Gaspare Cucinella, la grande maschera della drammaturgia palermitana se n’è andato all’età di 92 anni.
L’ IRRESISTIBILE PASSIONE
Il mio amico Gaspare Cucinella è una maschera teatrale indimenticabile, anche se non fosse mai stato “Aspanu”, lo struggente vagabondo compagno di “Binirì” nel “Pozzo dei Pazzi” di Franco Scaldati.
La maschera di “Aspanu”/ Gaspare, per dire che la vita-vita di Gasparino, così lo chiamiamo gli amici, è sul palcoscenico: il teatro è stato, è, il senso, la misura, il valore, il ritmo della sua vita.
“Fatemi almeno voltolare un sasso” scriveva Machiavelli, quando lo avevano relegato a S.Casciano, lontano da Firenze.
“Datemi un palcoscenico per recitare” potrebbe dire oggi il nostro Gasparino.
Oggi, Gaspare ha 90 anni, 90 anni che naturalmente pesano, ma se lo invitate a recitare, lui diventa “fanciullo”.
Una raccolta di poesie di Gaspare Cucinella del 2004 si intitola propriamente “Poeta ru Teatru”.
E dal teatro nasce la sua poesia, come un prolungamento, come un’estensione:
Gaspare, quando scrive, non cerca la “bellezza” delle parole, ha in mente il palcoscenico, e le sue poesie, un po’ come quelle di Buttitta, sono fatte e pronte per essere recitate, e hanno sempre un grande successo:applausi, consensi, complimenti, prossimi appuntamenti, ecc.:nelle scuole, nelle piazze, nei raduni che hanno motivazioni sociali. Anche tra gli amici, se capita.
Ho detto “valore sociale”, perché i componimenti di Gaspare , ironici, contestativi, di ripulsa di questo mondo, hanno un risvolto sociale verace, sentito, che nasce da una pulita sensibilità che lo faceva amico e poi cantore di Peppino Impastato.
Ripulsa, e non a caso nelle sue poesie troviamo spesso la parola “suonnu”(sogno), in contrapposizione alla parola “munnu” :munnu/suonnu.
In una delle sue composizioni che a me piacciono di più, “La fabbrica dei sogni”, dice:
Nta na fabbrica di suonna
Vogghiu iri a travagghiari
I patruna nun ci sunnu
Ca mi ponnu ncatinari
E mi mettui araciu araciu
Pigghiu i suonna silinziusu
Poi li stennu dilicatu
Nto linzuolu arricamatu
…
Non è il sogno inerte, onirico, è il sogno dell’arte, quel trasferimento trasfigurante che l’arte dà della realtà, anche la più dura, la più crudele.
Così Gasparino vive il teatro come un sogno, e così le sue poesie sembrano scritte per preservare quel sogno.
All’inizio ho usato la parola “fanciullo”, e qui la voglio ribadire.
Chi ha visto l’attore Gaspare Cucinella nell’interpretazione dei personaggi a lui più congeniali(penso anche ad “Aspettando Godot”), grotteschi, surreali, incredibili, può ben immaginare quello che sto dicendo.
“Fanciullo” nel senso che l’attore/poeta si spoglia del carico della quotidianità, per ritrovare dentro di sé la genuinità, la spontaneità, l’ ingenuità che solo i “fanciulli” posseggono. E, a chi li ascolta, trasmettono entusiasmo e tenerezza.
Ecco, ascoltare Gasparino recitare significa ritornare un po’ bambini, fare una pausa di entusiamo e tenerezza,.con in più la spontanea emotiva riflessione che nasce dall’evidente stortura di come questo mondo è combinato.
Ci viene in mente il Pascoli per il quale “la voce del poeta è la voce del “fanciullino” , per il quale non si può essere poeti, se non si ritrova dentro di sé il “fanciullino”.
Il teatro di Franco Scaldati, che qui ricordiamo con ammirazione e affetto, ha certamente trovato nella “maschera” di Gaspare Cucinella l’espressione più compiuta del suo immaginario poetico, il personaggio più intrinsecamente e visceralmente poetico.
Gaspare, come attore, non ha da pretendere di più, è quello impresso indelebilmente nella nostra memoria.
Come poeta, ancora ci aspettiamo da lui tanta bella poesia.
NICOLA LO BIANCO
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