Per l’Italia è un danno economico e strategico immane. La Saipem perde di colpo un contratto di 2,4 miliardi di dollari per la costruzione del tratto offshore del dotto e l’Eni perde la faccia con i suoi partner slavi. Il Corriere delle Sera, confermando la sua natura antinazionale, quasi esulta per questa disfatta che potrebbe costarci cara sul fronte della sicurezza energetica. Ora Roma sarà costretta a sfruttare, senza risparmio, le sue risorse interne, con le comunità locali già sul piede di guerra (vedi Basilicata) poichè temono trivellazioni eccessive, o dovrà acquistare tale materia prima su mercati meno stabili dove i prezzi sono anche più elevati.
C’è la crisi, la nostra bolletta energetica non gode di buona salute e qualcuno si permette di lasciarsi scappare chance come queste, solo per fare un dispetto a Putin o assecondare le manie monopolari di Obama. Occasione che non si è fatta soffiare la Germania, Paese ancora molto più serio del nostro, che ha finalizzato, senza troppi problemi, il North Stream (sempre in compartecipazione con Gazprom, compagnia che detiene il pacchetto di controllo della società North Stream AG), progetto gemello e più “fortunato” del South Stream, assicurandosi la certezza dei rifornimenti per un lungo periodo.
Berlino sì e noi no, questa è L’Europa dove l’Italia è un membro di serie B, tollerato e mazziato, anche da quest’ultimo affronto che ci nega approvvigionamenti garantiti. E’ stato proprio il Presidente russo ad annunciare la sospensione del programma South Stream: “Tenendo conto della posizione della Commissione europea, tenendo conto del fatto che non abbiamo avuto il permesso dalla Bulgaria, riteniamo che la Russia non sia in grado di sviluppare questo progetto. Dovremo riconsiderare la partecipazione a questo progetto”. Più duro il capo di Gazprom Alexei Miller che ha parlato di cessazione definitiva delle attività: “Tutto il progetto è chiuso ha dichiarato a RIA Novosti. Tuttavia, la Russia ha già deciso che ricorrerà ad un potenziamento del Blue Stream, il gasdotto che rifornisce la Turchia, anche impiegando hub supplementari, per non subire cali nella commercializzazione e nella produzione. Il raddoppiamento della capacità del Blue Stream ripagherà i russi del fallimento del South Stream e risulterà anche meno oneroso di quest’ultimo sotto il profilo degli investimenti. Infatti, il tratto di mare per l’accesso al territorio turco è più corto di 500 km rispetto a quello, ormai naufragato, del gasdotto che sarebbe emerso in Bulgaria. Chissà se i russi chiederanno ancora alla Saipem di essere della partita dopo quanto accaduto col precedente contratto appena stracciato.
L’Italia, invece, risulta nuovamente danneggiata nei suoi interessi fondamentali da questa Ue senza capo né coda che prende ordini da Oltreoceano e bastona gli Stati più deboli. Per motivare quest’ultima défaillance i burocrati di Bruxelles sono ricorsi ad una giustificazione che sa di beffa, soprattutto per il (fu)Belpaese. In realtà, le sanzioni occidentali che hanno colpito il Cremlino sarebbero la causa di questo passo indietro di Putin, il quale, senza i capitali messi a disposizione dalle banche del Vecchio Continente, non è in grado di concretizzare grandi piani infrastrutturali. E’ una balla colossale ma gli euroburocrati non sanno più dove attaccarsi per mascherare la propria inadeguatezza, in un mondo che cambia velocemente e del quale non sanno tenere il passo. Per quanto tempo ancora l’Italia se ne starà buona buona in questo circolo di strozzini, chiamato Unione Europea, che la depreda come una colonia africana? Quanti filo-americani dovranno ancora alternarsi al Governo prima di veder nascere un esecutivo autenticamente attento a conservare la propria sovranità nazionale? Giriamo la domanda ai nostri dirigenti politici, se c’è qualcuno che ancora merita questo titolo, tra i tanti crapuloni che ormai occupano il Parlamento solo per strafogarsi alla buvette.