E' solo il fatto che venga scelto, più o meno a caso, per farvi sorgere un tempio, una chiesa, un luogo di culto?
O forse viene scelto proprio perché è esso stesso ad emanare sacralità, ad essere un posto in cui l'uomo, per qualche motivo, per qualche requisito esoterico soddisfatto dalla sua topografia, o semplicemente per la sua bellezza, riesce a sentirsi più vicino al divino?
Mi piace pensare che, un tempo, sia esistita un'epoca in cui gli esseri umani fossero più consapevoli e profondi nel vivere la loro presenza su questa Terra - e che anche la loro spiritualità fosse fatta non solo di raccoglimento ed isolamento, ma soprattutto di comunione con ciò che li circonda, in uno scambio olistico con l'armonia della natura attorno, al fine di riuscire a raggiungere la meravigliosa sensazione di sentirsi parte del Tutto.
E che quindi i luoghi sacri non fossero scelti a caso.
Ci sono luoghi che sono considerati sacri da migliaia e migliaia di anni, praticamente fin da quando l'uomo ha cominciato a calpestarli e ad avere autoconsapevolezza della propria anima.
Non importa quali civiltà e credenze religiose si siano susseguite a dominio di queste terre - forse sarà l'unico punto su cui si sono trovate d'accordo, ma tutte hanno concordato nel considerarli luoghi sacri.
Forse perché ci sono energie particolari che scorrono nel loro sottosuolo, che si intrecciano, si abbracciano e sprigionano fuori attraverso l'erba, le rocce e il mare; energie bellissime e potenti che oggi, chiusi nel nostro egoismo, con i sensi obnubilati dai comfort della nostra società, non riusciamo più a percepire - ma che un tempo erano in grado di travolgere chi le sapeva ascoltare, scorrendogli nelle vene ed aprendo le sue percezioni sensoriali verso qualcosa di più elevato e denso di mistero.
L'Isola Sacra di Lindisfarne, comunemente nota solo come Holy Island, è, probabilmente, uno di questi luoghi.
Si trova nel nord-est dell'Inghilterra, sulla costa del Northumberland, appena sotto il Vallo di Adriano ed il confine con la Scozia.
Come molti altri luoghi considerati sacri, è un'isola tidale: due volte al giorno le maree sommergono la stretta lingua che la collega alla terraferma e la staccano da essa, da promontorio si trasforma in isola.
Forse questa sua caratteristica concorre alla sua sacralità: nei tempi antichi il mare era considerato una forza oscura e potente, incontrollabile ed indomabile, e veniva venerato come una divinità, una divinità temibile, di cui si cercava di ingraziarsi la benevolenza, ma che poteva anche donare nutrimento e salvezza.
E un luogo che non apparteneva né alla terra né al mare, che non si rendeva sempre accessibile, non da tutti, che a tratti si isolava, si staccava dal resto del mondo, permettendo non solo la più totale introspezione, ma anche la più selvaggia comunione con il creato, non poteva che essere considerato sacro.
Quasi come la Avalon delle leggende arturiane, nascosta e protetta dalla nebbia, accessibile solo di rado, solo da chi la cerca.
O da chi vi si imbatte per caso.
Anche se oggi si presenta come un normale e graziosissimo piccolo villaggio di pescatori, Holy Island conserva ancora le vibrazioni ed il fascino che, in un'epoca ormai remota, le avevano fatto guadagnare un appellativo di sacralità.
Per visitarla bisogna informarsi sugli orari delle maree, e, se la si vuole raggiungere con i mezzi pubblici, bisogna tener conto del fatto che, perdere l'ultima corsa, significa rimanere bloccati sull'isola fino all'indomani.
Il che può anche non essere un risvolto negativo - basta solo esserne consapevoli.
Al contrario di altri luoghi sacri di natura tidale più celebri e turistici, non è stata predisposta nessuna superstrada sopraelevata né nessun servizio traghetto per quando la marea si alza.
Nel giorno della nostra visita il cielo è plumbeo ed un po' drammatico, ma a me la cosa non dispiace.
Fa parte del suo fascino, e le conferisce un'aria molto intensa e malinconica.
C'è chi la percepisce con un'accezione negativa, ma per me la malinconia è già di per sé uno stato che ha un suo alone di sacralità: è uno stato che ti porta a scavare a fondo dentro di te, trovando magari cose che ti spaventano o ti addolorano, ma che al tempo stesso riesci a trovare comunque bellissime. Riesci ad amarle comunque. Ad amarti comunque.
Ed è la cosa più sacra che ci sia.
Forse questo cielo rende l'Isola Sacra un po' addolorata - ma io, appunto, la trovo bellissima.
La strada che percorriamo è un indizio lampante della sua natura tidale, disseminata com'è di alghe svaporate, di sabbia e di altri rimasugli che il mare perde dalle tasche quando scivola via.
E' come un callo sul dito indice che ti rivela che il proprietario di quella mano è affetto dal bug dello scrittore: questi calli a forma di alghe rivelano che la sacralità di questo luogo consiste nell'essere rapita dal mare.
Ma noi umani del XXI secolo non siamo più capaci a percepire la sacralità attraverso l'energia ed il misticismo della natura.
Abbiamo bisogno di elaborati artefatti di roccia e vetro per sapere che un posto è sacro. Così come abbiamo bisogno di rituali e di dogmi per pregare.
E per questo c'è il Priorato di Lindisfarne a ricordarci il perché questo posto porti il suo nome.
Questa abbazia è stata fondata nel VI secolo, agli albori della Cristianità, quando da queste parti ancora non si capiva bene se in realtà i Santi fossero preti o druidi.
Il manufatto più importante che i suoi monaci ci hanno lasciato sono i cosiddetti Vangeli di Lindisfarne, una copia manoscritta in latino e riccamente illustrata, che attualmente è conservata presso la British Library a Londra.
Dell'abbazia oggi non restano che rovine, ma sono rovine che fanno da cornice ricca e bellissima per l'aura mistica di questo luogo.
Questo ci ricorda che è la natura a contenere il sacro: l'uomo ne fa solo una cornice per celebrarla.
E non tralascerei nemmeno di segnalare che l'antico cimitero del priorato ha un guardiano parecchio affascinante e socievole:
Gatto rosso Re del Cimitero
Il Castello di Lindisfarne non è un simbolo sacro, ma, per come si protende fiero verso il mare, minuto ma regale, incute ugualmente un po' di timore reverenziale.
E' un castello di epoca Tudor che, agli albori del '900, è stato acquistato e restaurato dal magnate dell'editoria Edward Hudson, per farne la propria umile dimora.
Roman Polanski lo ha scelto come location per un paio di film, fra i quali la sua versione del Macbeth.
E' arroccato su un piccolo promontorio, che si lascia alle spalle l'isola e la sua spiritualità rappresentata dalle rovine dell'abbazia, e guarda, spavaldo ed un po' sulla difensiva, verso il mare.
Il percorso per raggiungerlo inerpicandosi sulla sua base rocciosa è ripido e sferzato dal vento.
Ma questo rende la conquista finale ancora più preziosa e il panorama che si può contemplare dalla cima, dove la mole del castello ripara dall'aria, ancora più bello.
E sacro...