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Non si può dire altro del nostro disgraziato Paese se non che sia malato. Ogni giorno fatti inquietanti e incredibili confermano questa diagnosi. La polizia che applaude, addirittura il sindacato dei poliziotti, che applaude i colleghi rei di aver ammazzato di botte il giovane Aldrovandi. E’ solo l’ultimo episodio di una realtà morale e culturale prodotta dal ventennio berlusconiano, ancora non definitivamente chiuso.
E qui voglio fare un mea culpa e un proposito: dopo questo non scriverò più del Moloch, che ha impestato e continua a farlo l’anima degli italiani, compresa la mia.
Però non si può evitare di parlare dell’ultima assurda testimonianza di questo malore, di questo vero e proprio incantesimo che ancora permane: il bisogno e la smania di rincorrerlo in ogni suo atto, facendo così sempre e solamente il suo gioco. Mi riferisco allo scoop inseguito dal giornalista Formigli di Piazza Italia-la 7, con la sua lunga intervista a “Diabolicus” dove ben si è guardato di metterlo in difficoltà, che una volta di più abboccando al suo amo, gli amplifica la già enorme visibilità, e la relativa campagna elettorale. Il tutto pur essendo l’abbietto individuo, un pregiudicato a tutti gli effetti, criminale reo di frode fiscale, già Primo Ministro.
E’ ormai lapalissiano il suo metodo, la sua strategia: parlare, anzi straparlare, dire le cose più assurde, provocanti, sparare cazzate, cosicché tutto il carrozzone dei mas media si metta in moto alla sua rincorsa, per strappargli dichiarazioni, per lo più di smentita, interviste ecc. Ed ecco che il Moloch continua a dominare la scena.
Probabilmente lo farebbe anche se fosse in gattabuia, dove dovrebbe stare. Ormai sono sicuro, solo la Signora con la falce, lo farebbe zittire. Forse. Mah!
Comunque, tornando ai lasciti culturali del “ventennio”, il comportamento di questi poliziotti, che fa il paio con quello del celerino che dopo aver calpestato la ragazza stesa a terra, non ha trovato di meglio che dire a sua difesa che pensava si trattasse di uno zainetto, dimostra solo una cosa: che ogni manifestazione di arroganza del potere, in qualsiasi campo, è finalizzata a una difesa dei propri privilegi, e motivata da un’appartenenza culturale e morale a individualismo ed egoismo, inguaribili.
L’ultima perla di questa dimensione culturale basata sull’arroganza del potere è quel Cosentino politico camorrista di Forza Italia, che disponeva delle chiavi della Reggia di Caserta, gentilmente fornitegli dal Prefetto amico, per farci lo jogging e tenersi in forma. Raccontando questo fatto ad amici svedesi ti senti rispondere che non può essere vero, che si tratta di una barzelletta.
Conseguenza ulteriore di questo ambiente culturale, è a mio avviso, anche l’imbarbarimento del modo di contendere, politicamente, nel nostro sistema democratico. Non è più solo una questione fra maggioranza che governa e opposizione, di lotta pur accesa, su temi politici; ormai si tratta di attaccare l’avversario nel modo più volgare e cruento possibile, come sta facendo oggi il guitto incazzato genovese.
Il bersaglio di Grillo è sempre di più e solamente Renzi e il PD, su cui rovescia insulti sanguinosi, anche se stupidi, del genere: i comunisti mangiano i bambini, d’antica memoria. Quasi ignorando, perché in declino elettorale, il vero male costituito dalla residua destra forzista e dalla lega secessionista e razzista.
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