di Gerardo Lisco. Con lo schema di D. L.gs. “Testo unico sui servizi pubblici di interesse Economico Generale” è tornata alla ribalta la questione della privatizzazione del servizio di distribuzione dell’acqua. Il 12 e 13 giugno del 2011 si tenne un referendum che vide la maggioranza degli italiani, oltre 27 milioni di elettori, pronunciarsi a favore del
regime pubblico di gestione del servizio di distribuzione dell’acqua, cioè le Società di gestione del servizio idrico sarebbero dovute rimanere pubbliche. Il Governo Renzi, con il D.lgs. in questione dice in sostanza che la volontà popolare non conta nulla. Il Testo Unico in corso di approvazione non è il parto di una mente malata, rientra a pieno titolo in un preciso disegno che vede la ridefinizione del nostro sistema economico in funzione del “mercato”. Il D.Lgs. Madia, come viene identificato, non riguarda il solo servizio idrico ma tutti i servizi pubblici di interesse economico. La “Relazione Illustrativa” al D.Lgs. riporta: "Riprendendo la definizione di matrice europea, i servizi pubblici locali di interesse economico generale sono quei servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza.". Fine chiaro che si pone il Governo è quindi quello di introdurre massicce dosi di mercato attraverso la privatizzazione di tutti gli aspetti della vita economica e sociale del nostro Paese. Sono anni che l’opinione pubblica viene martellata circa l’inefficienza dei servizi gestiti dal pubblico. Tutto ciò che è pubblico viene fatto passare come spreco di denaro pubblico, simbolo di inefficienza, sinonimo di corruzione ed altro ancora. Tutto ciò che è privato e quindi mercato viene ogni giorno esaltato ed indicato come simbolo di ottima amministrazione e come il fine da raggiungere. La prima domanda che mi pongo e che vorrei rivolgere soprattutto a questa classe politica è: chi nomina gli amministratori delle società pubbliche e da chi prendono indicazioni rispetto alla gestione e di chi è la competenza circa i mancati controlli ? La conclusione che traggo è semplice. Tutto ciò che è pubblico viene gestito e amministrato in modo tale da renderne più facile la privatizzazione. Con la privatizzazione gli interessi lobbistici verranno tutelati direttamente dalle stesse lobbies che vivono come parassiti avvinghiati al pubblico. Il processo di privatizzazione e mercatizzazione è parte integrante della narrazione che indica nella creazione di un sistema liberista l’obiettivo da raggiungere. La privatizzazione è l’occasione che il Governo di classe crea a favore del capitalismo finanziario sperando che dopo anni di investimenti nella speculazione finanziaria possa decidere di investire in attività produttive. La privatizzazione dei servizi pubblici di interesse economico è stata fatta precedere da una serie di interventi legislativi che hanno ridotto i diritti dei lavoratori e contestualmente le stesse retribuzioni.
Cioè il Governo ha operato in modo tale da rendere i servizi in questioni appetibili, intervenendo in particolare sul fattore della produzione che incide in modo rilevante e cioè il lavoro. La controriforma del diritto del lavoro, a partire dal Jobs Act ha avuto esattamente questo fine. Il mondo delle imprese viene “pagato” dallo Stato per assumere con meno retribuzione e meno diritti, vengono create per esso occasioni di investimento, il credito è a tasso irrisorio, il rinnovo dei CCNL è a costo zero. Ossia il finanziamento dei CCNL rinnovati è a carico degli stessi lavoratori i quali dovranno, per forza di cose, aumentare le prestazioni lavorative a discapito dell’occupazione. Non bisogna dimenticare che è tuttora vigente la norma che prevede sgravi fiscali a favore di prestazioni straordinarie quando invece bisognerebbe assumere nuova forza lavoro. La concorrenza nell’aggiudicazione dei servizi pubblici verrà fatta sull’abbattimento del costo del lavoro e, dove i margini di profitto saranno molto bassi perché mancano le condizioni oggettive per la creazione del mercato, sarà la fiscalità degli Enti Locali a intervenire aumentando la pressione fiscale. La privatizzazione dei servizi pubblici di interesse economico accompagnata all’introduzione del “costo standard” alimenta forme di sperequazione tra classi sociali e tra aree geografiche. A un’opinione pubblica frastornata dalla propaganda di regime questi provvedimenti voluti dal Governo appaiono addirittura utili. Non ci si rende conto che invece tutto questo porterà alla creazione di un sistema sociale sempre più ingiusto e diseguale, il cui effetto non sarà solo l’impoverimento di fasce sempre più larghe di società italiana ma anche l’inibizione di quello che per anni è stato definito “ascensore sociale” ossia il processo di democratizzazione sociale che ha portato al ricambio delle posizioni di vertice all’interno della società. In sostanza con la privatizzazione dei servizi pubblici il Governo persegue la creazione di un sistema liberista dove la libertà sarà appannaggio sempre e soltanto della stessa minoranza rappresentata dal ceto dominante.