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L'Italia e la modernità

Creato il 19 marzo 2012 da Mcnab75

Un paese refrattario alla modernità

Come spesso accade un post di un vicino di cella mi dato modo di riflettere.
Leggetelo e poi tornate qui.
Fatto? Bene.
Per come l’ho percepito io, questo articolo di Davide è più o meno traslabile in diversi settori produttivi, creativi ed economici del nostro paese. Dunque l’Italia è un paese refrattario alle innovazioni di qualunque genere? Perché in fondo la domanda è questa.
Io non ho dati per fari discorsi a livello politico o sociale, perciò mi limito a considerare quel che vedo attorno a me, sia dal vivo che in Rete. Laddove Davide parla dell’impossibilità di coinvolgere una piccola comunità in “esperimenti” per ridisegnare certi stili di vita, io parlo di tanti piccoli radicati luddisti che si nascondono nei posti più impensati.

Non devo fare molta strada per notare i tizi che gestiscono l’azienda per cui sgobbo, ancora oggi refrattari al lavoro paperless, anche se fortemente consigliato per questioni di snellimento delle procedure. L’utilizzo delle email certificate, che pare una cosa elementare, sta soltando adesso entrando nella testa di persone che viaggiano sulla media dei 50 anni, e che non vedono positivamente le innovazioni portate al loro stile di lavoro. Anche quando questi appare vecchio, sorpassato e ampiamente migliorabile.

 

 Qualche tempo fa leggevo un interessante articolo, credo su un quotidiano di freepress, relativo alle nuove professioni che stanno nascendo in tempo di crisi. Sempre più spesso i giovani, senza posto fisso ma dotati di voglia di fare e di capacità notevoli, si inventano lavori correlati al Web. E’ così che si registra un proliferare di creativi, grafici, impaginatori, web designer, blogger “a pagamento”, traduttori, guide turistiche, quasi tutti raggiungibili con un click e disponibili a offrire prestazioni economiche, su misura e con tanto di rapporto umano.

Peccato però che l’articolo si riferisse all’edizione svedese del suddetto quotidiano (MetroNews, se non sbaglio). Ora, che la Svezia sia una sorta di Eldorado (specialmente se paragonato all’Italia) non è una novità. Fa però riflettere l’immenso divario tra questi due paesi. Perché da noi non può accadere – o quantomeno accade assai raramente – che un giovane si trasformi in piccolo imprenditore di se stesso, facendo buon uso della propria creatività?
Perché un concetto come quello del telelavoro e dell’ingaggio on-demand deve essere ancora ritenuto – nel 2012 – una “roba da ragazzini”, poco seria e poco affidabile?
Meglio affidarsi a roboanti studi di “professionisti” che applicano prezzi assurdi, sfruttando neolaureati per una manciata di euro al mese, facendoli sgobbare fino alle nove di sera. Cose viste e vissute di persona, anche se come semplice testimone. I tizi per cui lavoro hanno affidato più volte la gestione del sito aziendale a una roboante “società di consulenza”, che a fior di quattrini ha realizzato una pagina statica che uno studente di Quinta superiore avrebbe realizzato mille volte meglio per una ventina di euro.  

Un paese refrattario alla modernità

Arriviamo infine agli ebook e a tutto il mondo che ha a che fare col prefisso “-e”, ma anche con gli mp3, i film in formato streaming etc etc.
In Italia il concetto di digitale fatica a imporsi. L’italiano medio over 30 rimane ancorato all’idea del possesso “fisico” di un oggetto, libro, disco, DVD o fumetto che sia. Il che è in un certo senso bizzarro, visto che dobbiamo abituarci all’idea di vivere in appartamenti sempre più piccoli e con lo spazio ridotto al minimo indispensabile. Eppure questa radicata smania per il possesso fatica a scomparire. Se da un lato è anche comprensibile, fatico a credere che molti miei coetanei non riescano a concepire il fatto che una cosa non va necessariamente contro l’altra.
Se compro ebook non significa che desideri il rogo dei libri. Se acquisto mp3 non significa che consideri CD e dischi alla stregua di frisbee da utilizzare al parco. Ci sarebbe poi da fare tutto un lungo discorso sull’abbattimento dei costi di produzione, ma credo che sia quasi superfluo citarli.
La mia consolazione è soltanto quella di vedere che le nuove generazioni stanno crescendo senza questi pregiudizi. Sì, proprio le nuove generazioni, quei vituperati diciottenni spesso considerati senza cervello e senza principi, che però, per comodità o per abitudine, se ne fregano di vecchi e stupidi ragionamenti da luddisti incalliti.
Saranno loro a cambiare le cose?


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