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l’Italia oggi ha guadagnato la vetta

Creato il 19 gennaio 2013 da Annovigiulia @AnnoviGiulia

di Giulia Annovi

Oggi a Spaghetti Open Data ci siamo suddivisi in gruppi e sono ufficialmente partiti gli Hackathon, cioè gruppi formati per  un utilizzo attivo dei dati aperti. Io, spaventata dai codici sorgente (ce l’avrei fatta? mah!), ho provato a seguire la legislazione che sta attorno agli open data, soprattutto per capire cosa possiamo fare con questi dati. Il gruppo è guidato da Morena Ragone e Francesco Minazzi.

Siamo partiti con una bella discussione riguardo agli open data. A che punto siamo in Italia? Innanzitutto sarebbe necessario rendere aperti i dati per i cittadini. In teoria il 20 marzo i dati dovrebbero per legge diventare aperti, ma l’Italia riuscirà a rispettare le scadenze? Se conosco “i miei polli” forse no, ma la speranza è sempre l’ultima… Da quella data il patrimonio informativo non dovrebbe essere più sotto copyright: questo significa che tutto quello che è pubblicato online diventerà utilizzabile. Questo dovrebbe far partire un movimento che aumenterà gli obblighi di trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Per leggersi un po’ di legislazione: http://www.altalex.com/index.php?idnot=18725#t2

In pratica cosa significa questo? Forse che quando i giornalisti andranno alla ricerca di dati, notizie e informazioni non si troveranno più delle porte chiuse in faccia? Non sentiranno più la frase del tipo “questo dato è secretato” (anche quando in realtà dovrebbe essere PUBBLICo in quanto PUBBLICato)?

In realtà, la normativa si spinge oltre perché la comunità europea non è interessata all’attività dei giornalisti che non producono nulla di “vendibile”, ma “solo” informazione. Il diritto di cronaca per i giornalisti dovrebbe già essere in vigore a prescindere! Quello che stabilisce l’Unine Europea è un uso pratico e commerciale del dato. Questi dati rielaborati potrebbero essere messi a disposizione di aziende che elaborano prodotti proprio sulla base delle informazioni ottenute dai dati.
E queste potrebbero anche essere nuove opportunità di coinvolgimento o di lavoro: le amministrazioni locali non hanno nè tempo nè denaro da spendere per svolgere questo lavoro ulteriore sui loro dati.

Perché, quindi, tanto scetticismo nei confronti della data del 20 marzo? Perché si teme che i dati non vengano liberalizzati?

In Italia c’è l’interesse a tenerli nascosti e di fatto la decisione di liberalizzarli dipende dalle singole amministrazioni. Quindi, è indispensabile un movimento di cittadini che insista per la liberalizzazione dei dati. Con quali vantaggi? Se tale movimento nascesse allora le singole persone potrebbero, ad esempio, proporre interventi pubblici nelle loro città. Visto ciò che manca nelle nostre città, potremmo arrivare a fare delle proposte. Si veda l’esempio della Lituania che ha attuato tale programma (tanto per citare uno stato che nessuno annovererebbe tra le potenze mondiali!).

Da qui è facile far partire un discorso sulla democrazia. L’uso massiccio della rete nelle scelte pubbliche può non essere democratico quando esclude tutte le persone che non hanno accesso alla rete per problemi strutturali (alcune zone di Italia non sono raggiunte dalla rete) o personale (es persone anziane o non istruite per l’uso del computer). Sta quindi alle amministrazioni mettere in atto strumenti per raggiungere tutte le persone. C’è bisogno di fare cultura, ma di quella aperta all’uso di più mezzi e strumenti, che non pretende di portare le persone in maniera forzata a certi livelli, ma che offre loro gli strumenti per raggiungerli.

L’Italia avrebbe dovuto attuare tutto questo circa 1-2 anni fa. Ma l’Europa come al solito monitora le inadempienze degli stati membri. Si è dunque posta anche in questo caso delle domande. Quanti eventi sono stati fatti in materia temporale in termini di dati aperti? E’ stato fatto qualche provvedimento per un cittadino che si è visto negare l’accesso dei dati? Per valutare tutto ciò ha creato una tabella excell volta a valutare alcuni dati relativi alla liberalizzazione dei dati nei singoli stati comunitari e ad attribuire uno score in base allo sviluppo raggiunto dagli open data.

Beh, non ci crederete, ma la valutazione ci ha sottostimati! Nel nostro gruppo oggi abbiamo aggiornato i dati. Lo score è balzato da 350 a 600. Siamo (forse?) in cima alla graduatoria. Insomma abbiamo una nuova immagine in Europa. Ma non finisce qui: perchè non far partire in Europa un sondaggio molto più puntuale sulle nuove realtà che stanno nascendo?


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