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L'Italia è al Mondiale e se lo gioca domenica

Creato il 27 settembre 2011 da Rightrugby
L'Italia è al Mondiale e se lo gioca domenica Altri cinque punti messi in classifica e l'Italia può definitivamente giocarsi il suo Mondiale: accadrà domenica, contro l'Irlanda, come preventivato ancora prima di mettere piede in Nuova Zelanda. A Nelson finisce 27-10 contro gli Stati Uniti, con quattro mete a segno di cui tre nel primo tempo e di cui una assegnata dall'arbitro irlandese George Clancy di fronte all'ennesima apnea del pack americano in mischia ordinata (qui gli highlights). Che non sarebbe stato un affare semplice da sbrigare lo si sapeva, per quanto gli avversari non abbiano mostrato granché, ma rognosi sono e rognosi resteranno. Che qualcuno la chiami anche ugly winning: per imparare a vincere, si passa anche da qui e le lezioni vanno apprese presto che non c'è molto tempo a disposizione.
Gli Azzurri portano a termine la loro missione quando si mettono a giocare semplice, senza fronzoli, senza imbragarsi con le proprie mani: il tema dell'incontro lo esprime al meglio Martin Castrogiovanni quando al 40' inforca l'uomo davanti a lui sulla linea di meta e va oltre. Prendi palla e vai dritto. Difensivamente, nell'intervallo scatta la romanzina di coach Nick Mallett che negli spogliatoi deve aver urlato ai suoi "bisogna placcare!", oramai slogan gettonato. Lo stesso Mallett che a fine partita, analizzando a caldo quanto accaduto, invita i suoi a dosare meglio le forze in ingaggio, dopo quei lunghi minuti prima che iniziasse l'ultimo quarto trascorsi tra una ripetizione e l'altra: i nostri che aravano di foga, gli americani che pativano ed eppure non si schiodava dalla zolla. Certo è che il faccia a faccia Castrogiovanni - Cian Healy sarà epico - speriamo.

La cronaca - Azzurri che cominciano con il piede giusto, in attacco, facendo loro il possesso e arrivano nella end zone americana dopo due giri di lancette con Sergio Parisse al termine di una bella azione con Leonardo Ghiraldini e Castro che vanno per linee dritte nei 22 statunitensi e ancorandosi sulla linea dei 5 metri, poi la palla che si muove al largo e l'intermediazione di Corniel van Zyl  libera il capitano per correre sotto i pali. Quando si dice cominciare con il piede giusto, lo stesso che Luke McLean usa per innescare la scorsa di Tommaso Benvenuti qualche istante successivo, ma l'ala trevigiana non riesce a schiacciare l'ovale a terra. 
L'Italia prende confidenza, fin troppa, e inizia a pasticciare. Parisse torna ad essere quello frivolo di un tempo, Fabio Semenzato viene braccato dalle guardie attorno ai raggruppamenti, la trasmissione del pallone non è fluida e si ingarbuglia sul lato chiuso del campo. Cosa che consente alle Eagles di portarsi in avanti, complice una linea difensiva azzurra non tanto attendista (ormai è una costante), quanto debole nel portare il placcaggio. La faccenda si complica quando è il massiccio Paul Emerick a perlustrare la zona coperta dalla coppia Gonzalo (Garcia e Canale) e a servire l'estremo Chris Wyles che va fino in fondo. Lo stesso Wyles trasforma e al 19' è 7-7.
Mirco Bergamasco (calcio conquistato dalla mischia)e di nuovo Wyles (fuorigioco) smuovo ancora il punteggio dalla piazzola tra il 21' e il 27'. E quando gli Azzurri tornano a fare le cose semplici, vanno nuovamente a segno. Siamo ormai alla mezz'ora, una rolling maul ben confezionata erode spazio alla retroguardia americana che allarga le proprie maglie dopo un veloce set up, Quintin Geldenhuys si traveste da piede di porco e quando il pallone giunge nelle mani di Orquera, l'apertura non fa fatica a trovare il pertugio per marcare visita la seconda volta. L'abbrivio è quello giusto, il capitano statunitense Todd Clever mette le mani sul vassoio e nega la meta a Castro che ha però l'occasione per rifarsi allo scadere della prima frazione, assistito da van Zyl per quella che è forse la meta più importante in vista degli ultimi quaranta minuti (20-10). 

Teoricamente, l'inerzia è ben salda nella mani italiane, a patto che la truppa di Mallett non conceda agli altri le occasioni per restare vivi. Nervosismo e frenesia sono i due pericoli principali da tenere a bada e si intravedono entrambi sia nel primo che nel secondo tempo. Ci si piglia, si accendono i toni tra le prime linee (Totò Perugini esibisce il ghigno beffardo), dopo tutto la posta in palio è di quelle che pesano. 

In una ripresa avara di punti, la temperatura sale tra il 50' e il 60', quando i due pacchetti si danno appuntamento nei 22 americani. La superiorità di quello italiano è netta, al punto che invece di calciare in rimessa per costruire una ipotetica azione pericolosa dalla touch, gli Azzurri decidono che da lì devono passare. Clancy fischia un paio di volte, il pilone Mike Donald è in netta sofferenza, arriva il giallo per il blind side flanker Louis Stanfill al 58'. Il fatto è che non si procede oltre: la strapotenza italiana si rivela un contrappasso dantesco. Sette minuti più tardi, al contrario, dall'altra parte dell'area dei 22, arriva il fischio dell'arbitro irlandese che procede sotto i pali con il braccio alzato, assegnando all'Italia di fatto il punto di bonus: ingaggio sui 5 metri, dopo che il TMO non assegna la meta sull'ennesima spinta degli avanti da una rimessa perché non si sa che fine faccia il pallone sotto quell'ammasso di armadi. Americani arati via e job done.
Non è il migliore dei secondi tempi, gli americani non mettono praticamente piede nei 22 azzurri, l'ala Taku Ngwenya non ha alcuna intenzione di mettersi a correre, manco quando il mediano Mike Petri calcia dalla base, mentre i nostri hanno ormai in mente ben altro. La rimessa delle aquile a stelle e strisce funziona, la nostra un po' meno, tanto che ne perdiamo una sui 5 metri opposti. Comincia la giostra dei cambi, Mallett poco alla volta manda tutta la panchina in campo ad eccezione di Marco Bortolami. Nella fasi di gioco rotto, le differenze le fanno le skills delle nostre terze linee, con Alessandro Zanni e Paul Derbyshire che vanno a caccia grossa e non tornano a mani vuote.

Dunque, domenica. Ci sono pochi giorni di mezzo, sono però fondamentali per sistemare la touch: su 15 lanci, 5 vanno persi e con gli irlandesi il rischio esponenziale sale di gran lunga. La mischia, come detto, c'è: il segreto (mica tanto poi) è saper dosare gli ingredienti e le forze per non finire come quelli che si ritrovano sopraffatti nel loro punto di forza. Poi si sa, la vera trincea dovrà essere costruita per fare in modo che i blindati d'Irlanda non sfondino sull'asse 10-12-13. La fantasia dei trequarti non è il nostro marchio di fabbrica. Ma per portare a casa la partita che conta, più che i voli pindarici, si necessita di concretezza. Guarda caso, quella messa in mostra dagli irlandesi contro gli australiani. 

Andiamo a giocarci il Mondiale. 

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