A Milano.
Che strano, pensi.
Le strade ti sembrano scenografia, le persone comparse, li rivedi non attraverso i tuoi ricordi frammentati, ma nelle foto sui giornali, i video in tv, i gesti imitati all’estero.
Due cose che ti colpiscono.
La prima.
Bel tempo. Buon cibo. Appartamenti comodi. Prezzi bassissimi al supermercato. Gente umile. Prevedibile. Vestita uguale. Acconciature uguali. Umorismo uguale. Visione del mondo uguale. Toni di voce uguali. Passione per il calcio uguale.
Non è realtà questa, è una piccolissima parte, un videogioco, una vacanza, un caffè al bar, una partitella tra amici.
Solo ora ricordi il senso di protezione che ti procurava tutto ciò e perché avessi così paura di abbandonarlo.
La seconda.
Fantastiche le conversazioni, fantastica la premessa, gli occhi pieni di entusiasmo, la gestualità, la convinzione, il coraggio, fantastico tutto.
Ma poi si arriva al punto in cui si dichiara l’obiettivo.
In cui si vende qualcosa, un progetto o la propria persona.
Una strategia di uscita.
Una dichiarazione finale.
Un punto in comune.
Una presa di posizione.
“Ci siamo detti questo, allora adesso”.
“Visto che siamo d’accordo, quindi ora”.
Nulla.
Niente “allora”, niente “quindi”.
Figuriamoci “ora” e “adesso”.
Niente di niente.
Innamorati del percorso, mai dell’arrivo.
Progettisti di vite, anziché vivere.
Gli altri vedendoci da lontano ci hanno dato un nome.
Ci chiamano “artisti”.