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L’Islam che piace e l’Islam che non piace

Creato il 24 ottobre 2010 da Milleorienti

L’Islam che piace e l’Islam che non piaceNel nostro Paese c’è un Islam che piace e uno che non piace. La cosa si è fatta particolarmente evidente a Milano in questi giorni, per la contemporaneità di due eventi. Il primo evento è la mostra al Fann, Arte della Civiltà Islamica in corso al Palazzo Reale di Milano L’Islam che piace e l’Islam che non piacefino al 31 gennaio 2011. Rappresenta “l’Islam che piace” perché è ricchissimo e istituzionale:  le 350 opere esposte – di grande qualità artistica e rilevanza storica – provengono dal patrimonio della dinastia reale del Kuwait, gli al Sabah.

Si tratta di gioielli, monete, calligrafie, tappeti, tessuti, metalli cesellati, ceramiche, sculture, miniature, oggetti in avorio, una emozionante serie di capolavori che coprono un arco di  mille anni di storia dell’arte islamica – dal VII al XVII secolo -  e un territorio geografico immenso, dalla Spagna all’India.

La mostra si suddivide in due parti: la prima metà consiste in un percorso cronologico scandito in quattro tappe, dagli inizi fino ai tre grandi imperi cinquecenteschi, Ottomani, Safavidi e Moghul. Nella seconda parte si approfondiscono alcuni temi trasversali a tutta l’arte musulmana nelle apposite sezioni dedicate alla calligrafia, alla decorazione geometrica, agli arabeschi, all’arte figurativa e ai gioielli.

L’Islam che piace e l’Islam che non piace
Le opere sono state selezionate dal curatore della mostra, prof. Giovanni Curatola, fra le molte migliaia di pezzi della collezione privata di Sheikh Nasser Sabah Ahmed al-Sabah e di sua moglie,Sheikha Hussah Sabah Salem al-Sabah.  E non a caso, per la sua importanza non solo culturale ma anche politica, la mostra ha ricevuto il patronato del nostro Ministero degli Esteri, del Ministero dei Beni Cuturali, della Presidenza della Repubblica e naturalmente di Sua Altezza l’Emiro del Kuwait, Sheikh Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah.

Accanto a questo Islam di provenienza istituzionale, “ufficiale”, ce n’è però un altro che al nostro Paese piace molto meno: è l’Islam – molto più povero – della gente comune, cioè dei musulmani che vivono in Italia. E ai quali, a Milano, si continua a negare un diritto fra i più elementari: quello di pregare in un luogo deputato a farlo, cioè in una moschea. Il capoluogo lombardo, infatti, è privo di una vera moschea (l’unica presente sul territorio,

L’Islam che piace e l’Islam che non piace
insufficiente alla bisogna, è la piccola moschea di Segrate, che pubblica il periodico Il messaggero dell’Islam). Il secondo evento è dunque la polemica in corso su questa materia: il sindaco di Milano, Letizia Moratti, si è ripetutamente espressa contro la realizzazione di una moschea in città, e questo nonostante il cardinale arcivescovo di Milano, Tettamanzi, e la stessa Conferenza Episcopale Italiana abbiano riaffermato la necessità di un luogo di preghiera per la numerosa comunità musulmana della Lombardia, ricevendo da quest’ultima un sentito ringraziamento.
Del resto, il cardinale Tettamanzi è ormai da tempo non solo un illuminato protagonista del dialogo interreligioso ma anche una “coscienza morale” della città, e Milano dovrebbe esprimergli maggiore attenzione e gratitudine…

Quando il nostro Paese saprà riconoscere non solo alla cultura islamica ufficiale ma anche alle persone che la incarnano – i musulmani residenti in Italia – lo stesso trattamento, potrà dirsi un Paese pienamente civile.

L’Islam che piace e l’Islam che non piace


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