La storia dell’energia nucleare in Italia parte lontano. E’ una storia affascinante, dove i protagonisti sono le menti eccellenti – che il nostro paese ha prodotto ed esportato – lo sviluppo energetico e l’innovazione tecnologica. E’ una storia, però, che si lega in un doppio intreccio con la politica, nostrana e internazionale. Innanzitutto, bisogna citare Enrico Fermi, che ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1938. Progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione che venne costruito negli Stati Uniti e che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata della storia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e all’indomani della conferenza “Atomi per la pace” di Ginevra (8-20 agosto 1955), venne presa la decisione di costruire centrali elettronucleari anche in Italia: sarebbero stati costruiti tre impianti di prima generazione basati sulle tre più innovative tecnologie dell’epoca, ossia i reattori di tipo BWR e PWR si origine statunitense e quello di tipo Magnox di origine britannica. L’Italia era un paese che aveva bisogno di energia, di lavoro, di investimenti nella ricerca. Era un paese, insomma, che aveva bisogno di rimettersi in moto e il nucleare offriva questa opportunità legandola anche agli approvvigionamenti energetici autonomi che il nostro Paese aveva da sempre cercato. La prima centrale elettronucleare venne realizzata a Latina e fu ultimata nel 1963. L’impianto era costituito da un unico reattore di tipo Magnox, da 160 Mwe, l’esemplare più potente a livello europeo. Otto mesi dopo iniziarono i lavoro a Sessa Aurunca e meno di un anno dopo fu installato a Trino un reattore PWR Wstinghouse da 270 MWe che, al momento della sua entrata in funzione, costituiva a tutti gli effetti la centrale elettronucleare più potente al mondo. Nel 1970 inizio la costruzione della quarta centrale, quella di Caorso, destinata a diventare l’emblema italiano dell’avanguardia della tecnologia nucleare. Gli anni Settanta, però, sono stati anche quelli della crisi energetica mondiale dovuti all’improvviso arrestarsi del flusso di petrolio proveniente dai paesi dell’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) verso le nazioni importatrici dell’oro nero. La crisi petrolifera impose una ridefinizione delle strategie energetiche e il Parlamento varò nel 1975 il Piano Energetico Nazionale (PEN), basato sulla diversificazione delle fonti. A farla da padrone sarà l’energia nucleare, una valida alternativa, economica e competitiva, ai combustibili derivati dal petrolio e agli impianti termoelettrici tradizionali. Il vasto programma di crescita del settore nucleare previsto negli anni Settanta avrebbe a tutti gli effetti portato il nostro paese, nel giro di qualche decennio, alla completa autonomia energetica. E poi? E poi i sogni di indipendenza energetica dell’Italia sono andati a sbattere contro il famoso Referendum del 1987, che troppo in fretta è stato impugnato dalla politica di allora per chiudere definitivamente le centrali. Ci si chiede ancora oggi il perché, visto che chiudere le centrali nel pieno della loro attività ci è costato carissimo. Oggi, la situazione è simile e per fortuna diversa: la crisi energetica, quella c’è ancora, ma soprattutto c’è bisogno di ridurre le emissioni serra; l’Italia deve ancora trovare la sua strada verso l’indipendenza energetica ma tutto il mondo sta tornando all’atomo. Il futuro è alle porte e il futuro, per essere costruito, ha bisogno di energia.
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