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L'Italia Dal Neolitico alle età dei metalli, 1° di 2 parti
Creato il 08 dicembre 2010 da PierluigimontalbanoFino al II millennio questa ceramica impressa si evolve, si arricchisce di nuovi elementi sia per evoluzione locale sia per gli influssi culturali provenienti dall'Oriente, e si diffonde sulla costa adriatica, nelle Marche, fino in Liguria (intesa come attuale Piemonte e buona parte della Lombardia), poi nel resto della Pianura Padana, nella Val d'Adige (detta del Fiorano), nell'Emilia e in Toscana. Ma mentre in queste ultime regioni di pianura e montane settentrionali, la popolazione era ancora dedita alla caccia in un ambiente di boschi e praterie, quelle meridionali iniziavano un'economia interamente fondata sulla produzione di cibo con l'agricoltura e l'allevamento, in numerosi villaggi, che nel solo Tavoliere (le fotografie aeree li hanno individuati) erano più di mille, formati da capanne circolari e delimitati da ampi fossati di difesa. Le espressioni d'arte nella ceramica è notevole, raggiunge quasi la perfezione, con decorazioni tricomiche, a bande (Scaloria sul Tavoliere e a Capri-Lipari), motivi a scacchiera, meandriforme, a losanghe, a triangoli e anse elaborate; dipinta in rosso o bruno con motivi a triangoli, linee spezzate e punteggiate (cultura di Ripoli). Un secondo gruppo di particolare arte rupestre neolitica è quello della Valcamonica con numerose incisioni schematiche di figure umane in vari atteggiamenti, forse espressioni di nuove concezioni religiose e sociali (compaiono le armi in mano).
Nel III millennio, oltre a quanto detto sopra, contemporaneamente avviene una fondamentale trasformazione: si diffonde la metallurgia del rame, che permette la costruzione dei primi aratri, ma anche delle prime armi. Nel rito della sepoltura (nel neolitico italiano l'inumazione avviene in posizione rannicchiata) nei corredi di alcuni guerrieri abbondano di questi arnesi metallici, pugnali, asce, cuspidi di frecce. L'origine della metallurgia dovrebbe essere transcaucasica, perché molti oggetti metallici (come le teste di mazza sferoidali) sono identici a quelli della cultura Kurgan delle steppe. Per la prima volta, si nota la presenza di genti "brachicefali", approdate nella penisola via mare o via terra. Molti autori con argomentazioni spesso diverse riconoscono che sono le prime genti indoeuropee penetrate in Italia. Queste genti con spiccate tendenze all'agricoltura, arrivando specialmente dal nord-est, si aggiunsero alle razze italiche fondando villaggi del tutto nuovi, su palafitte nei laghi subalpini, oppure in luoghi propizi nella (allora) molto paludosa Pianura Padana. Questo perché i vulcani si erano andati spegnendo un po’ dappertutto (rimasero attivi solo Vesuvio, l'Etna, Vulcano); i grandi ghiacciai andavano scomparendo o rimpicciolendosi si ritiravano nei più alti recessi delle Alpi; le fiumane si abbassarono e iniziarono a mantenersi negli alvei scavati dalle loro stesse acque; l'Italia così a poco a poco assunse la configurazione attuale.
Durante tutto questo periodo dell'Età del Bronzo (2000-1600 a.C.) l'Italia è divisa in due cerchie culturali: Polada (palafitticola) a Nord, e protoappenninica nella penisola, mentre la Sicilia è frazionata in varie culture, alcune (nella parte orientale) con netta ispirazione orientale e medioelladica. Nel centro (soprattutto nel Lazio) i diversi gruppi, sempre di più, elaborano patrimoni culturali comuni, anche se l'economia è ancora fortemente pastorale. Improvvisa, e importante per lo sviluppo, è la comparsa della fiorente metallurgia del bronzo, che in breve tempo diffonde su tutta la penisola gli oggetti con questa nuova tecnica della fusione. Parallela a questa diffusione (quindi la tesi è che sia dovuta all'arrivo di una nuova popolazione) sorge la "cultura terramare" nell'Emilia, che in breve si ricopre di numerosi insediamenti, aumentando la popolazione in modo considerevole. "Terramara" è una voce di origine emiliana derivata dal termine latino "terra mala" o terra cattiva, e sta a indicare quei depositi a cumulo di terra nerastra lasciati dagli antichi abitatori, costituiti dai resti di estese abitazioni protostoriche, che fino a pochi decenni fa erano del tutto ignorate. Sono più di 200 i villaggi terramaricoli conosciuti finora nella pianura Padana, compresa tra l'Adda e l'Adige nella parte settentrionale e tra il Reno e l'Arda nella zona meridionale. Sono trascorsi ormai quasi tre millenni da quella lontana civiltà ma gli insediamenti sono perfettamente riconoscibili. La forma di collinette-molto simile ai tell del Medio Oriente (tradisce la morfologia originaria). Siamo nel periodo del 1600-1200 a.C. I numerosi insediamenti palafitticoli dell'anfiteatro prealpino (Garda, Ledro, Brianza, Flavè, colli Berici), con una popolazione che possiede rispetto alle altre una straordinaria cultura (agricola, allevamento, metallurgia e "ingegneristica"), non sappiamo per quali ragioni, scende prima nella Pianura Padana, e disperdendosi ad est e a sud, con la terramaricola in Emilia, contribuendo a dare una forte accelerazione culturale e un grande sviluppo nell'economia agricola (e forse anche politica). Si assiste anche al biritualismo nei riti funerari; i primi adottavano l'incinerazione delle salme (civiltà dei Campi d'Urne), i secondi l'inumazione in tombe (nella zona sotto il Palatino, nel periodo 1200-800 a.C., sono presenti entrambe).
Gli influssi nel resto della penisola, provenienti dall'ambiente palafitticolo e terramaricolo, sono enormi, e degno di attenzione il circuito delle idee. Fino a non molti anni fa, alcuni ritenevano che i Palafitticoli siano giunti dal centro-Europa (cultura del Rodano), mentre ora sappiamo proveniente dalla mitica civiltà Trace (5000-4000 a.C.), dopo aver risalito (dal 2000 a.C.) il basso , il medio e poi l'alto Danubio. Le testimonianze sono nello straordinario museo palafitticolo di Ledro, dove accanto, sulle sponde del lago, sono ancora integre le fondazioni palafitticole del villaggio, uguali a quelle numerose oggi scoperte a Varna (Bulgaria), e identiche nella tecnica a quelle poi adottate nella laguna veneta e successivamente dai fondatori di Venezia. A Ledro possiamo vedere gli albori della civiltà palafitticola sviluppatasi nella penisola italiana, circa 600-800 anni prima ancora dell'arrivo degli Etruschi e dei Greci. E in una forma del tutto autonoma, anche se la radici di entrambe sono sempre del basso Danubio, Mar Nero, Mar Egeo. Questo è confermato dagli utensili, dalla ceramica e dalla fusione dei metalli. Inoltre, lo stile di vita, era decisamente superiore ad ogni altro gruppo presente in questo periodo sulla penisola fino al fatidico anno 1000 a.C. Nei palafitticoli stanziati in Italia vi sono testimonianze di forti influssi micenei: pugnali, coltelli, asce, elmi e corazze, ma anche comuni oggetti, trovati poi nelle tombe micenee antiche di 1500 anni. Ed avevano conoscenza della vite e perfino dell'alcool; inoltre a Ledro compare il frumento di due specie, il Triticum csphaerococcum e il monococcum. Due ibridi coltivati sul Mar Nero e sul Mar Caspio.
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