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L’Italia in gran tempesta

Creato il 11 agosto 2011 da Albertocapece

L’Italia in gran tempestaTremonti e gli altri fanno finta di non capire oppure proprio non capiscono: vanno alla ricerca di soldi come rabdomanti, pensando che ramazzare qui e là qualche miliardo possa servire a rassicurare l’Europa e i mercati. E più che altro il loro sforzo è teso a mettere qualche prefissso o a eliminare qualche parola per rendere elettoralmente digeribile la manovra: qualunque tassa si chiamerà eurotassa e qualunque patrimoniale non si chiamerà patrimoniale.

La ridicola Italia dei mezzucci è come un guscio nella tempesta: un guscio vuoto come si desume dai nomi che dovranno trovare una via d’uscita, i Sacconi,  i Romani, i Brunetta, il patetico armamentario umano del berlusconismo. Che del resto è omogeneo a una gran parte di cosiddette forze sociali cooptate interamente dentro il sistema come la sedicente Cisl di Bonanni. E non è un caso che Tremonti, la Marcegaglia, il buon Raffaele ormai disposto a fare il lustrascarpe di Confindustria e l’almirantiano Angeletti, si siano incontrati in separata sede, assente la Cgil, per studiare come togliere ancora un po’ di diritti e di soldi ai lavoratori. Persino la timida Cgil della Camusso costituisce un ostacolo. Nonostante ciò l’incontro col governo del far niente è stato un clamoroso insuccesso.

Sono proprio le bucce di un Italia spolpata, spartitori sociali più che rappresentanti di parti sociali, cascami che si apprestano a svendere qualunque cosa pur di rimanere al potere. La cosa ovvia da fare per salvare il Paese è togliergli le ragnatele di dosso, cambiare rotta, puntare sul lavoro e non sull’economia di rendita, ridurre le distanze sociali che si sono allargate a dismisura e in maniera ignobile, contenere il precariato e contrastare l’economia di rapina che vi si è costruita sopra, rendere la vita difficile al sommerso illegale o criminale che sia e last but non least costruire un sistema per ridurre gradualmente, ma efficacemente l’evasione fiscale.  Però l’unica riforma che sono in grado di fare è quella sulle pensioni che è anche l’unica del tutto inutile perché il nostro sistema è abbastanza stabile proprio in quel settore. L’ingiustizia che hanno praticano per anni gli si è così cucita addosso che ora non riescono proprio a pensare in termini di equità.

La cosa grottesca è che molti cambiamenti necessari a un possibile salvataggio non richiedono nemmeno una decisa fuoriuscita dal modello liberista, ma solo correzioni e razionalizzazioni delle storture inquietanti che lo rendono inefficiente e se possibile più iniquo. E allora perché non lo fanno e non riescono a capire quei mercati di cui dovrebbero essere voce?

Proprio questo mette in luce la natura ambigua e populista del berlusconismo e del suo coté leghista o cattofascista, la sua natura essenziale di difesa dell’oligarchia italiana, della la sua classe dirigente cooptata e mediocre se non cialtrona. Un sistema di potere che ha in odio l’idea stessa dei diritti e di socialità in quanto elementi non sottoposti a contrattazioni e ricatti, ma che non può nemmeno attingere l’efficienza dei mercati perché questo la sottoporrebbe a una selezione darwiniana* che essa si guarda bene dal volere per non perdere le rendite di posizione.  Questo costituisce il fondo dell’immobilismo in cui ci siamo ficcati per un ventennio, il modernismo fasullo che purtroppo ha conquistato una parte della ex sinistra, il modello di potere e corruttela che ormai sono consustanziali.

Tutto ciò è stato facile perché è bastato lisciare il pelo di una società ancora profondamente arcaica, modernizzata in qualche modo dalle lotte sociali del dopoguerra, ma impigrita dal benessere, è bastato allevarne le paure e regalarle superficiali novità, prometterle l’assoluzione dai peccati, sbandierarle opposizioni ideologiche che erano solo trompe l’oeil. Ci siamo cascati e l’oligarchia e i suoi membri afferenti si sono ingrassati come non mai.

Ora combattono una battaglia non per il Paese, ma per la loro sopravvivenza, non sapendo però come farlo senza strappare lo scenario mediatico e fasullo che hanno creato. Ci tengono perché da strumento di potere è divenuta l’ultima difesa dalla realtà e dalla storia. E noi la platea non sempre innocente, dentro il guscio di noce.


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