupolosamente
trovandovi affogate
zampette di ragno.
Io invece,
montanaro del cuore che batte,
m’inerpico per un letto castano
di mie pietruzze in salita.
Poi, di sera,
– tornando a zonzo verso casa –
sembro un fantasma nero che,
appuntito come un ago,
viaggi sui trampoli del buio.
***
Vecchiaia: canto di un barbone errante della discarica
I
Quanta spazzatura
che mi ritrovo addosso
nelle dolci siepi di bosso.
Qui tra le foglie verdi
han fatto una discarica.
L’oblò di lavatrici scoperchiate
è un belvedere
per le formiche nere.
(Provviste nel secchio:
alimenti scompagni
come le scarpe vecchie,
bucate dalla noia dell’usura).
“Alla discaricaaaa!!”,
gridano torme di rifiuti.
II
Caldo e fetore
nei venti acuti
si mescolano a formare
uno smog estivo.
(Infatti se gli uomini
dàn di matto,
la sporcizia dà di puzzo).
Così il rosso del mio sangue,
che ogni mattina si sveglia,
non vuol dire più
rigenerazione
ma soltanto
riciclaggio.
***
Mentre allaccio il destino
Ho fatto la mia vita con i piedi
senza nemmeno darle
una forma di sandalo
o di mocassino.
Che scemo.
Che cretino!
Dio come piango,
mentre allaccio il destino
qua
in mezzo alle narici,
proprio come un anello al naso.
Pietro Pancamo (1972) è caporedattore per la poesia dell’e-zine «Progetto Babele» e coordinatore del portale «L(’)abile traccia» (citato in un libro della Zanichelli). È inoltre direttore editoriale nonché conduttore di un programma che, intitolato Poesia, l(’)abile traccia dell’universo, va in onda ogni giovedì alle 22:30 su Pulsante Radio Web, emittente digitale di Milano.
Ha dato alle stampe Manto di vita (LietoColle, 2005), una silloge di versi che ha suscitato l’interesse di Giancarlo Pontiggia. Compare nelle antologie Poetando. L’uomo della notte (Aliberti editore, Roma-Reggio Emilia, 2009) e Mentre un’altra pagina si volta (Giulio Perrone Editore, Roma, 2010) curate rispettivamente da Maurizio Costanzo e Walter Mauro.
Fra le riviste cartacee o telematiche da cui è stato pubblicato, talora in inglese, o recensito figurano «Tuttolibri» (inserto de «La Stampa»), «Esercizi di stile» (blog dell’edizione fiorentina del «Corriere della Sera»), «Poesia» (Crocetti Editore), «Gradiva» (semestrale di New York, diretto da Luigi Fontanella), «Atelier», «Stilos», «El Ghibli», «La poesia e lo spirito», «Filling Station» (quadrimestrale canadese), «Snow Monkey» (periodico statunitense), «InFonòpoli» (organo dell’Associazione culturale “Fonòpoli”, fondata da Renato Zero), il «Notiziario dell’Accademia internazionale d’arte moderna di Roma», «TerraNullius», «Books Brothers», «Il Paradiso degli Orchi», «Scriptamanent» (mensile della Rubbettino Editore) e «Il Refolo» (Edizioni Il Foglio).
COMMENTI (1)
Inviato il 20 giugno a 09:06
Caro Pietro Pancamo i tuoi testi non lasciano il lettore indifferente. Anzi mi hanno intrigato molto , e direi che quella dose d'ironia e di immediatezza 'emozionale 'ogni minuto è fluido di rumori' rendono unici i tuoi canti.