Ma non è ancora finita, perchè in politica non mancano le lotte fratricide, gli attacchi incrociati e, come avviene in guerra in amore, tutto diventa lecito, anche il fatto che chi, mentre fino a poco prima era un impassibile professore, si adegua improvvisamente alle abitudini e comincia ad attaccare a destra e a manca. A chi credere? Certo che è difficile e se diciamo che non ci si capisce niente non saremo accusabili di scarso comprendonio. Infatti, per chi cerchi di comprendere la politica da un punto di vista razionale il compito è improbo: i comportamenti incoerenti si sprecano, le storie poco pulite sono prassi comune, e se uno prova a giudicare senza lasciarsi influenzare da quella che chiamano pancia e che sarebbe meglio chiamare affettività o emotività, ecco che cominciano i problemi.
La politica è scontro. Non per niente una buona parte dell'elettorato, che è anche un assiduo telespettatore, privilegia il confronto televisivo, che è spesso scontro, perchè è proprio dallo scontro che emerge il vincitore, un po' come in una partita di calcio. Questa cultura dello scontro induce comportamenti riprovevoli nei politici, seleziona gli istinti peggiori, perchè spinge alla baruffa, a chi urla più forte, a chi attacca con più veemenza oppure a chi dissimula meglio, a chi ha la capacità di arrampicarsi sugli specchi, a chi con faccia d'angelo sa dire le più assurde bugie e tutto perchè queste sono le tecniche che la maggior parte delle persone comprende, dalle quali giudica chi ha vinto o chi ha perso. In fondo, però, la gente non ha neanche tutti i torti: se uno dovesse giudicare dalle promesse elettorali noi avremmo certamente i politici migliori del mondo. Quindi, anche basandosi sui programmi è difficile decidere, perchè spesso accade che non sono affatto rispettati. Si può, semmai, provare a individuare l'incoerenza tra quanto detto e quanto fatto, ma subentra il problema di sapere esattamente quanto e cosa è stato fatto, visto che spesso anche i dati sembrano opinioni.
Che fare, allora? Come scegliere tra i tanti partiti e le tante liste, in maniera informata e non semplicemente perchè ci conviene, scartando l'ipotesi del non voto? L'opinione diffusa è che abbiamo creato noi questa classe politica, premiando chi urla o mente più degli altri e consentendo che la lotta per governare si trasferisse dalle ovattate stanze del potere alla strada, in maniera che ogni scontro che li riguarda (e dovrebbe riguardare solo loro) comincia a riguardare invece anche noi, facendoci sentire parte integrante di chi abbiamo votato. In questo modo, se qualcuno attacca chi abbiamo votato ci sentiremo attaccati a nostra volta, restando ancora più legati.
Elettori o tifosi? Ogni tifoso che si ritenga tale si fa un vanto di non cambiare mai squadra nella sua vita. Sia nel bene che nel male il tifoso difende i propri colori e garantisce assoluta fedeltà al gruppo. Per lui è importante che non si tradisca la squadra. Ecco, questo è l'aspetto fondamentale: puoi aver ingannato, ma se è per favorire la tua squadra ci si passerà sopra mentre se è per danneggiarla, non c'è perdono. Questa difesa a oltranza non ha niente di razionale, è identificazione pura con il clan, è difesa contro tutti i nemici, è una specie di vita o morte perchè se sei da solo, fuori dal gruppo, sei morto. E' quello che accade all'elettore: un' incondizionata fedeltà unita a un'incapacità di cambiare sono le due ricette che hanno contribuito a formare la situazione di stallo della politica italiana. Per questo da noi nessun politico sorpreso a rubare si dimette, perchè mal che gli vada avrà contro l'opinione pubblica avversa, ma quella ce l'ha sempre contro, non la propria, e finchè ci sono i tuoi che ti difendono, che ti ricandidano, sei vivo non morto. Questa idea arcaica del clan è quella stessa che contrasta con il rinnovamento e le riforme. Non ci sono grandi spostamenti di elettorato, i pochi fluttuanti ce li si deve giocare con gli altri al momento delle elezioni, mentre i propri elettori si è quasi sicuri di averli più o meno tutti dalla propria parte. Che cambiamento potrà mai avvenire in Italia? L'unico che ricordo è quello legato alla vicenda di tangentopoli, dove l'intervento deciso della magistratura ha scoperchiato un pentolone pieno di irregolarità, dando vita alla seconda Repubblica. Anche adesso, in cui forse come non mai è presente un forte movimento di opinione pubblica contro la malapolitica e l'antipolitica dei politici, i segnali del cambiamento si leggono su tutto sommato piccoli numeri: ma che dovrà mai accadere in Italia per vedere finalmente un vero rinnovamento?